Alla luce delle posizioni non propriamente definite espresse dal Parlamento Europeo in ambito di net neutrality, nuove proposte emergono per incoraggiare il legislatore a consolidare i buoni propositi in tutele vere e proprie.
Il Consiglio è una organizzazione composta dai rappresentanti dei paesi europei (Europa dell’est e Turchia incluse) con sede a Strasburgo e non facente parte delle autorità europee propriamente dette, ma quando si tratta di promuovere nuove regole comunitarie la sua voce è parecchio influente in quel di Bruxelles. Che cosa ha dunque da dire il Consiglio d’Europa sulla net neutrality? Che in sostanza le norme già approvate vanno ulteriormente raffinate, e che la rete deve essere oggettivamente neutrale senza alcuno spazio di manovra per la gestione discriminatoria del traffico di rete.
Nelle proprie linee guida , il Consiglio e i suoi 47 stati membri “invitano” le nazioni europee a rispettare la net neutrality con la realizzazione di nuove leggi nazionali, condizione essenziale per garantire la protezione dei diritti alla libertà di espressione, all’accesso alle informazioni e alla privacy.
Le linee guida ammettono l’implementazione a tempo del traffic management, ma stabiliscono senza possibilità di “interpretazione” il fatto che il traffico di Internet “dovrebbe essere trattato in maniera equa, senza discriminazione, restrizione o interferenza indipendentemente da mittente, destinatario, contenuto, applicazione, servizio o dispositivo”.
Nessuna eccezione, nessun “aiutino” o trattamento di favore agli ISP o a chiunque altro: tranne che nei casi in cui esista un mandato del giudice, dice il Consiglio, il rispetto dei principi della net neutrality dev’essere trasparente e la collaborazione delle aziende di rete con chi si lamenta delle pratiche di traffic management più che attiva.
Alfonso Maruccia