Contrappunti/ Aaron Swartz, l'hacker buono

Contrappunti/ Aaron Swartz, l'hacker buono

di M. Mantellini - Non si poteva non pensare di lui che fosse un giovane destinato a grandi cose. Eppure la sua fine testimonia della scarsa attenzione che la sua impresa ha goduto
di M. Mantellini - Non si poteva non pensare di lui che fosse un giovane destinato a grandi cose. Eppure la sua fine testimonia della scarsa attenzione che la sua impresa ha goduto

Aaron Swartz si è suicidato l’11 gennaio. Lo ha trovato la fidanzata, impiccato nel suo appartamento di Brooklyn. Aveva 26 anni. Swartz era molto noto in Rete nonostante la giovane età. Era un programmatore, ancora minorenne aveva partecipato alla creazione del protocollo RSS ed uno dei fondatori di Infogamit, poi fusa con Reddit (che aveva lasciato nel 2007, dopo l’acquisizione da parte di Conde Nast), ma soprattutto da molti anni a questa parte era un attivista per i diritti civili e di Rete.

Le ragioni del suicidio di un giovane uomo sono sempre, almeno in parte, insindacabili. Negli ultimi giorni i media statunitensi hanno scritto molto al riguardo. Certamente Swartz ha sofferto in passato di depressione, chi gli era vicino lo sapeva. Altrettanto certamente gli eventi degli ultimi mesi che lo hanno riguardato non possono essere trascurati e certamente hanno avuto un ruolo nella sua morte. Questi eventi, come scrivono in molti in queste ore, pesano come un macigno sul sistema giudiziario USA.

Nel 2011 Swartz aveva compiuto una intrusione informatica nell’archivio di JSTOR, grandissima libreria online che vende alle biblioteche di tutto il mondo articoli scientifici. Per farlo aveva collegato il proprio notebook alla rete del MIT. L’intento era di rilasciare simili articoli accademici su una rete peer to peer di libero accesso.

A seguito di questo evento JSTOR poi ha reso di pubblico dominio l’intero proprio catalogo per il download personale e, nel momento della incriminazione di Swartz per l’intrusione informatica, ha lasciato cadere le accuse e chiesto ai giudici che lasciassero perdere le loro. Non ha fatto lo stesso il MIT (attraverso la cui rete era avvenuto il download) e questo ha consentito ai giudici statunitensi di proseguire la causa nei confronti del giovane: la prossima udienza era prevista il 4 febbraio 2013.

Di che cosa stiamo parlando esattamente? Per quale ragione una corte USA intende perseguire un atto del genere, un atto che attiene non certo a questioni economiche o di diritti ma che riguarda la circolazione dei contenuti, e per farlo si attrezza con pene che prevedono fino a 35 anni di carcere e 1 milione di dollari di ammenda?

Per quale ragione, si chiede Lawrence Lessig in un accorato post sul suo blog (Lessig era amico intimo di Swartz, che va annoverato anche fra i fondatori di Creative Commons), si accusa un giovane che ha dedicato la vita ai diritti degli altri di “gravi crimini”? Era forse un terrorista? Aveva rubato dati informatici che lo avrebbero reso ricco?

Anche i genitori di Aaron hanno pubblicato un breve comunicato molto netto che rimanda alle gravi e dirette responsabilità nel suicidio del ragazzo in relazione alle intimidazioni e alle scelte dei giudici e del MIT. Ma al di là di tutto questo la tragica fine di Aaron Swartz racconta con grande chiarezza l’incapacità della società contemporanea di proteggere e difendere i migliori di noi, di solidarizzare verso chi lotta contro l’ingiustizia, di distinguere fra atti diversissimi che la legge associa dentro i medesimi commi. 35 anni di galera per un crimine senza vittime? E questo mentre contemporaneamente – scrive Lessig con grande amarezza – gli artefici della grande crisi finanziaria vanno a pranzo alla Casa Bianca?

Negli Stati Uniti esiste una ampia corrente di pensiero conservatore che, appoggiandosi a normative vecchie di vent’anni, giudica da tempo l’intrusione informatica come violazione a sé stante, indipendente dal merito e dal contesto. L’onda lunga dei diritti molto rigidi e intensamente vigilati della proprietà intellettuale, della sua salda difesa nelle sedi istituzionali, pietra fondante della prosperità americana, non prevede eccezioni alla coincidenza fra beni materiali e immateriali. I secondi, da tutti percepiti come sfuggenti e impalpabili, vigilati con tutta la cura possibile e, una volta fallita quella, con la minaccia e la promessa della condanna esemplare. È accaduto a Bradley Manning , lasciato ad impazzire in una cella di due metri per due a Quantico, accade oggi a Aaron Swartz, giovane uomo fragile e altruista.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
14 gen 2013
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