Il rapporto di internet con il mondo del video, per come abbiamo imparato a conoscerlo, è fatto di infinite possibilità di distribuzione e ridotte possibilità di guadagno, un luogo in cui tutti possono potenzialmente vedere tutto ma quasi nessuno ne trae un business. La questione negli ultimi 2 anni è cambiata, molto.
Così tanto che lungo il 2011 alcuni dei nomi più importanti della rete, solitamente abbinati all’aggregazione di contenuti video, hanno fatto passi più che sostanziali nella direzione della produzione. Da un business basato sul piazzamento di contenuti sconosciuti, lentamente l’economia statunitense dei grossi nomi sta tentando di passare al più completo business di produzione e distribuzione.
Le notizie in merito sono state molte e molto diverse, tanto da dare vita a molteplici possibili scenari, corrispondenti alle diverse idee di distribuzione e produzione di ogni compagnia. Quale sarà il modello dominante è difficile a dirsi, sembra però scontato che internet non diventerà la televisione e la televisione non si sposterà su internet ma le connected tv offriranno anche contenuti originali, a metà tra quel che esiste oggi e il meglio di quello che si fa in rete.
Nel 2012 quindi vedremo concretizzarsi gli sforzi partiti nel 2011 da parte delle aziende più grosse del settore.
Hulu – La più importante piattaforma gestita direttamente dai network cinematografico-televisivi ha visto il suo pubblico aumentare di pari passo ai suoi introiti. Con la metà delle interruzioni pubblicitarie della televisione (ma il doppio più efficaci, secondo i parametri statunitensi) Hulu quest’anno ha raddoppiato i guadagni arrivando a 420 milioni di dollari e 1,5 milioni di utenti paganti per il servizio Plus (senza pubblicità per 8 dollari al mese).
Per il 2012 ha dichiarato di voler investire 500 milioni di dollari in quelli che paiono 3 progetti: una serie ambientata negli uffici della campagna elettorale del partito Democratico (probabilmente affidata a Marc Webb ), il prosieguo della serie di documentari di Morgan Spurlock titolata A Day In The Life e un progetto originale in stile reality da ambientarsi intorno al mondo.
Yahoo! – Il settore video di Yahoo! è uno dei più efficienti (50 milioni di stream al mese), tanto che la compagnia ha recentemente acquistato un appartamento da 500 metri quadrati al centro di New York, da utilizzarsi solo per la produzione (e co-produzione assieme ad ABC) di video. Già in marzo aveva annunciato 7 show originali di cui ben 2 prodotti in totale autonomia. Si tratta di show per i quali sono state messe sotto contratto star di medio livello della tv americana, con valori di produzione alti e una forte spinta commerciale.
Amazon Studios – Più di un anno fa Amazon aveva annunciato questo progetto in maniera abbastanza silenziosa e allo stesso modo ha continuato a lavorarci (nonostante le critiche iniziali). L’idea era di creare un laboratorio in cui chiunque potesse inviare sceneggiature o idee per produzioni audiovisive con studi come Warner Bros. pronti ad ascoltare. Ora, ad un anno di distanza (in dicembre), Amazon ha annunciato di aver vagliato 6mila sceneggiature e visto 600 test-movies per scegliere 3 progetti che produrrà e porterà alla fine. Si tratta di tre storie di genere (fantastico, fantascienza e thriller) per le quali non è ancora stato deciso un regista.
Netflix – Quello che è stato l’ enfant prodige dell’Home Video, l’unico in grado di traghettare il sistema morente ma ancora molto attivo del noleggio DVD e Blu-ray nella medesima dimensione del noleggio in streaming (di fatto uccidendo quel poco che la pirateria aveva lasciato in vita di Blockbuster), ha messo a segno due mosse importanti. Senza produrre direttamente ma investendo 100 milioni per assicurarsi la distribuzione esclusiva, ha di fatto messo in moto la produzione di due serie. La prima è il ritorno di Arrested Development, l’ altra è House Of Cards, ideata da David Fincher e interpretata da Kevin Spacey.
YouTube – Il più grande distributore della rete è anche quello dal progetto più complesso. Con l’ acquisizione di Next New Networks è diventato indirettamente produttore di quei canali da essa curati. In seguito, con le molte iniziative intorno al mondo come Next Up, ha finanziato direttamente degli youtuber per produrre contenuti di qualità, infine ha annunciato la creazione di una serie di veri e propri canali in stile televisivo (con un budget totale di 100 milioni di dollari), nonché, recentemente , la collaborazione ad un progetto produttivo che coinvolge Ridley Scott e che culminerà al festival di Venezia.
Indeciso sulla posizione da prendere (di fatto è un produttore ma fa di tutto per non sembrarlo), YouTube cerca di fomentare la creatività invece che imporre la propria. Un modello che, tra quelli esistenti, pare il più lungimirante e il più adatto alle dinamiche della rete.
Questo per dire dello scenario statunitense, ma anche in Italia canali noti per aggregare, come RaiNet , hanno deciso quest’anno di passare alla produzione (ovviamente per la rete) con 12 progetti il cui sfruttamento sarà unicamente online.
In un solo anno gli investimenti sulla creazione di contenuti sono dunque passati da quasi zero a centinaia di milioni, coinvolgendo nomi e brand di livello. Internet è considerato in concorrenza con il cinema (per la pirateria) e con la televisione (per la pirateria, i servizi on demand dove disponibili, e la capacità di catturare l’attenzione nel prime time), anche se non ha ancora prodotto nulla di concorrenziale. Ora a tutti gli effetti sui suoi canali di distribuzione più ufficiali, quelli al momento quasi monopolizzati da serie, show e film provenienti da altri media, finiranno anche le loro controparti originali. Figli naturali e adottati dovranno convivere, gli uni accanto agli altri, con le prevedibili diverse gestioni.
Non sarà la democratizzazione della televisione che tutti annunciavano ma un sistema diverso. Per le cose democratiche e davvero sovversive, come al solito, ci sarà la rete.
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
I precedenti scenari di G.N. sono disponibili a questo indirizzo