Il sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci ha aperto la propria personale battaglia contro i “teppisti del web”. Non sono quelli che frequentano la sua pagina Facebook , ma anche tutti quelli che scrivono di lui su Internet. “Scandaglierò il web” ha dichiarato – e li trascinerà in tribunale.
Tutto nasce da una indecorosa vicenda ravennate che coinvolge banche, curia, suore, amministratori locali e tribunali a margine della eredità di un nobile locale che decise a suo tempo di dare rifugio alle orfanelle della città. Ma se la diatriba a margine dell’ Orfanatrofio Galletti Abbiosi , ora trasformato in elegante bed and breakfast, è istruttiva ma non ci riguarda direttamente, le peripezie del Sindaco con la comunicazione elettronica sono utili a svelare un mondo.
A colpi di esposti ai Carabinieri pubblicati in copia sulla sua pagina Facebook, Fabrizio Matteucci ha presentato la contabilità delle offese che lo riguardano. Si tratta di espressioni tipo “ladro”, “bugiardo” e anche alcune minacce personali, pubblicate in alcuni commenti su Facebook. Dopo alcuni giorni di grande rigidità il Sindaco sembra poi averci un po’ ripensato ed ha scritto, sempre su Facebook, che chi gli ha dato del “cretino” verrà semplicemente bannato (così come altri ravennati che affermano sempre su Facebook di essere stati bannati dalla pagina del Sindaco in conseguenza delle critiche espresse).
Fatte salve le prerogative difensive di ognuno, compresa quella di intasare le aule dei tribunali con cause per diffamazione verso orfanelle oggi ultrasettantenni che mostrano in Rete il proprio risentimento, l’iniziativa del primo cittadino di Ravenna ha raccolto su Facebook un numero piuttosto ampio di commenti delusi da parte dei suoi elettori ma può soprattutto essere utilizzata come esempio di una incapacità molto ampia e diffusa a comprendere i nuovi limiti che la comunicazione elettronica impone al valore delle parole.
Si tratta di un tema spinoso ed importante del quale nelle aule legislative non si discute ancora ma che non potrà essere evitato ancora per molto. Semplificando al massimo potremmo dire che Internet oggi è un luogo di relazioni sociali molto prima che di qualsiasi altra cosa. Lo è da sempre ma negli anni la vocazione relazionale della Rete ha travolto quasi tutto il resto, imponendo strumenti come Facebook o Twitter dove il pensiero istantaneo diventa segno editoriale.
Matteucci come molti altri confonde (o finge di confondere) il borbottio vocale con la parola inchiostrata. In Rete entrambi si presentano nella medesima forma digitale ma mantengono valore semantico profondamente differente. Se il sindaco di Ravenna possedesse un enorme orecchio capace di registrare tutte le conversazioni dei suoi concittadini nelle piazze, dentro i negozi, negli uffici e nelle case, cosa farebbe? Denuncerebbe ai Carabinieri ogni singola espressione offensiva a lui dedicata? Il fatto che questo grande orecchio oggi esista e sia pubblico complica molte cose ma dovrà prima o poi spostare, almeno in parte, la percezione e la soglia di punibilità delle espressioni oggi considerate diffamatorie. È un tema di adeguamento legale alla comunicazione elettronica per i prossimi anni che in molti fingono di non vedere.
Poi Matteucci ci mette del suo, desideroso di rappresentare al mondo la propria inadeguatezza di politico in Rete (per esempio saltando i filtri delle segnalazioni a Facebook per i commenti denigratori) ma questo è tutto sommato un altro discorso, così come è un altro discorso l’ampia incapacità da parte della classe politica ad ammettere le proprie peculiarità simboliche, dando corpo all’altro paradosso secondo il quale sono proprio i nostri rappresentanti, quelli fisiologicamente maggiormente esposti alle critiche ed al giudizio dei cittadini, a mostrare soglie molto basse di sopportazione verso le contestazioni più o meno educate al loro operato.
Facebook e Twitter, ma anche i blog e i commenti in giro per la Rete, secondo la vulgata corrente hanno scatenato il peggio di noi: il diaframma protettivo dello schermo ha liberato parole che un tempo non sarebbero state condivise e ci ha trasformato in legioni di anonimi codardi, silenziosi ed accondiscendenti di fronte al potere in carne ed ossa ma scatenati ed impudenti appena quella stessa autorità ci volta le spalle. Anche questo in qualche misura è vero, anche in questa direzione si dovrà procedere per avvicinare la nostra identità digitale ai parametri di responsabilità cui siamo abituati dalla nostra vita precedente. Mentre tutto questo lentamente accade, non sarà troppo avventato ipotizzare che le persone in fondo sono sempre le stesse, qualsiasi siano gli ambienti che frequentano. Esistono buoni e cattivi politici, buoni e cattivi cittadini. Quello che non possiamo fare è adattare le regole della nostra convivenza ai peggiori di entrambi.
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