Milano – È un caso esemplare che dimostra ancora una volta quanto sia debole l’anello costituito da chi siede tra sedia e schermo: a garantire un comodo accesso alle email del DNC, il comitato democratico nazionale che gestiva la corsa di Hillary Clinton alla Casa Bianca, è stata una semplice e banale email phishing andata a segno grazie a una trascurabile disattenzione. Un piccolo errore di battitura in una email ha consentito di svelare molte delle trame segrete che c’erano in seno al comitato: se e quanto questo abbia influito nell’esito finale è difficile stabilirlo, ma di certo non è stata l’unica azione di crack ai danni di un politico avvenuta nel corso di questa tornata elettorale.
Partiamo dal caso DNC, senz’altro il più eclatante: quando John Podesta, presidente del comitato elettorale che sosteneva Hillary Cliton, ha ricevuto a marzo scorso una email contenente l’invito a collegarsi a Google per cambiare la propria password compromessa, lui o chi per lui si è rivolto a un tecnico per chiedere spiegazioni. La risposta non si è fatta attendere: sì, è il caso di cambiare password. Ma, sfortuna vuole , nel testo dell’email la parola “illegitimate” è stata confusa con “legitimate”: per un banale refuso quindi Podesta, o chi per lui, si è fidato e ha cliccato su un link solo apparentemente diretto a un server di Google .
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: Wikileaks e altri hanno pubblicato centinaia di email dai contenuti più disparati, generando grandi polemiche e spaccature anche in seno allo stesso comitato democratico. Per mesi sedicenti hacker russi, o di qualsiasi altra nazione fossero, hanno effettato le loro scorribande in lungo e in largo per la rete del comitato e raccolto informazioni utili . Informazioni che potrebbero o non potrebbero essere state determinanti per la vittoria finale di Donald Trump, ma che in ogni caso hanno finito per condizionare le elezioni: anche perché, nonostante l’attenzione di tutti si sia concentrata sui candidati alla Casa Bianca, ci sono state molte altre piccole e grandi realtà coinvolte da questo hack elettorale.
Il NYTimes racconta di tutti i vari seggi che hanno visto l’intervento di pirati informatici nel corso della campagna: Ohio, Pennsylvania, Illinois, Nord Carolina, Nuovo Messico, New Hampshire, Florida . In tutti questi stati si è verificato qualcosa di simile a quanto avvenuto a livello federale, ed è indubbio che in un clima di confusione, nel quale una parte politica in particolare ha subito ripetute fughe di notizie, l’opinione pubblica possa essersi fatta un’idea diversa su chi votare e perché.
Davvero dunque è stato un semplice refuso in una email a decidere il nome del futuro presidente degli Stati Uniti? Probabilmente no, così come non vi è alcuna prova certa (almeno a conoscenza del pubblico) che ci sia davvero la Russia dietro queste manovre : ma l’occasione è buona per ribadire l’importanza di una preparazione specifica di chi gestisce informazioni sensibili in materia di sicurezza informatica, così come ora negli USA ci si interroga sul ruolo dell’FBI e sulla efficcacia dell’azione del bureau nel contrasto di fenomeni di questo tipo.
Luca Annunziata