Il New York Times ha deciso di abbandonare online il modello gratuito e adottare un metodo metered di pagamento: basato, per l’appunto, su un metro che permette l’accesso a tutti, in modo da rendere accessibile la pubblicità insieme ai contenuti ai visitatori sporadici, ma individuando gli utenti più frequenti a cui, dopo un numero definito di visite, è chiesto un corrispettivo.
Le misure entreranno in vigore solo nel gennaio del 2011 : in pratica vi sarà un certo numero di articoli gratuiti ogni mese, oltre il quale sarà necessario sottoscrivere un abbonamento per garantirsi un accesso illimitato ai contenuti (e di cui gli abbonati all’edizione cartacea godranno automaticamente). Mancano tuttavia ancora elementi fondamentali della nuova via: nello specifico quanti articoli saranno gratuiti e quanto costerà l’abbonamento.
Il metodo, a tal proposito, garantirebbe una certa flessibilità all’editore: i numeri che definirebbero frequente un visitatore potranno essere aggiustati con l’esperienza, cercando di non intaccare nel contempo eccessivamente i free reading , utenti occasionali comunque utili grazie agli advertising , ma che dopo un certo numero di visite rischiano di diventare veri e propri free rider , i così detti usufruitori di servizi di cui non hanno pagato il costo dovuto.
Il rischio di non calibrare la misura è d’altra parte quello di colpire (e conseguentemente diminuire) il numero dei così detti lettori fidelizzati, che hanno una grande importanza per le quote pubblicitarie online: permettono infatti di ottenere maggiori informazioni da utilizzare per fini commerciali. “Se conosci maggiori cose sul tuo lettore medio, puoi naturalmente servirlo meglio con messaggi pubblicitari mirati” ha osservato Ken Doctor, della società di analisi Outsell.
Per questo il Times ha deciso di prendersi tutto il tempo necessario per organizzare bene tutti i dettagli della nuova struttura. “Aver finalmente preso questa decisione – ha dichiarato l’editore Arthur Sulzberger Jr – ci permetterà di concentrarci sul processo di riflessione per rispondere a tutte le domande del caso”. Si tratta d’altra parte di un progetto di ampio respiro, spiega Sulzberg, che non sarebbe conseguenza diretta del calo delle entrate pubblicitarie, ma un ragionamento più profondo su dove andrà il Web e su nuovi percorsi finanziari. Cose, in ogni caso, che non si cambiano dall’oggi al domani.
Il Times, oltretutto, sembra decisa a non utilizzare i meccanismi di pagamento già esistenti , ma punta a crearne uno suo, per cui “c’è bisogno – come ha affermato Martin A. Ninsenholtz, vicepresidente delle operazioni digitali – di molto lavoro tecnico” per rivedere del tutto l’infrastruttura online del giornale in modo tale da non rallentare la navigazione degli utenti.
Nel frattempo Amazon, a differenza di quanto deciso per esempio da Apple per iTunes, sembra decisa a offrire una nuova opzione di royalty ai detentori dei contenuti che rivede la fetta destinata alla stessa Amazon. Scopo evidente è quello di contenere il prezzo degli ebook offerti nella sua libreria digitale.
Il nuovo piano tariffario, attivo da giugno, si affiancherà a quello finora offerto e necessiterà che l’editore e l’autore rispettino una stretta serie di requisiti: innanzitutto il prezzo di listino dell’ebook dovrà essere compreso tra i 2,99 e i 9,90 dollari e in ogni caso inferiore almeno del 20 per cento al prezzo della versione cartacea. Oltretutto tali condizioni devono essere garantite in ogni Paese dove essi hanno diritti e non vi devono essere offerte inferiori a quelle proposte da Amazon in altri negozi, che riguardino la versione cartacea o quella elettronica. Condizioni molto rigide, ma a cui editori e autori dovranno sottostare se vogliono il 70 per cento del prezzo di listino dell’opera in vendita nei scaffali di Amazon, al netto dei costi.
Claudio Tamburrino