Francoforte – L’idea è vecchia, il procedimento contro Hewlett-Packard pure ma la sentenza fa clamore: un tribunale tedesco ha infatti condannato HP in appello a pagare un tot per ogni masterizzatore venduto in Germania negli ultimi tre anni.
Una sentenza che non mette in discussione il pur discutibile principio che aveva portato alla prima condanna di HP anche se sembra aprire ad una revisione del “peso economico” che questo processo avrà per l’azienda americana.
Il tribunale afferma di essersi basato sull’ultima legge per la protezione del diritto d’autore entrata in vigore di recente in Germania. HP deve pagare per “compensare” l’utilizzo dei masterizzatori ai fini della duplicazione illegale di musica o software che con questi device può essere messa in atto. Un processo alle intenzioni che si tradurrà con ogni probabilità in un aumento del prezzo di questi strumenti che possono, è bene sottolinearlo, essere utilizzati anche per scopi assolutamente legittimi.
La somma che HP dovrà pagare rispecchierà un “quantum” preteso dalla GEMA, “la SIAE tedesca”, e rivisto dal tribunale, che con quella somma intende compensare gli artisti per la duplicazione illegale del loro lavoro.
La sentenza prevede che Hewlett-Packard ora indichi quanti masterizzatori ha venduto in questi tre anni. La Corte non ha ancora stabilito l’ammontare della somma per ogni device che HP dovrà versare ma, a quanto pare, non sarà così pesante come aveva chiesto GEMA in origine.
HP non ha ancora commentato ufficialmente la sentenza ma ha annunciato che presenterà un nuovo appello. Si tratta infatti di una decisione che mette a rischio non solo il mercato sviluppato da HP ma, più in generale, quello dei device di masterizzazione. Anche le altre aziende che offrono gli stessi prodotti dovranno sottostare a questi versamenti.
Va detto che l’anno scorso HP aveva tentato di accordarsi con le autorità, offrendosi di pagare circa 3mila lire per ogni unità venduta negli ultimi tre anni e fino a 10mila lire per ogni vendita futura. Un “negoziato” poi sfumato. Secondo HP l’approccio delle autorità è “antiquato”.
Occorre anche dire che in molti paesi europei, Italia compresa, strumenti di registrazione e supporti sono in molti casi “tassati alla fonte” proprio come forma di compensazione per l’eventuale uso illecito che viene fatto di questi supporti. In questa contraddizione prosperano peraltro numerosi big del settore. Basti pensare al caso di Sony, azienda impegnata da sempre nella lotta senza quartiere alla pirateria ma anche uno dei maggiori produttori di questo genere di device.