Condé Nast, noto editore statunitense che pubblica Vogue, GQ, Ars Technica, Vanity Fair e Wired, ha inviato una lettera di “cease-and-desist” a Perplexity AI per chiedere di non usare più i suoi contenuti per l’addestramento del modello di intelligenza artificiale generativa usato dal motore di ricerca IA. La startup californiana è stata accusata di plagio.
Perplexity AI usa gli articoli senza permesso
Forbes aveva scoperto all’inizio di giugno che la funzionalità Pages del motore di ricerca IA genera contenuti molto simili agli articoli pubblicati dalla stessa Forbes e altri media, tra cui CNBC e Bloomberg. La funzionalità effettua in pratica lo “scraping” delle pagine web (anche quelle nascoste dietro paywall), cambia alcune parole e scrive il risultato. Il team legale di Forbes ha chiesto a Perplexity IA di rimuovere gli articoli.
Qualche giorno dopo, Wired ha scoperto che la startup ignora il blocco del crawler PerplexityBot inserito nel file robots.txt
e accede all’intero sito (anche a quelli di altri siti dell’editore Condé Nast), utilizzando un server ospitato sul cloud di Amazon.
Condé Nast ha chiesto a Perplexity IA di non usare più il contenuto delle sue pubblicazioni nelle risposte del motore di ricerca, in quanto si tratta di plagio. Al momento non risultano commenti della startup. Il CEO Aravind Srinivas aveva dichiarato che il rispetto del Robots Exclusion Protocol è volontario e che il suo servizio utilizza anche web crawler di terze parti.
All’inizio dell’anno, Roger Lynch (CEO di Condé Nast) ha chiesto un intervento urgente da parte del Congresso. Circa due settimane fa, tre senatori hanno proposto il COPIED Act che vieta l’uso non autorizzato dei contenuti giornalistici per l’addestramento dei modelli IA e per generare contenuti IA. Perplexity IA ha promesso che avvierà un programma di revenue sharing per condividere i ricavi con gli editori.