Computer al DNA, radici quadrate per crescere

Computer al DNA, radici quadrate per crescere

Un team di ricerca californiano ha predisposto un sistema formato da componenti biologiche capace di calcolare la radice quadrata di alcuni numeri. Ma l'obiettivo è creare la migliore interazione uomo-macchina
Un team di ricerca californiano ha predisposto un sistema formato da componenti biologiche capace di calcolare la radice quadrata di alcuni numeri. Ma l'obiettivo è creare la migliore interazione uomo-macchina

Dopo il gioco del tris , i problemi matematici di una certa complessità, ora le radici quadrate. Un sistema informatico composto da 74 sequenze di DNA è riuscito a calcolare la radice quadrata dei numeri fino al 15. Sebbene l’operazione sia stata compiuta con una certa lentezza, gli scienziati sostengono che l’obiettivo sia quello di realizzare dei computer che possano interagire direttamente con le cellule umane e, magari, combattere le malattie.

L’ operazione è stata compiuta dai ricercatori del California Institute of Technology (Caltech), i quali hanno composto 74 sequenze formate dall’acido biologico che, a loro volta, formano 12 porte logiche in grado di competere con quelle in silicio dei normali PC . L’unico incoventiente, al momento, è la lentezza con la quale il sistema compie le operazioni: 10 ore per ottenere ciascun risultato .

Le nuove scoperte tracciano un progresso sognificativo nell’ambito del cosiddetto DNA computing che vede impegnati scienziati e ricercatori da circa un ventennio. Secondo Erik Winfree, bioingegnere del Caltech, arrivati a questo punto non si tratta più di competere con i chip in silicio, bensì di far interagire le macchine direttamente con le cellule biologiche .

Per Winfree, infatti, l’obiettivo del progetto non è raggiungere velocità avanzate, bensì evolvere l’obiettivo originario fissato dal papà del DNA computing Leonard Adleman: quello, cioè, di sfidare i chip in silicio per risolvere problemi matematici. Ora invece, prosegue Winfree, l’asticella si è alzata dal momento che il fine è diventato quello di “migliorare i sistemi affinchè possano sondare gli ambienti molecolari, elaborare i segnali chimici, prendere delle decisioni e agire a livello biologico”.

L’ idea più grande, dunque, è che il computing fondato sull’acido desossiribonucleico sia in grado di compiere funzioni logiche in maniera migliore delle comuni macchine in silicio . Il vantaggio risiede nella grandezza minima e nelle migliori prestazioni in relazione con il corpo umano, dal momento che un circuito formato da componenti biologiche è in grado di interagire in maniera migliore con le cellule e i tessuti umani al fine di rintracciare e curare le malattie.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il
10 giu 2011
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