70 anni fa l’uomo iniziò a riflettere seriamente su una questione dirimente sugli anni a venire: può una macchina pensare? La leggenda di Alan Turing è nata attorno a questo interrogativo, che per la storia del computing ha il medesimo valore di ciò che si chiese Einstein quando ipotizzò di sedere su un raggio di luce per capire cosa avrebbe visto tutto attorno a sé. Ma 70 anni più tardi anche Turing appare ormai superato, se non altro nell’accezione più stretta del suo interrogativo di allora: se ancor oggi non sappiamo esattamente quando e se una macchina potrà pensare, e se avrà mai coscienza di sé, al tempo stesso siamo evidentemente meno preoccupati di tutto ciò.
Come intendere l’IA
Il cambiamento avvenuto nel frattempo sta nell’enorme progresso tecnologico registrato, qualcosa che ha cambiato in modo esponenziale le potenzialità della macchina e che, per questo motivo, ha spostato i paletti della riflessione. Se ai tempi l’uomo valeva da punto di riferimento di intelligenza, oggi paradossalmente diventa – al contrario – l’elemento debole della catena: minor potenza di calcolo, maggior imprevedibilità, inevitabile fallacia.
Oggi è sempre più chiaro come tra uomo e IA non sia più una gara di intelligenza in qualità di capacità analitica: questa è una partita persa ormai da molto tempo. Semmai, è sempre più chiaro come ci siano più accezioni di intelligenza e che per metterle assieme tutte occorra trovare una crasi migliore tra uomo e macchina. Mettere assieme IA, machine learning e big data, infatti, diventa esplosivo se affiancato a capacità di analisi semantica, fantasia e immaginazione. Se i primi sono elementi peculiari della macchina, però, questi ultimi sono peculiarità prettamente umane: entrambi sono asset sui quali è possibile costruire oggi nuove fondamentali sinergie.
Rohit Prasad, Vicepresidente e scienziato responsabile di Amazon Alexa, ha messo nero su bianco le proprie riflessioni giungendo proprio a questa conclusione:
Non per denigrare la visione originale di Turing – il gioco di imitazione di Turing è stato pensato come un esperimento, non come il test definitivo per l’Intelligenza Artificiale. In ogni caso, ora è venuto il tempo di mettere da parte il Test di Turing e lasciarsi ispirare dalla più ampia visione di Turing per accelerare il progresso nello sviluppo di IA che siano progettate per aiutare gli umani.
Con l’IA non deve essere una sfida. Con l’IA non c’è concertazione di ruoli o di diritti. Con l’IA deve esserci invece stretta collaborazione, affinché la macchina diventi un prezioso alleato.