Mentre il Papa, con una mossa a sorpresa, si riferisce ad Internet come a un luogo da evangelizzare con entusiasmo ed audacia, nella giornata di mercoledì prossimo si terrà a San Francisco una delle più note messe laiche che la rete Internet possa offrire ai suoi navigatori. Come avviene ormai ogni anno, seguendo un rito preparatorio consolidato, fatto di dubbi, indiscrezioni, previsioni più o meno azzeccate e centinaia di immagini create con Photoshop di prodotti immaginari che mai nessuno presenterà, fra qualche giorno allo Yerba Buena Center for Arts, nel centro della città californiana, Apple officerà il proprio usuale rito di inizio anno, presentando i nuovi prodotti. Ed il liveblogging dell’evento (rigorosamente escluso da ogni diretta in streaming) assorbirà l’interesse di milioni di navigatori.
Da qualche anno a questa parte le presentazioni dei nuovi device della casa di Cupertino soffrono di una strana sindrome: si tratta di eventi che risultano alla fine meno interessanti del lungo eccitante periodo di preparazione che li precede. Tutto qui? si chiedono in rete migliaia di persone che hanno seguito per settimane lo stillicidio di indiscrezioni sui blog e sui grandi quotidiani, che hanno osservato con attenzione sfuocate immagini di possibili irrilevanti particolari (una custodia, un package esterno, il manuale di istruzioni) di prodotti che non ancora non esistono. E che, nella maggioranza dei casi, continueranno a non esistere anche dopo l’evento e saranno rapidamente dimenticati. Non sarebbe una cattiva idea un sito web che raccogliesse tutti i nuovi prodotti Apple che non sono venuti: se ne otterrebbe una galleria improbabile, borgesiana, lunghissima ed interessante.
I professionisti del marketing vi diranno che quella di Apple è una straordinaria strategia di comunicazione, affinata negli anni e studiata nei minimi particolari, capace di far crescere l’attesa a dismisura verso i prodotti della Mela ed incentrata in parte sull’alone di mistero che precede l’evento, in parte sul fascino (e da qualche anno, purtroppo, anche sulle condizioni di salute) di Steve Jobs.
In realtà non è esattamente così, e questa è anche la ragione per cui nessuna altra azienda al mondo è oggi in grado di emulare le cerimonie laiche di San Francisco. Il fatto è che Apple ha stabilito con la propria clientela un legame che assomiglia molto a un blasfemo atto di fede. Come in ogni culto che si rispetti non è tanto importante (anzi non lo è per nulla) se le basi di questo rapporto siano o meno sensate, se i prodotti della Mela siano davvero migliori di quelli della concorrenza o se valgano la differenza di prezzo: vale invece la scintilla che affianca marchio e clientela, una corrispondenza di amorosi sensi in gran parte sostenuta da ragioni sentimentali sulle quali non è semplice dissertare. Dove il valore assoluto del prodotto è importante ma non è tutto.
Apple non è una azienda buona. Non lo è mai stata. I suoi business sono spesso fuori dalle dinamiche di rete che hanno fatto grande Internet. Si è distinta negli anni per i suoi atteggiamenti aggressivi verso gli ambienti di sviluppo aperti, per aver trascinato in tribunale blogger minorenni che pubblicavano indiscrezioni dal sacta santorum dei nuovi prodotti che verranno, ultimamente si è guadagnata la giusta riprovazione per aver censurato sul mercato cinese applicazioni per iPhone sul Dalai Lama. Ma tutto questo evidentemente non basta ad incrinare un rapporto saldo con una clientela capace essa stessa di trasformarsi in megafono ed amplificatore della comunicazione aziendale.
Inutile scriverci trattati o elaborare strategie: si tratta di un rapporto in larga parte non replicabile. Ai professionisti della comunicazione che studiano le tecniche di Apple per applicarle allo sbarco online del “Maglificio Ileana” occorre dire subito che non funzionerà.
Nel frattempo, come spesso accade in occasioni simili, l’attesa è meglio dell’evento. Le indiscrezioni sono più affascinanti delle specifiche tecniche che verranno. Creano un mondo a parte dove è ancora tutto possibile. E lo fanno in un luogo che è sempre più importante: il piccolo insignificante mondo degli oggetti elettronici che riempiono le nostre vite.
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