Color è un’ applicazione disponibile da pochi giorni su Android e iOS che crea un nuovo social network fotografico: dà la possibilità di raccogliere foto, video e conversazioni in album di gruppo in una maniera più diretta, senza bisogno di caricarle, allegarle o aggiungere amici.
Questo significa da un lato che non bisogna creare una propria rete sociale (attraverso amicizie, folower ecc.), ma dall’altro che il sistema di condivisione è pubblico e i contenuti sono visionabili in base non alle conoscenze effettive ma alla prossimità geografica, quindi da tutti coloro che si trovano vicino all’utente che le ha scattate. Inoltre crea una “rete elastica” costituita dagli utenti con cui “più frequentemente” si condividono contenuti (che possono essere anche commenti a foto).
In pratica, ogni volta che viene avviata l’applicazione mostra i contenuti degli utenti che si trovano entro 30 metri (contenuti che si possono anche salvare, in una forma di condivisione estrema di tutte le foto che si scattano nelle vicinanze) e quando due la utilizzano insieme più volte l’algoritmo dell’app li riconosce come conoscenti e li accosta nei futuri utilizzi.
Come nel segno del più tecnologico degli Otello, poi, l’app mostra anche tutte le foto scattate nelle vicinanze dei propri amici di app, anche se non ci si trova in quel momento nelle vicinanze.
Ci sono, in ogni caso, opzioni per bloccare determinati utenti, e quelle che vengono condivise sono solo le foto scattate attraverso l’applicazione. Inoltre in caso di “comportamenti che violino la decenza” si può incappare, dicono i responsabili dell’app, nella sospensione permanente dal servizio. Tuttavia della rinuncia all’anonimato Color cerca di fare un punto di forza: l’app chiede per esempio di usare il proprio nome, e non un nickname, e di scattarsi una foto al momento del primo avvio.
Infine, se per un po’ non ci si frequenta con quell’amico o quel contatto stretto attraverso Color, le sue foto iniziano a scolorire, fino a quando quella persona sparirà dal proprio network.
Color ha già raccolto 41 milioni di dollari investimenti : una montagna per una startup che ha ancora tutto da dimostrare, tanto che gli osservatori non hanno potuto far altro che strabuzzare gli occhi e farsi qualche domanda sull’idea che ha così facilmente convinto importanti gruppi di investimento.
In particolare sul nuovo concetto di privacy (o non-privacy) che porta avanti e sul vantaggio che punta a rappresentare rispetto ai soggetti già in campo nel settore dei social network che vuole occupare.
A quanto pare, c’è fiducia in questa nuova forma di condivisione fotografica che punta a diventare l’ anello di congiunzione tra Facebook, Foursquare e Flickr , quel social network geolocalizzato che in molti, tra cui Google e appunto Facebook , stanno inseguendo. Color, d’altronde, tira in ballo i concetti più caldi del momento: geolocalizzazione, social network, app e privacy modulare.
A favore del suo successo, poi, le passate esperienze del suo team , su cui sembra essersi concentrata la fiducia degli investitori più che sull’idea in sé: fondato da Bill Nguyen, che ha già venduto il servizio musicale LaLa a Apple, conta al suo attivo anche DJ Patil, ex di LinkedIn.
Con gli ingenti investimenti ottenuti sulla fiducia, Color potrà certamente puntare a migliorare il neonato servizio e trovare un equilibrio tra le situazioni in cui l’assenza di altri utenti nelle vicinanze lo priva di ogni gusto, e le situazioni (come potrebbe essere una manifestazione o una fiera) in cui si rischia di venire letteralmente travolti dalle foto di estranei.
Proprio su alcuni aspetti di questo problema, d’altronde, si concentrerà il primo aggiornamento : l’applicazione, ha annunciato Nguyen, non si aprirà nel caso in cui non ci sia nessuno nelle vicinanze, e per evitare che questo accada troppo di consueto il concetto stesso di “vicinanza” sarà reso mobile e non più stabilito in esattamente 30 metri.
Il grande punto interrogativo, presumibilmente, resterà comunque se e come Color riuscirà a superare le logiche diffidenze naturalmente generate quando si tratta con disinvoltura la questione della privacy .
Claudio Tamburrino