Visto che ormai il fenomeno del blogging ha assunto dimensioni tali da non poter essere considerato una moda di stagione, è abbastanza normale che escano studi ed analisi come quello che Pew Internet & American Life Project ha pubblicato giusto qualche giorno fa dal titolo Bloggers, a portrait of the internet’s new storytellers .
I risultati dell’indagine, come al solito molto ben fatta, dicono cose che in buona parte già conoscevamo. In particolare, che mantenere un blog non è nulla di straordinario, una attività comunicativa “naturale” rivolta solitamente verso un numero ridotto di persone in ascolto; una attività “di racconto” che nella maggioranza dei casi occupa una frazione molto piccola della propria giornata.
Non si tratta di un semplice hobby, come molti degli intervistati hanno invece affermato, ma di qualcosa di più: “il blogging – scrive il rapporto – sta ispirando un nuovo gruppo di scrittori e creatori a condividere la propria voce col mondo” . Una definizione molto azzeccata, con – mi pare – scarse parentele col giardinaggio. Del resto esprimono bene questo concetto gli intervistati stessi, il 52% dei quali afferma di mantenere un blog per “esprimere la propria creatività” mentre il 50% blogga per “documentare le proprie esperienze personali e condividerle con gli altri” .
Lo studio fa luce poi con assoluta chiarezza su un’altra questione della quale si è in passato molto discusso, affermando che la grande maggioranza dei blogger non pensa nemmeno lontanamente di esercitare una attività di tipo giornalistico. Per tali ragioni, come è logico, solo un ristretto numero di blogger si pone il problema del controllo della fonti di quanto afferma. Quella del confronto fra blog e giornalismo è stata in effetti una forzatura regalataci in questi anni dal mondo del giornalismo stesso, probabilmente per lo spavento legato all’improvviso spostamento del baricentro informativo. Nel giro di poco tempo infatti molti lettori di giornali e siti web informativi hanno iniziato a pretendere di conversare fra loro e con i giornali stessi e tutto ciò a qualcuno deve essere parsa come una usurpazione inaccettabile. Quello che sta cambiando insomma non è tanto il distributore di informazioni (professionista o amatore che sia), ma il tipo di lettore della notizia stessa.
Non è un caso che lo studio di Pew disegni un universo di blogger che sono prima di ogni altra cosa lettori di altri blog così come di siti web informativi, in misura molto superiore alla media degli altri navigatori della rete. E forse la domanda da porsi oggi potrebbe essere se questa avanguardia più o meno consistente che sta ridiscutendo i rapporti fra chi forma la notizia e chi la consuma, possa nel tempo diventare il paradigma del “nuovo lettore” o se invece, come potrebbe accadere, la grande massa dei cittadini deciderà di accontentarsi della usuale subalternità informativa di tipo broadcast che ha caratterizzato gli ultimi 100 anni.
C’è voluto un decennio perché Internet iniziasse a svilupparsi nella direzione della stretta interazione sociale fra i suoi abitanti. Quello che tutti oggi chiamiamo con un po’ di prosopopea “Web 2.0” e che viaggia ormai con estrema sicurezza dentro le definizioni e le ipotesi di sviluppo dei grandi gruppi imprenditoriali in rete, non è nient’altro che la strada naturale della crescita della rete, all’interno della propria architettura originale. Un posto nel quale la parola centrale, il reale punto di svolta che fa di Internet un ambiente senza pari, era e resta il termine “condivisione”. Una internet che condivide è una internet che segue l’idea di coloro che l’avevano immaginata, capace di inventare, per se stessa e per i suoi utenti, un numero sempre crescente di “giochi a guadagno condiviso” all’interno dei quali, esattamente come accade alla reti sociali che si sviluppano fra blogger, ogni partecipante percepisce una qualche forma di profitto individuale dall’ambiente circostante.
Il blogging si inserisce perfettamente dentro un simile scenario e forse in questo sta la ragione della sua ormai irresistibile ascesa. Che non dipende tanto dalla sua attitudine a contrapporsi agli altri sistemi di elaborazione dell’informazione che tutti ogni giorno utilizziamo ma piuttosto dal proporsi come protocollo condiviso del proprio essere on line.
Si tratta di una vasta platea di persone, prevalentemente giovani (oltre il 50% ha meno di 30 anni), che occupa una quota del proprio tempo on line condividendo opinioni, esperienze e gusti per la semplice voglia di farlo. Produttori di contenuti ? non ha molta importanza di quale livello ? che si sottraggono per almeno una frazione della propria giornata al martellamento incessante della TV per trasformarsi essi stessi in “emettitori di segnale”. Piccoli mattoni di un nuovo panorama informativo che obbliga un po’ tutti a rivedere la propria posizione nei confronti delle notizie, della loro elaborazione e del loro commento.
All’interno della ricerca, un’unica indicazione di segno chiaramente negativo. Solo una piccola minoranza dei blogger intervistati (il 18%) offre ai propri lettori un feed RSS del proprio sito. Andava comunque peggio un anno fa quando solo il 9% dei navigatori della rete interpellati da Pew sapeva cosa fossero e come funzionassero gli utilissimi, fantastici, immarcescibili ed insostitubili feed RSS.
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