Contrappunti/ Crack e Digg, applausi precoci

Contrappunti/ Crack e Digg, applausi precoci

di M. Mantellini - Le mosse di Digg, le intenzioni delle major ma soprattutto il comportamento degli utenti: quanto sta avvenendo con il crack HD DVD è ben lontano dal chiudersi. Anche perché il netizen fatica a sentirsi citizen
di M. Mantellini - Le mosse di Digg, le intenzioni delle major ma soprattutto il comportamento degli utenti: quanto sta avvenendo con il crack HD DVD è ben lontano dal chiudersi. Anche perché il netizen fatica a sentirsi citizen

Il mio amico Gaspar Torriero, qualche giorno fa concludeva il post sul suo blog dedicato alla rivolta di Digg con due parole separate da una virgola: “Applausi, sipario”. Si riferiva al finale (apparente) della vicenda di cui si è molto parlato nei giorni scorsi, della pubblicazione su Digg delle chiavi di decodifica degli HD-DVD. Pubblicazione ripetuta migliaia di volte dagli utenti di Digg nel momento in cui essi stessi si sono resi conto del fatto che il sito, per accondiscendere ad una minacciosa lettera legale, stava cancellando tutte le segnalazioni in arrivo che contenevano la sequenza crittografica in questione. Gli applausi di Gaspar si riferiscono al commento finale di Kevin Rose creatore di Digg, il quale, travolto dalla rabbiosa reazione degli utenti del suo fortunato servizio ad una simile operazione di certosina censura, cambia idea e decide di “passare dalla parte degli utenti” ignorando le minacce legali e interrompendo la rimozione del codice incriminato. Il sipario indicherebbe, verosimilmente, la fine della storia.

Tuttavia con ogni probabilità la storia non è finita e perfino gli applausi, ai quali in altri casi simili ci siamo sempre associati, necessitano forse di qualche ulteriore approfondimento.

Molti commentatori in questi giorni hanno raccontato questa storia con i registri classici: quelli della rete non controllabile, che sfugge ad ogni sorta di imposizione, che trova modi e maniere per opporsi ai tentativi di interruzione dei flussi informativi. Si tratta di una interpretazione usuale, letta molte volte in passato, che in buona parte condividiamo. Ma che oggi suona francamente insufficiente.

Kevin Rose ha definito martedì scorso (il giorno della rivolta dei suoi utenti) una “giornata difficile” e cosi certamente deve essere stato. Il futuro stesso di Digg, una delle start-up più interessanti del Web 2.0 che ha fatto guadagnare tempo fa al suo creatore la copertina di Business Week , è certamente stato (ed e tuttora) in discreto pericolo, specie nell’ottica di una eventuale acquisizione. Certamente l’irrequietezza dei suoi utenti e l’impossibilità di controllarne i comportamenti non facilita l’idea di un utilizzo commerciale tranquillo e profittevole della piattaforma.

In ogni caso la riproposizione su Digg (o in qualsiasi altro luogo della rete, c’è stato perfino un pazzo scatenato che ha composto una canzone usando il codice come testo e l’ha pubblicata su YouTube) della codifica degli HD DVD racconta qualcosa di supplementare e forse utile da approfondire.

Si tratta intanto di una operazione a costo zero. Questo è uno dei limiti più evidenti di molte delle attività di orientamento sociale in rete che spesso prendiamo ad esempio di una nuova identità politica mediata da Internet. Esprimere un parere, partecipare ad un movimento di opinione, mettere su Digg una breve sequenza numerica, non costa molto in termini di tempo o di energie spese. Non ci sono treni da prendere, striscioni da preparare, ore di mancato guadagno da sopportare, in nome di causa belle e giuste. Tutto su Internet si può fare in un attimo ed il risultato partecipativo apparentemente è il medesimo. Milioni di post in giro per il web che, copiando ed incollando 16 coppie di numeri e lettere, inneggiano alla libertà della rete e raccontano una ampia coesione in nome di sacrosanti principi di libertà così come una allergia diffusa ad ogni forma di censura. Tutto troppo bello.

Digg è una grande comunità sostanzialmente gestita dagli utenti e questo la rende da molti punti di vista più aggressiva di altre nei confronti di tentativi di controllo esterno. In questo risiede una delle ragioni della rivolta dei suoi utenti verso i tentativi di censura alla diffusione del codice craccato, un codice il cui spargersi a macchia d’olio in rete certamente non è dipeso da Digg né dai suoi utenti e che sarebbe comunque avvenuto. Nel momento in cui scrivo, su Google, a meno di una settimana di distanza dalla sua diffusione, ci sono più di un milione di pagine web indicizzate contenenti la sequenza di numeri e lettere incriminata. Come diceva profeticamente Lucio Dalla più di trent’anni fa “il pensiero è come l’oceano: non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare” ma questo non significa che la libera circolazione delle idee in rete debba caricarsi di significati supplementari rispetto a quelli che già ha. Il più importante dei quali è quello pratico della impossibilità di spedire lettere di cease and desist ad un milione di differenti cittadini del globo.

Il punto semmai oggi sembrerebbe quello della necessità di iniziare a collegare meglio mondi che sembrano differenti ma che differenti non sono. Perché la mancanza di “costi vivi” è forse la ragione principale che rende le proteste in rete differenti da quelle che avvengono nella vita reale, che ne annacqua l’importanza ed il valore all’interno della società, che le omogeneizza rendendole sostanzialmente tutte uguali, tutte invariabilmente ininfluenti nelle decisioni pratiche della politica e dell’amministrazione pubblica. Le proteste in rete sono refoli di vento anche se agli utenti di Internet possono sembrare vere e proprie tempeste in grado di corroborarci l’animo, confortandoci sul valore della democrazia e di una lunga serie di valori importanti ai quali tutti mostriamo di credere.

Ma quasi mai al “contiamoci” che la rete catalizza seguono capacità di influenzare scelte e decisioni nelle sedi deputate. Internet vive in questo splendido e fastidioso isolamento politico: rappresenta ancora una sorta di Arcadia nei cui laghetti specchiare la bellezza dei nostri principi senza poi doverci caricare di seccature supplementari.

E questo rende gli applausi nel momento della chiusura del sipario certamente meno convincenti di quanto potrebbero essere, nell’attesa del momento in cui – e qui rubo una frase bellissima che ho sentito pronunciare a Sergio Maistrello qualche tempo fa – i “cittadini digitali” decidano di diventare semplicemente “cittadini”.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
7 mag 2007
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