Probabilmente è stata l’ultima in termini di tempo a farlo, ma ora anche 3 Italia porta in dote nella pagina che descrive le sue offerte per la navigazione mobile una clausola sui limiti di velocità imposti ai suoi clienti. La situazione, nel corso delle passate settimane, si era fatta incandescente: da una parte gli utenti sempre più infastiditi da rallentamenti e apparenti disservizi, e riunitisi per discuterne sui forum del sito Mondo3 , e dall’altro un silenzio prolungato dell’operatore. Situazione sbloccatasi a cavallo del weekend , quando Punto Informatico ha ricevuto una nota dall’ufficio stampa di 3 e le offerte mostrate sul sito hanno subito una leggera modifica.
La situazione è la seguente: la maggior parte delle lamentele descrive uno scenario in cui l’utente, magari impegnato in attività di download massicce ancorché del tutto legittime (esempio classico: distribuzioni Linux, come si vede nel video proposto poco più sotto), si ritrovi improvvisamente la velocità di navigazione drasticamente diminuita. Nessun problema di segnale, nessun problema hardware, solo un flusso in discesa ridotto al lumicino: come se qualcuno, da qualche parte, avesse chiuso il rubinetto. Un “disservizio” dalla durata di 24-36 ore, che agisce a prescindere dal tipo di abbonamento o offerta sottoscritta, e che colpirebbe quando si raggiunge la fatidica soglia di 1024 megabyte scaricati nell’arco di 36 ore. Numeri ufficiali non ce ne sono , 3 sta lavorando a definirle come hanno già fatto altri (vedi il caso Vodafone descritto sotto).
Scorrendo le discussioni si scopre che qualcuno si è rivolto al Corecom, ovvero l’entità che dovrebbe fare da tramite e da paciere tra operatori e clientela, ottenendo la cancellazione delle fatture relative ai periodi in cui si era verificato il disservizio . Ma, fino a oggi, non c’erano pronunciamenti ufficiali riguardo questo tipo di pratica da parte di 3 Italia: sotto accusa , a detta dei protagonisti del “malfunzionamento”, lo formula adottata dall’operatore per descrivere la sua offerta, ovvero “Internet senza limiti”. Una situazione, è questa la posizione degli utenti, che contravviene anche alle stesse clausole della Carta Servizi e del contratto sottoscritto per attivare l’offerta (che prevede, solitamente, un limite mensile alle ore di connessione: 30, 100 o 300 a seconda del corrispettivo pagato).
La risposta di 3 non si è fatta attendere: “3 Italia gestisce, nel rispetto di quanto previsto dalla Carta Servizi e dalle Condizioni Generali di Contratto, il traffico sulla propria rete mobile al fine di offrire ad ogni suo cliente la possibilità di accedere ai servizi dati – recita la nota arrivata a Punto Informatico – Per ottimizzare le risorse di rete a beneficio di tutti i propri clienti, 3 Italia si riserva di limitare temporaneamente la velocità della connessione ai clienti che presentino modalità di utilizzo tali da pregiudicare le prestazioni della rete stessa. Ciò può accadere durante l’utilizzo di servizi che impiegano in maniera intensa le risorse di rete e/o in zone con un numero particolarmente elevato di connessioni”.
Le stesse parole campeggiano ora anche sul sito di 3, e fanno da perfetto complemento a quanto si legge sulle pagine degli altri operatori : “Mega Unlimited prevede l’utilizzo di 10GB di traffico internet al mese, superato il quale la velocità di connessione sarà ridotta fino a un massimo di 32 kbps” dice Wind (e aggiunge che “Per consentire l’accesso contemporaneo alla rete da parte dei clienti e limitare fenomeni di sovraccarico della stessa, Wind si riserva di applicare – ove le condizioni lo rendano necessario – meccanismi non discriminatori di ottimizzazione della banda disponibile, anche mediante limitazione temporanea e parziale dell’uso intensivo e continuativo del servizio Internet Mobile”).
Discorso analogo lo fa Vodafone: “Vodafone salvaguarda la qualità del servizio dati a vantaggio dei clienti per consentire a tutti di navigare su Internet in libertà e senza problemi. Per questo motivo Vodafone potrà limitare la velocità di connessione per quelle applicazioni che permettono lo scambio di file di grandi dimensioni e che quindi possono congestionare la rete (ad es. peer to peer e file sharing). Queste limitazioni, solo in orari di picco di traffico (tra le 7 e le 22) e solo per il tempo necessario, prevedono una velocità massima di 128Kbps in invio (upload) e una velocità massima di 64Kbps in ricezione (download). Inoltre, qualora i clienti superino la soglia di 10 GB di traffico in un mese, Vodafone potrà applicare, per i 30 giorni successivi, le stesse limitazioni sulla velocità anche alle altre tipologie di applicazioni/traffico internet”. A differenza dai casi precedenti, tuttavia, in questo si fa riferimento preciso a certe tipologie di traffico . Infine, sul sito di TIM non si ritrovano nella pagina dell’offerta espliciti riferimenti a questo tipo di limitazioni, né in redazione sono giunte segnalazioni al riguardo (almeno per il momento).
La faccenda del ricorso al Corecom Lazio, segnalata da alcuni lettori riguardo la vicenda con 3 Italia, è senz’altro il punto più controverso: se, come detto dagli utenti, l’operatore ha accettato di cancellare le fatture relative ai periodi contestati, in ogni caso non si può parlare (anche alla luce dei chiarimenti ricevuti) di “ammissione di colpa” da parte della filiale italiana di H3G. Il Corecom, per sua natura, è un organo di conciliazione: la scelta dell’azienda in questione, o di qualunque altra, di tenere una linea morbida in quella sede non esclude la possibilità di operare diversamente in generale (o di prendere iniziative, come in questo caso, per chiarire le condizioni di fornitura del servizio ). In linea di massima, è possibile concludere quanto segue: il traffic shaping, il bandwidth management o comunque si vogliano etichettare le tecnologie che oggi permettono di abbassare la velocità di navigazione a un singolo utente o a una categoria di servizi, non sono più un tabù . Spulciando i contratti e le condizioni d’uso di abbonamenti e offerte ricaricabili si trova sempre e comunque un riferimento (3 Italia fa sapere di averlo previsto nel 2002 nell’art. 14 della Carta Servizi, e di aver anche modificato l’art. 4 del Contratto lo scorso marzo), e la scelta di privilegiare la neutralità dell’approccio (come nel caso di 3 e Wind, tagliando tutto indiscriminatamente) o un tipo particolare di traffico (tagliando P2P e file sharing, come dice di fare Vodafone) è una decisione dettata unicamente dall’orientamento del management.
Affermare che questa sia, di fatto, la Caporetto della connessione in mobilità o della net neutrality è un’affermazione eccessiva: la connessione wireless , checché ne dicano gli osservatori , è per sua natura destinata a essere limitata . Le frequenze a disposizione degli operatori sono poche e ottenute a caro prezzo, in Italia esiste anche il problema del riassetto dello spettro (“oppresso” dalla TV, e che pare non riesca a liberarsi dal suo aguzzino catodico) che complica ulteriormente il quadro. Se a questo si aggiunge che l’infrastruttura ad alta velocità, necessaria al backhauling e dunque a rifornire le antenne che erogano la navigazione ai cellulari e alle chiavette, è cronicamente inadeguata e soffre dello stesso male di cui soffrono le connessioni NGN, il ritratto è completo.
Il problema non sono i limiti imposti in questo caso dagli operatori, il problema è la mancanza di informazioni agli utenti finali : costruire autostrade tra le BTS (le stazioni ricetrasmittenti delle reti cellulari) e i terminali, quando a monte non c’è un’adeguato rifornimento di banda, è una distorsione. Se la BTS è collegata semplicemente a una connessione analoga a una ADSL per riunirsi alla rete principale dell’operatore, a poco o nulla servono HSPA e compagnia: gli utenti che possiedono uno smartphone sono sempre di più, la banda una risorsa scarsa da condividere , la fetta della torta che spetta a ciascuno si fa sempre più piccola. La banda non è infinita: se si superano i 3 chilowatt il contatore della luce salta, e lo stesso principio si applicherà per la banda mobile.
Stabilire a questo punto di chi sia la responsabilità è inutile: il protocollo GSM e quello UMTS sono piuttosto efficienti, ma occorrerebbero frequenze aggiuntive (già chieste dagli operatori) per migliorare la situazione. Il backhauling è insufficiente, occorre migliorare da questo punto di vista l’infrastruttura: ci devono pensare gli operatori, e le iniziative volte alla condivisione dei siti dove sistemare le antenne sono un buon passo in avanti che però non può prescindere da altri investimenti (a tutti i livelli, dalla backbone in giù). Soprattutto, appare improbabile (a meno di scelte particolari come quella di Virgin USA, che propone il pacchetto per la navigazione illimitata sul cellulare a 40 dollari al mese) che d’ora in avanti si affaccino sul mercato, soprattutto nel Belpaese, offerte che puntano sempre più al ribasso dei prezzi e al rialzo del monte ore/gigabyte.
L’ipotesi più probabile, da questo punto in avanti, è emulare quanto proposto ad esempio da Vodafone per le connessioni da iPad: 500MB al giorno e poi si passa a 64 chilobit, volenti o nolenti, in modo almeno da restare connessi (anche se a velocità ridotta).
La morale della favola è: gli utenti si abituino, da qui in avanti, a considerare la connessione wireless 3G per quello che è, ovvero un sistema di navigazione non a banda larga . Può essere utilizzato anche per accedere a servizi avanzati e che richiedono traffico consistente, ma solo in modo sporadico e facendo ben attenzione alle condizioni di utilizzo imposte dagli operatori. Questi ultimi, dovranno prestare massima cura a come immetteranno sul mercato le proprie offerte: parlare di banda larga wireless è forse un azzardo (ma la terminologia pare sia già cambiata da un po’). E poi sul piatto ci dovrebbe essere quella famosa transizione alla NGN : ma con l’aria che tira per il Governo italiano, pare proprio che anche questa legislatura sia destinata a chiudersi con un nulla di fatto alla voce “investimenti strategici nel settore ICT”.
Luca Annunziata