Contrappunti/ Benaltristi benpensanti

Contrappunti/ Benaltristi benpensanti

di M. Mantellini - L'opinione pubblica, intesa come la maggioranza della popolazione, di Datagate, Wikileaks e Aaron Swartz se ne infischia. Giornali e cittadini, tutti sulla stessa barca
di M. Mantellini - L'opinione pubblica, intesa come la maggioranza della popolazione, di Datagate, Wikileaks e Aaron Swartz se ne infischia. Giornali e cittadini, tutti sulla stessa barca

Accidenti che tempi tristi. Sapete chi sono, per molti americani , Edward Snowden, Bradley Manning e Aaron Swartz? Sono abitanti di una terra di mezzo che potremo chiamare noncuranza. Non sono i delinquenti che il Governo USA insegue e condanna e non sono gli eroi delle libertà civili, pagate sulla loro personalissima pelle, che molti di noi pensano che siano.

Sono esibizionisti forse, perché oggi ormai la leva della visibilià mediatica ha avvelenato qualsiasi capacità di giudizio e spento ogni morale: sei arrivato in TV, la tua foto è nelle prime pagine dei giornali di tutto il mondo? Allora di sicuro c’è qualcosa che non va, sei un narciso in cerca di pubblica conferma, l’ospite insistente di un talk show televisivo al quale nessuno ti aveva invitato. Esibizionisti, oppure sposatori di cause perse o irrilevanti, questo pensano in moltissimi.

Sono tempi tristi, non solo per questi ragazzi, quasi sempre giovani e in buona fede, che vorrebbero cambiare il mondo e ai quali il mondo risponde tranquillamente che no, non vuole essere cambiato, grazie, ripassi magari un’altra volta. Ma lo sono, tristissimi perfino, per la stampa che ha perso anch’essa buona parte del suo afflato etico (non a caso il New York Times sulla vicenda Snowden ha dato spesso il peggio di sé) e perfino per le università, altro luogo dove storicamente il mondo veniva in passato cambiato, in meglio o in peggio non so, ma comunque cambiato, spesso con commoventi legami fra studenti e professori sognanti.

Dal maggio francese a Berkeley, perché solo l’incoscienza dei vent’anni è capace di spostare i mobili pesanti e togliere la polvere da dietro, anche questo sembra essere ormai il retaggio di un passato che non esiste più. Il MIT di Boston ha pubblicato una lunga personale difesa nel caso doloroso e tristissimo di Aaron Swartz, il giovane attivista suicidatosi dopo che tutti intorno a lui avevano alzato il bavero della noncuranza e lasciato mano libera al solito usuale inquisitore americano. Ora il MIT dichiara sottovoce di non aver fatto abbastanza per difendere lo studente che dalla rete del campus scaricava documenti da Jstor per renderli pubblici, ma di non aver avuto alcuna colpa diretta, di non averlo accusato e di non aver chiesto al magistrato di perseguitarlo.

Così anche la prestigiosa università accondiscende alla noncuranza del “fate voi”, accusate pure, minacciate pure, mandate in galera se volete, magari per 30 anni, ma non dite che siamo stati noi a chiederlo, perché a noi, nella sostanza non ce ne importa nulla. E a nulla vale sottolineare che le azioni di Swartz si inserivano con precisione millimetrica nella mission di quella stessa università, le solite belle e inutili parole sulla condivisione del sapere e sulla sua necessaria libertà. Poi quando un ragazzo di vent’anni si uccide la prestigiosa università annuncia con sollievo la propria neutralità che è, guarda caso, la medesima dell’americano medio e forse dell’europeo medio quando si parla di Assange o di Snowden, di Manning o appunto di Swartz. Vittime? Forse no. Eroi? Men che meno.

Dietro l’enorme chissenefrega che sintetizza tutte queste differenti vicende è possibile quasi sempre ricostruire posizioni e scelte di campo, per esempio quella chiarissima della stampa USA, quella che al tempo dei Pentagon Papers era sulle barricate a raccontare il Vietnam mai visto ora è nello studio di Obama a chiedere il permesso di pubblicare questo o quel pizzino, o a maledire per piccoli sottintesi il quotidiano britannico che prova a prenderne il posto nell’immaginario sognante dei lettori.

Anche questi ultimi sembrano del resto ampiamente decaduti nel loro ruolo di spina dorsale della morale pubblica, tanto che forse lo sport di minimizzare Snowden o compatire Manning o ironizzare su Assange più che una reazione automatica da bimbi dell’asilo è la razionale analisi dell’esistente. Non esiste più alcun giornalismo da barricata in Occidente, perché per qualche ragione, sono proprio finite le barricate. I pochi eroi che continuano ad infischiarsene del senso comune, della melma ideologica nella quale sono immersi e dalla quale vogliono uscire, muoiono o vengono incarcerati nella diffusa noncuranza di tutti.

Nel caso di Swartz questo cortocircuito non è ancora del tutto compiuto solo perché, per paradosso, basta una sola delle tante bellissime foto del giovane hacker sorridente per cancellare qualsiasi dubbio. Ognuna di quelle immagini racconta con grande chiarezza quanto siamo poveri e tristi e miseri, tutti quanti noi, dentro i nostri distinguo da quattro soldi.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
5 ago 2013
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