Da uno a sei anni di carcere e sanzione pecuniaria da 5.000 a 15.000 euro. È quanto rischia chi diffonde o condivide in Rete contenuti espliciti altrui senza l’autorizzazione del diretto interessato. A stabilirlo la Camera, con la votazione odierna sul disegno di legge battezzato Codice Rosso che ha visto tutti d’accordo nel configurare il Revenge Porn come reato: 461 a favore e nessun contrario.
Codice Rosso: accordo sul Revenge Porn
La pena si applica anche a chi, ricevuto il materiale, lo diffonde ulteriormente. Previsto inoltre un inasprimento se i fatti sono commessi dal coniuge, anche se in seguito a separazione o divorzio, così come da una persona legata da una relazione affettiva a chi ne subisce il danno. Da considerarsi aggravante se la pratica prende di mira un soggetto ritenuto in condizione di inferiorità fisica o psichica, così come una donna in stato di gravidanza. È in ogni caso necessario che il procedimento sia avviato mediante querela esposta da parte di chi offeso.
Chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro.
Intanto nelle scorse settimane Facebook aveva di sua iniziativa annunciato l’introduzione di strumenti pensati proprio per contrastare il fenomeno: intelligenza artificiale e machine learning al servizio della community online, con algoritmi istruiti in modo da identificare in fase di upload contenuti potenzialmente riconducibili al Revenge Porn. Il social network ha inoltre avviato il programma Non senza il mio consenso che mira proprio a offrire sostegno a coloro che sono vittima di abusi di questo tipo.
Un problema per uomini e donne
A differenza di quanto si potrebbe essere portati a pensare, le vittime del Revenge Porn non sono esclusivamente donne. Facciamo riferimento a un sondaggio condotto da The Conversation su un campione composto da 4.274 cittadini australiani di età compresa tra i 16 e i 45 anni. Il 23% ha dichiarato di aver vissuto le conseguenze del problema sulla propria pelle.
Tra questi, il 20% ha raccontato di essere stato fotografato/a nudo o durante un rapporto sessuale senza autorizzazione e per l’11% le immagini sono state poi inviate ad altri senza permesso. Il 9% racconta invece di essere stato minacciato dell’invio. Il 30,9% di coloro interessati dal fenomeno rientrano nel range 16-19 anni e il 27% nella fascia 20-29 anni.
La nostra ricerca ha rilevato che uomini e donne sono ugualmente propensi a segnalare un abuso legato alle immagini.
Ciò nonostante, il 54% delle vittime afferma di aver subito questo tipo di abuso da un uomo, il 33% da una donna. Nel 13% dei casi il sesso non è stato specificato o a commettere la pratica sono stati sia uomini sia donne. Nella maggior parte dei casi la responsabilità è da attribuire a conoscenti, amici o familiari. Le donne sono oggetto di Revenge Porn da parte dei partner più di frequente rispetto agli uomini, con percentuali comunque non troppo distanti: 39% e 30%.