Ecco perché il contact tracing di Immuni ci aiuterà

Ecco perché il contact tracing di Immuni ci aiuterà

Una ricerca importante per capire il ruolo del contact tracing nel giorno in cui l'app Immuni inizia il proprio percorso in Italia.
Ecco perché il contact tracing di Immuni ci aiuterà
Una ricerca importante per capire il ruolo del contact tracing nel giorno in cui l'app Immuni inizia il proprio percorso in Italia.

La rivista Science ha pubblicato uno studio che aiuta in modo inoppugnabile a far chiarezza su quello che può essere il ruolo di Immuni nei prossimi mesi e nei prossimi passi della strategia di contenimento dei contagi. Quel che la ricerca dimostra (tra i firmatari anche l’italiano Luca Ferretti) è come alla luce delle dinamiche di contagio e dei tempi dello stesso sia possibile opporre forti limitazioni al propagarsi del virus proprio grazie all’azione di un’app di contact tracing.

Su ricerche di questo tipo, insomma, si basano le fondamenta stesse del contact tracing poiché se ne indica chiaramente l’opportunità dell’adozione in tempo di pandemia: il tempo che non si concede al virus è un’opportunità irrinunciabile per allentarne l’incedere ed ora, quando l’app Immuni sta per partire in Italia, è importante partire da queste valutazioni per capire cosa stiamo facendo e perché.

Contact tracing: ecco perché funzionerà

Ad oggi l’unica resistenza che possiamo opporre al virus è il distanziamento sociale e, laddove non è possibile, misure di protezione quali mascherine e igienizzazione. Sono questi i pilastri della nuova normalità, in attesa che un qualche nuovo evento cambi la traiettoria della pandemia: secondo alcuni sarà un affievolimento naturale dei contagi (tesi priva di dimostrazioni), secondo altri sarà l’avvento del vaccino (tesi lapalissiana), ma nel frattempo molto possiamo fare per rendere questa “nuova normalità” un pizzico più “normale”.

Secondo quanto indicato nella ricerca, un efficace sistema di contact tracing è in grado di regalare alle comunità un tempo di vantaggio rispetto alla situazione odierna, consentendo così di tagliare a priori le occasioni di possibile contagio ulteriore. Il contact tracing è pensato espressamente per ridurre le catene di contagio, ma ora c’è una ricerca a spiegare come e perché ciò avvenga.

La ricerca parte da una situazione tipo tratta dagli studi relativi alla prima fase della pandemia in Cina, dove l’esperienza indicava un R0=2. In questa situazione si stima che una quota pari a 0,9 fosse attribuibile a persone “pre-sintomatiche”, 0,8 a persone sintomatiche e solo una percentuale residua a situazioni ambientali (esempio: superfici infette) o positivi asintomatici. Questo consente pertanto di capire quale sia la tempistica del contagio e quale l’incidenza delle varie situazioni:

Modello di infezione

Ne deriva che il picco delle probabilità di contagio avvenga dopo circa 5 giorni, appena prima della comparsa dei sintomi e che prima si interviene e maggiore è la capacità di incidere sul propagarsi del virus. L’immediatezza delle notifiche stimolerà l’autoisolamento rispetto alla quarantena imposta, passando così per la consapevolezza dei singoli nel cercare di tagliare sul nascere le catene di contagio.

Autoisolamento prima della quarantena

Nonostante alcuni dei critici del sistema di contact tracing contestino l’incompatibilità tra un sistema di notifica automatico e la capacità di indagine delle autorità sanitarie, in realtà i due sistemi non solo vanno a braccetto, ma sono anche in vera e propria sinergia. Il contact tracing e le notifiche di “contatto” sono infatti propedeutiche ad una maggior attenzione, portando le persone ad una maggior attenzione in attesa che le autorità sanitarie possano fare il loro dovere o che eventuali sintomi sopraggiungano stimolando tamponi e ulteriori misure precauzionali.

Nel contact tracing c’è dunque il baccello di un nuovo approccio collaborativo tra cittadini e sanità, dove i primi si fanno sentinelle del problema per poter ottenere dal sistema sanitario quell’efficienza a cui si ambisce per poter vincere questa battaglia. Il modello matematico a supporto di questa tesi è ovviamente basato su una base teorica, dopodiché l’efficacia del contact tracing dipende da una miriade di variabili che vanno dai tempi di reazione delle autorità sanitarie all’osservanza delle necessarie cautele da parte di utenti attenzionati da notifiche di possibile contagio. Ecco perché la piena consapevolezza di cosa sia il contact tracing e del modo in cui può servirci nella lotta alla pandemia è fondamentale: si tratta di un’arma che può regalarci un fondamentale vantaggio, passando in primis per uno strumento digitale (ed è questa una prima volta in termini assoluti).

Ora tocca a Immuni

Tra poche ore partirà ufficialmente il percorso dell’app Immuni per il contact tracing in Italia. Si parte da quasi 1,5 milioni di installazioni, da quattro regioni disponibili per il test iniziale e da un lungo e approfondito dibattito che rischia però di aver creato più confusione e diffidenza che non conoscenza e consapevolezza.Il contact tracing regala ore di vantaggio

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Insomma: un dibattito che doveva essere propedeutico all’adozione di un’arma utile al contenimento del contagio, è diventato invece un dibattito di confusione di massa che ha cavalcato tecnofobie e disinformazione disseminando diffidenza.

C’è tempo per recuperare, a partire da oggi, a partire dall’impegno di ognuno a scaricare l’app per capirla e per poter essere parte di un cambiamento virtuoso.

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Pubblicato il
7 giu 2020
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