Roma – Provo a spiegarvi una questione complessa con parole semplici. Lo faccio per due ragioni: perché si tratta di una partita importante e perché in questa maniera tento di giustificare agli occhi dei lettori di Punto Informatico come mai da quasi un decennio su questo giornale si seguano passo passo le scelte strategiche di Telecom Italia, la principale azienda delle telecomunicazioni italiane. Un monito ed una giustificazione, insomma.
Ad inizio 2005, come è possibile leggere anche in questo comunicato stampa della Associazione Italiana Internet Provider, British Telecom ha introdotto nuove regole di comportamento sul mercato delle TLC inglesi. La maggior compagnia telefonica del Regno Unito, preoccupata dalla eventualità concreta di vedere separata in due rami distinti la propria società da parte dell’organismo di controllo nazionale, la Ofcom, ha deciso di scindere in maniera seria la gestione della fornitura delle linee ai concorrenti (BT wholesale) ed alla clientela finale (BT retail). BT retail dall’inizio di quest’anno compra linee da BT wholesale e lo fa alle medesime condizioni economiche degli altri operatori. Semplice no? La chiamano market equivalence e serve banalmente a far crescere la concorrenza del mercato. Una postilla a questa bella notizia che aiuta a comprendere il contesto: a gennaio 2005 BT possedeva in Inghilterra solo il 25% del mercato DSL.
Invece in Italia, da anni, Telecom Italia fa il bello ed il cattivo tempo sul mercato della connettività alla rete internet. Da questo quasi-monopolio di fatto (si stima che Telecom gestisca oggi circa il 70-80% del mercato DSL italiano) sono discesi prezzi alti, comportamenti anticoncorrenziali che nessuna autorità è stata in grado di contrastare efficacemente ed assurde pretese. Assurda pretesa è, per esempio, che ciascun concorrente di Telecom debba portare i propri doppini in rame fino alle case dei propri clienti. Una inutile duplicazione di quella rete che Telecom ha costruito ai tempi del monopolio con i soldi dei contribuenti. Il resto: i prezzi finali assai più alti di quelli negli altri paesi europei, i comportamenti predatori più volte inutilmente stigmatizzati dalla Agcom, ed una politica commerciale recentemente orientata – a onor del vero del tutto legittimamente – ad una connettività simil-televisiva e non certo alla preoccupazione di fornire accesso efficace alla rete internet per tutti i cittadini, rendono conto delle ragioni per cui in Italia l’accesso a internet è ancora una opzione per una minoranza della popolazione. Meno di un italiano su tre accede oggi alla rete.
La seconda questione da mettere sul tavolo a questo punto è quella politica. Abbiamo visto lo scenario: un unico soggetto, di fatto monopolista, che impone prezzi e modalità di accesso alla rete per tutti gli altri operatori e per gli utenti finali, relegando, spesso e volentieri, gli altri fornitori ad un ruolo di subalterna impotenza. Una impotenza talmente evidente che fino a oggi in Italia i prezzi delle linee DSL erano fatti prendendo i prezzi finali che Telecom pratica alla sua clientela scontati di una certa cifra X per ottenerne il prezzo per gli altri fornitori. Una vera aberrazione insomma che esulava interamente dai costi effettivi del servizio.
Un unico operatore – va aggiunto – che tiene in scacco gran parte dei media del paese (quasi nessuno oggi può correre il rischio di inimicarsi il miglior inserzionista pubblicitario disponibile sul mercato) e che si permette di replicare ufficialmente ai massimi vertici politici della nazione appena uno di essi (Romano Prodi qualche giorno fa) si permette di affermare pubblicamente che le condizioni del mercato in Italia non sono esattamente le migliori e che necessitano di maggiori controlli. Telecom Italia ci ha impiegato poche ore, meno di un soggetto istituzionale, per rassicurare pubblicamente l’ex presidente della Unione europea sul fatto che in Italia il mercato delle TLC è libero e prospero. Oste com’è il tuo vino? Buonissimo. Il migliore. Chi osa discuterne?
La politica, oggi, in queste faccende che coinvolgono il destino del paese (essere nei prossimi anni ai margini dello sviluppo tecnologico significa condannarsi ad una sicura posizione di retroguardia in tutti i settori) è un fattore di equilibrio indispensabile. Solo il controllo politico (il fallimento del mercato libero delle telecomunicazioni è sotto i nostri occhi insieme a molti altri piccoli e grandi fallimenti) può imporre a soggetti potenti come Telecom di rivedere non solo prezzi e comportamenti ma anche di ripensare in qualche maniera la titolarità della rete di accesso in rame del paese. Che fino a ieri erano solo doppini per trasportare il traffico voce da una casa all’altra e che oggi invece sono tutt’altro. Sono l’asse portante dello sviluppo tecnologico prossimo futuro della nazione, da quando si è scoperto che dentro quei fili di rame può passare quasi tutto, dalla internet ad alta velocità, al segnale Tv, dalla telefonia su IP a qualsiasi nuova meraviglia di dopodomani.
Così come è accaduto in Inghilterra ci sono in Italia due sole ipotesi politiche: o la rete trasmissiva torna in qualche maniera di proprietà dello Stato (come fosse una strada, per intenderci) o il suo utilizzo inizia ad essere molto strettamente controllato per creare pari condizioni a tutti gli operatori che intendono farne uso. La seconda ipotesi è oggi forse meglio della prima. Il che significa che la attuale Authority Comunicazioni dovrebbe trasformarsi in un organismo differente da quello sonnolento ed inutile che ci ha “assistito” fino ad ora. Un organismo, per segnare una traccia di lavoro futura, realmente al servizio dell’interesse comune: l’esatto opposto di quello che è stato fino a ieri, sotto la guida del serafico Professor Enzo Cheli. Non è un obiettivo impossibile: la Ofcom inglese è un ottimo esempio da seguire.
La lista dei danni all’interesse comune dovuti alla politica commerciale di Telecom Italia negli ultimi anni è lunga e dolorosa. Andiamo dalla difesa strenua della tariffa a tempo per il traffico dati (la famosa TUT) di un decennio fa, alla negazione delle opzioni di accesso flat a Internet su rete analogica. Proseguiamo con l’idea assurda ed originale di un accesso a Internet su adsl a consumo per arrivare ai recenti reiterati tentativi di chiedere un canone supplementare per il traffico Voip. Poi ci sono numerosi altri comportamenti anticoncorrenziali più volte stigmatizzati e riconosciuti ma che non hanno in realtà portato nessun danno concreto alla azienda e che quindi non hanno causato nessun significativo cambio di rotta. L’ultima, la sanzione milionaria (abuso di posizione dominante, 152 milioni di euro di multa) comminata dall’antitrust di Tesauro poi provvidenzialmente (e prevedibilmente) bloccata dal TAR del Lazio.
Oggi nuove nubi oscure si addensano sui comportamenti dell’ex monopolista: si tratta di questioni tecniche complesse che riguardano ancora una volta i prezzi all’ingrosso delle linee DSL in questo paese e la scarsa chiarezza che li circonda: per una più approfondita comprensioni delle quali rimando a questo post di Beppe Caravita sul suo blog.
Ma le pedine in gioco restano sempre le medesime: una azienda anomala che sfrutta Internet, vende accessi a Internet ma sembra non credere ad Internet. Che applica ai rapporti con la concorrenza tattiche di mercato per lo meno spregiudicate. E dall’altra un controllo politico ed istituzionale che in questi anni ha dato il peggio di sé con Ministri ed organismi di controllo solidali con gli interessi dell’ex monopolista e per questo in grado di supportarne le politiche commerciali. Sul ruolo della stampa meglio far scendere un velo pietoso: pensate, per fare un solo esempio, al rumoroso silenzio durato anni sulle truffe legate ai dialer che hanno coinvolto migliaia di cittadini.
A primavera ci sono le elezioni politiche (sul governo in carica è ormai il caso di non farsi troppe illusioni): chiunque le vincerà deve sapere che oggi la questione della apertura del mercato delle telecomunicazioni è uno dei problemi basilari. Personalmente non mi faccio troppe illusioni. Ho “visto cose” in questi anni, perpetrate sia da parte di governi di centro-destra che di centro-sinistra, che gridano vendetta. Oggi è necessario convenire sul fatto che questa miopia non può durare troppo a lungo. Il palo sul quale sbattere (definitivamente) il muso è giusto lì dietro l’angolo.
Massimo Mantellini
Manteblog
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