Cupertino l’aveva già chiarito parzialmente nel corso della keynote del 10 settembre , ma ora qualche altro dettaglio è stato aggiunto alla questione del lettore di impronte digitali incorporato nel nuovo iPhone 5S: i dati non lasceranno mai il terminale , non verrà tenuta un’intera impronta digitale nella memoria ma solo una sorta di firma per riconoscerla, e comunque il sistema è progettato per chiedere la ri-autenticazione tramite password dopo un certo intervallo di tempo o dopo alcune operazioni specifiche. Ma ciò non basta a sopire le perplessità degli attivisti per i diritti civili.
Stando a quanto riporta il Wall Street Journal , che cita informazioni fornite dalla stessa Apple, Touch ID ha alcune limitazioni come quella di mal digerire mani sudate o bagnate ( per esempio come capita a chi corre e voglia sbloccare il proprio telefono): in quel caso il terminale dovrebbe rimanere semplicemente precluso all’utilizzo. Lo stesso vale per chi abbia i polpastrelli “compromessi” da sostanze chimiche o incidenti di varia natura: sebbene il sistema ottico di iPhone 5S sia mediamente migliore della tecnologia fin qui vista sui prodotti consumer (come alcuni laptop), è ben lungi da essere perfetto, e dunque non è in grado di misurare con precisione assoluta i dettagli di un’impronta digitale.
Per quanto riguarda le questioni relative alla privacy, innanzi tutto chi decida di utilizzare Touch ID dovrà comunque impostare una password di backup : trascorse 48h dal precedente utilizzo, oppure dopo un riavvio del telefono, sarà richiesta per poter entrare nel terminale e utilizzarlo. L’accesso alla tecnologia di lettura delle dita, poi, sarà riservata al sistema e non accessibile a programmi di terze parti: in ogni caso, come detto, nell’archivio interno di sicurezza non sarà stivata l’intera impronta bensì soltanto un file contenente le informazioni utili al riconoscimento della stessa.
Questi chiarimenti, per ora, non bastano a convincere gli attivisti della bontà dell’idea di Apple: “Non potremmo pensare a una peggiore reazione all’ondata di dubbi sulla privacy che si sta spandendo nel mondo al momento che far debuttare una nuova funzione proprietaria, accessibile dalla rete, per la lettura delle impronte digitali” ha detto John Sullivan, direttore esecutivo di FSF, che critica l’approccio complessivo di Cupertino che terrebbe troppo segrete le informazioni circa il funzionamento dei dispositivi che contengono miriadi di informazioni personali e sensibili dei rispettivi proprietari. In ballo, oltre alle impronte digitali, ci sono i dettagli sugli spostamenti o il contenuto delle email: la preoccupazione sui metodi della Mela spinge FSF a invitare nuovamente i potenziali acquirenti a diffidare di quei prodotti che come iPhone pongono dei rischi alla privacy personale chiudendo i dati in una gabbia di cui non si conoscono le esatte caratteristiche (o eventuali backdoor).
Ci sono poi anche altre componenti di iOS 7, e in prospettiva di OS X Maverick, che pongono alcune perplessità in fatto di sicurezza e privacy: una delle componenti previste da i nuovi sistemi operativi Apple è il Portachiavi iCloud , che stiverà (come fanno già servizi come Lastpass o 1Password) le credenziali di autenticazione sui diversi servizi online in un unico archivio conservato nella nuvola di Cupertino. Al momento il servizio non è ancora disponibile , neppure nella Golden Master di iOS 7 distribuita agli sviluppatori in anticipo sulla versione finale del 18 settembre, probabilmente in attesa che anche OS X 10.9 sia terminato e messo in commercio: ma è indubbio che anche su quella funzione si accenderanno i riflettori della privacy, non foss’altro perché al momento pare non ci sia servizio online che non sia stato oggetto delle “attenzioni” dell’intelligence USA.
Per scoprire se queste perplessità scoraggeranno i consumatori dall’acquisto di iPhone 5C e 5S occorrerà attendere il 20 settembre: nel frattempo la gioiosa macchina da guerra della logistica Apple si è messa in moto, e i giornali d’oltreoceano provano a raccontare qualcosa di più sul complesso sistema messo in piedi da Tim Cook quando era COO per garantire la fornitura in tempi rapidi e con volumi sostanziosi del nuovo gadget elettronico in tutti gli store e i rivenditori interessati. Nel frattempo è già scattata la gara a rincorrere Apple nel marketing: Samsung ha anticipato che la sua prossima generazione di smartphone incorporerà una CPU a 64bit , segno che l’idea di Cupertino è in grado di far colpo sui clienti e che probabilmente c’è effettivamente qualche vantaggio pratico nel far compiere al silicio dei terminali mobile un salto in avanti.
Luca Annunziata