Il discorso di Paolo Savona nel suo saluto introduttivo alla relazione delle attività annuali dell’Authority, è un grido di allarme nei confronti delle criptovalute. Con un riferimento molto chiaro in capo a tutto, il Presidente della CONSOB non esita a portare avanti un diretto parallelismo con il 2008 e con la bolla che fece esplodere il mercato dei derivati trascinandosi dietro tutta quella economia che a questi strumenti aveva poggiato le proprie attività.
Ma ad una rilettura approfondita del discorso emerge più che altro un certo approccio interventista, un modo per evitare di restare travolti da un nuovo sistema senza avere armi con cui difendersi. La Consob chiama in campo direttamente l’Europa, spiegando che l’Italia ha il dovere di portarsi avanti sul problema in attesa che a livello comunitario si possa arrivare a norme che armonizzano le diverse legislazioni. Ma attendere sarebbe un atteggiamento colpevole, mentre regolamentare è un dovere vero e proprio.
L’informatica finanziaria è una lampada prodigiosa dalla quale è uscito il Genio
Secondo Paolo Savona nessuna autorità potrà invertire il percorso delle criptovalute: son qui per restare. Tuttavia occorre fare in modo che il tutto possa proseguire su canali di legalità che ad oggi non sembrano in alcun modo assicurati. La Consob sottolinea come gli ammonimenti alla cautela non sono serviti e troppi utenti hanno riversato in modo illogico i propri risparmi su valute virtuali delle quali si sa poco o nulla.
L’attuale sistema degli strumenti criptati si regge sulla convinzione e convenzione dominanti tra privati, che ignorano il ruolo centrale che svolge nel buon funzionamento del mercato la natura legale della moneta come unico mezzo di scambio e di liberazione dei debiti.
Occhio alle criptovalute
Secondo Paolo Savona (che mette le mani avanti precisando come ci siano dei “distinguo” a cui far capo) il rischio è esattamente simile a quello del 2008:
Questi nuovi comparti del mercato sono in rapida evoluzione e sembra ripetersi l’esperienza antecedente la crisi del 2008, quando i contratti derivati si svilupparono fino a raggiungere una dimensione di dieci volte il PIL globale, assumendo forme complesse che ricevettero un rating elevato. Pur con le dovute distinzioni, è prevedibile che stia accadendo qualcosa di analogo nel mercato dei prodotti monetari e finanziari virtuali, soprattutto criptati.
Sussiste anzitutto una chiara asimmetria nella sicurezza legata alle transazioni, ma a preoccupare è soprattutto la tecnologia blockchain alla base di tutto:
L’uso di questi strumenti nelle forme chiuse all’esterno dei partecipanti all’iniziativa (permissionless) preclude una vigilanza privata (come quella svolta dai collegi sindacali e dalle società di certificazione) o pubblica (da parte delle autorità di vigilanza). Senza presidi adeguati (norme ed enti), ne consegue un peggioramento della trasparenza del mercato, fondamento della legalità e delle scelte razionali degli operatori. Tra gli effetti negativi ben conosciuti vi è la schermatura che queste tecniche consentono ad attività criminali, come l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro sporco, il finanziamento del terrorismo e il sequestro di persone. La concentrazione nel possesso di Bitcoin che è stata recentemente accertata può riflettere questo aspetto del problema.
I timori della CONSOB sono precisati in questo passaggio, che mette nero su bianco la sensazione per cui il problema sia ormai troppo ampio per poter essere ignorato:
Il fiume ormai in piena degli strumenti virtuali si è articolato in molti e variegati rivoli: Internet, che non è certo la culla delle certezze, attesta che esistono in circolazione dalle quattro alle cinque mila cryptocurrency (nelle forme di stablecoin, ma in gran parte floating) che operano più o meno indisturbate; se a esse si applica l’esperienza fatta in poco tempo dalla Consob nell’oscurare in Italia centinaia di siti web che raccoglievano illecitamente risparmio, il quadro che ne risulta appare preoccupante.
Doverosa regolamentazione
Molto interessante è però il compito che la CONSOB si carica sulle spalle a partire da un principio costituzionale: se è vero che la Repubblica ha il compito di incoraggiare e tutelare il risparmio in tutte le sue forme e di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito, allora ecco che le paure vanno messe da parte per lasciar spazio a regolamentazione. Solo così si può affrontare il mercato delle criptovalute senza lasciarsi guidare dai timori. Ma “se la regolamentazione si limitasse a mettere sabbia nel meccanismo e, come ampiamente si discute, appagarsi nel tassare i guadagni ottenuti, la conseguenza potrebbe essere la continuazione della loro diffusione che potrebbe sfociare in una nuova crisi di mercato“. Non serve ostruzionismo, ma regole: chiare, condivise e finalizzate al buon funzionamento di qualunque forma di risparmio.
Se, come sembrerebbe, si intende riconoscere l’esistenza di monete private, gli utenti devono esplicitare in un’apposita clausola contrattuale di essere consci dei rischi che si accollano facendo uso di monete non pubbliche e le autorità di vigilanza del mercato e del risparmio devono poter conoscere, con un’apposita chiave di accesso alle contabilità decentrate, tutte le operazioni di questo tipo che vengono attuate.
Se le criptovalute vorranno imporsi, non potranno procedere soltanto con un braccio di ferro con le autorità, ma dovranno piegarsi e adattarsi, soprattutto attraverso una maggior consapevolezza da parte dei singoli utenti. In caso contrario l’esistente non potrà cedere sovranità e l’innovazione dovrà dimostrare di avere la forza per resistere allo scontro:
[…] sono le aspettative di progresso, talvolta anche di natura utopica, che hanno mosso e muovono le conquiste dell’umanità. La loro capacità di incidere sulla resistenza che mostra l’esistente dipende dal raggiungimento da parte dei cittadini di una consapevolezza degli obiettivi e dei modi per raggiungerli. Perciò si è molto insistito su un triplice impegno educativo e formativo come viatico di successo per le scelte da effettuare.
Il pericolo peggiore
Ma c’è qualcosa che va ancora al di là delle sole ricadute finanziarie di Bitcoin e simili, qualcosa che è più afferente alla società ed agli equilibri della democrazia. Il rischio, spiega la Consob, è che le criptovalute abbiano portato sui mercati una certa “ingenuità” con la quale sono ignorate le ricadute che la moneta ha su altri aspetti collaterali di fondamentale importanza:
La funzione redistributrice, propria della democrazia, e quella produttiva-commutativa, propria del mercato, risultano alterate dalla creazione di potere di acquisto digitalizzato, ancor più se collocato in una contabilità perfettamente decentrata. Nonostante la loro importanza negli equilibri sociali, le implicazioni etiche delle innovazioni finanziarie sul funzionamento della democrazia hanno finora ricevuto minore considerazione di altri aspetti del problema, quali il digital divide, la privacy e il diritto alla libera iniziativa privata.
Un sistema nel quale il potere d’acquisto può essere creato dal nulla, è un sistema che ha basi totalmente disallineate con l’economia e ciò non può che portare avanti disequilibri. La privatizzazione della produzione di moneta è qualcosa che fuoriesce pericolosamente da un sistema consolidato, mettendo l’intera struttura a repentaglio senza vere velleità che non siano di natura lucrativa e speculativa. Un rischio, insomma, fine a sé stesso che secondo la Consob diventa il pericolo peggiore che le criptovalute stanno riversando su mercati e cittadini:
Il rapporto di debito e credito si concreta solo al verificarsi dell’aspettativa che qualcuno accetti spontaneamente lo strumento virtuale creato e possa rivenderlo ad altri al momento opportuno. Solo le operazioni di scambio effettuate dopo aver “minato” le criptovalute generano un rapporto da iscrivere in una contabilità a partita doppia […]. ma la reale responsabilità del debitore “secondario” resta pur sempre incerta, avendo alla radice l’assenza di un debitore “primario”.