Washington – Il discusso Broadcast Treaty , il trattato che potrebbe conferire alle emittenti digitali ben 20 anni di diritti esclusivi sui contenuti prodotti da terzi, è riuscito per la prima volta a coalizzare il Congresso statunitense e le ONG.
Il no tassativo a questa direttiva, in gestazione dal 2005 presso la World Intellectual Property Organization ( WIPO ), l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa delle normative internazionali sulla proprietà intellettuale, è il frutto di un acceso dibattito che vede nei millantati diritti dei broadcaster praticamente un abuso – almeno stando alle valutazioni di associazioni come EFF .
“Il Broadcast Treaty ha lo scopo di conferire dei nuovi diritti alle organizzazioni che effettuano broadcasting , oltre a quelli di cui già godono grazie ai trattati esistenti. Inoltre, la proposta prevede l’inclusione di ulteriori beneficiari come i cablecaster e i webcaster , che otterrebbero nuovi diritti – diritti che, per quanto riguarda i webcaster , al momento non esistono”, aveva dichiarato due anni fa Manon Ress, responsabile di Consumer Project on Technology ( CPTech ). “L’ampiezza di tali diritti, l’espansione della loro durata e portata in diverse giurisdizioni darà ai conglomerati mediatici ulteriore potere per controllare come i consumatori utilizzano e registrano immagini e suoni, ivi compreso quel materiale che è nel pubblico dominio”.
Dopo un confronto sulla prima bozza, avvenuto a Ginevra la scorsa primavera, WIPO ha rincarato la dose nel successivo appuntamento estivo. Adesso, però, Electronic Frontiers Foundation ha annunciato di essere riuscita – insieme ad altre ONG, aziende ICT e gruppi di pressione – a svegliare il Congresso statunitense dal suo “torpore”.
La scorsa settimana i componenti del Senate Judiciary Committee , dopo aver finalmente compreso la situazione, hanno spedito una lettera ufficiale al Register of Copyrights e al Direttore dello U.S. Patent and Trademark Office affinché le loro delegazioni si facciano sentire durante il prossimo meeting WIPO di giugno. Il parere condiviso – anche nel Palazzo – è che l’attuale bozza del Broadcast Treaty sia potenzialmente nociva.
Nel documento del Committee è presente anche un piccolo segnale di apertura: la normativa sarebbe tollerabile solo se venissero rispettati i suoi assunti iniziali, ovvero quelli che facevano un chiaro riferimento alla lotta alla pirateria digitale.
“L’ultima bozza del Broadcasting Treaty sembra garantire ai broadcaster nuovi ed esclusivi diritti sulle loro trasmissioni per almeno 20 anni, senza badare ai diritti effettivi sui contenuti che stanno trasmettendo. Se da una parte sosteniamo l’esigenza di proteggere il broadcasting dal furto di segnale, la questione sembra andare oltre questo obiettivo e garantire ai broadcaster diritti simili a quelli dei proprietari dei contenuti. Il risultato è che i diritti garantiti dal Revised Draft Broadcasting Treaty potrebbero limitare quelli legittimi e il fair use dei contenuti, aggiungendo incertezza alla dimensione consumer”, si legge nel documento, totalmente condiviso anche dall’EFF.
A giugno, quindi, la delegazione statunitense potrebbe “sfilare” con le ONG per proteggere gli interessi dell’industria statunitense e dei consumatori di tutto il mondo.
Dario d’Elia