La ripresa economica rischia di scontrarsi contro un problema che, pur se ricco di preavvisi, non sembra aver lasciato margini di manovra a sufficienza per consentire di evitarne le conseguenze: la mancanza di chip, infatti, è un’ondata che sta poco alla volta inondando i mercati che più ne erano famelici e che ora rischiano di trovarsi con le ali tarpate proprio nel momento in cui il mondo intero tenta una (provvisoria) impennata post-pandemia.
I problemi sono conclamati nel mondo del computing, ove fino al 2022 non si attende una vera normalizzazione. Questo potrebbe portare ad una corsa agli approvvigionamenti che rischia di aggravare il collo di bottiglia, determina uno slittamento dei tempi di consegna medi e che potrebbe inoltre ripercuotersi sui prezzi. Le case produttrici in tal senso sembrano pronte ad affrontare il problema senza gravi pericoli immediati, ma con maggiori timori per l’annata 2022 (dopo le forti vendite del 2020, il 2021 potrebbe registrare ritmi produttivi calmierati).
Automotive in panne
Più grave la situazione per il mondo dell’automotive. In generale il settore rischia di fare i conti con 110 miliardi di dollari di mancate vendite e tutto questo direttamente in conseguenza della mancanza di materie prime sul mercato e componenti fondamentali per lo sviluppo delle vetture. Il problema inizia a farsi sentire anche in Tesla (gruppo che inizialmente si era pubblicamente chiamato fuori dai guai), dove con una serie di tweet il CEO Elon Musk ha confermato parziali aumenti di prezzo ed alcuni tagli sugli optional (su alcuni modelli il modulo lombare di sostegno è stato rimosso poiché apparentemente poco utilizzato):
Moving lumbar was removed only in front passenger seat of 3/Y (obv not there in rear seats). Logs showed almost no usage. Not worth cost/mass for everyone when almost never used.
Prices increasing due to major supply chain price pressure industry-wide. Raw materials especially.
— Elon Musk (@elonmusk) May 31, 2021
Gli aumenti sulle Tesla sarebbero ormai arrivati in alcuni casi anche a 3000 dollari in un solo mese, trend che segue comunque l’aumento parallelo delle materie prime a livello globale, nonché del petrolio (tornato a sfondare quota 70 dollari al barile).
Altra nube che si addensa all’orizzonte dei chip è paradossalmente quello del Covid. Mentre la pandemia inizia a rallentare a livello globale, infatti, il problema deflagra per la prima volta a Taiwan, uno dei principali centri di produzione di chip al mondo.
Negli ultimi giorni si è assistito ad un’esplosione di casi improvvisa, aggiornando i massimi in termini di vittime e allarmando il Paese proprio quando massima sarebbe dovuta essere la produttività. L’isolamento dei casi potrebbe evitare il protrarsi della situazione, ma il problema penderà per settimane come una Spada di Damocle sul mercato dei chip orientali.
La situazione è dunque confusa, tesa ed in piena evoluzione. Ma con prospettive al momento ben poco rosee di fronte.