Roma – Dopo un anno di attività, dopo decine di convegni, dopo i lavori della task force sulla larga banda con le sue fulminanti conclusioni sul dissesto tecnologico italiano, oggi per Lucio Stanca, Ministro della Innovazione della Repubblica, sembra giunto il momento di tirare le somme e tramutare le parole in fatti.
Se è così, i fatti sulle prospettive di sviluppo della larga banda in Italia raccontano questo: su circa 1800 milioni di euro che il governo è intenzionato a stanziare nei prossimi 3 anni (salvo probabilissimi tagli dell’ultima ora), 1160 saranno destinati alla messa in rete della Pubblica Amministrazione, circa 500 andranno a quanti fra gli operatori delle comunicazioni decideranno di investire in infrastrutture tecnologiche, mentre 100 milioni di euro serviranno ad incentivare la domanda privata di collegamenti veloci alla rete.
Gli orientamenti di Stanca sulla larga banda sono così definitivamente usciti dalla usuale ambiguità politica di “una parola buona per tutti” che ha caratterizzato il primo periodo della sua attività di Ministro e sono oggi trasparenti a sufficienza.
Cosa ci dicono queste cifre? Sembra evidente che il plenipotenziario dell’Innovazione ritenga che la grande maggioranza dei fondi che il Governo è in grado di dedicare allo sviluppo tecnologico debbano essere spesi per mettere online le amministrazioni centrali e periferiche, le scuole (speriamo statali) e gli ospedali (speriamo pubblici). Si tratta di una priorità indiscutibile, anche se non vorremmo essere nei panni del Ministro nel momento in cui dovrà vigilare sulla attuazione di tali investimenti nei confronti di una struttura statale che, in molte regioni, è ancora su standard tecnologici tardo medioevali.
Le altre due fette della torta che il governo destinerà allo sviluppo tecnologico del paese sono invece assai più criticabili. Intanto appare evidente che nel prossimo triennio nessuno dei mille volte promessi incentivi governativi allo sviluppo della larga banda per gli utenti domestici si realizzerà. Tanto vale mettersi il cuore in pace: 100 milioni di euro per l’utenza casalinga sono una cifra poco più che simbolica, da dividere oltretutto anche con le piccole e medie imprese. Così facendo, il Ministro lascia mano libera agli operatori delle telecomunicazioni sulle offerte di connettività a larga banda destinate alle case degli italiani: unico freno, la difficile attività di vigilanza della Authority delle Garanzie nelle Comunicazioni.
In altre parole, la grande maggioranza dei comuni della penisola rimarranno esclusi dai servizi ADSL, almeno in quelle zone (e sono tantissime) che le compagnie di telefonia, prima fra tutte Telecom Italia, riterranno non remunerative.
Vale la pena sottolineare – tanto per dire una cosa inutile ma vera – che l’orientamento espresso dal Ministro è in netto contrasto con le recenti indicazioni della Unione Europea in materia di comunicazione elettronica. Nella sua direttiva del marzo scorso, la UE si raccomanda che: “…i servizi siano messi a disposizione di tutti gli utenti finali ad un determinato livello qualitativo a prescindere dall’ubicazione geografica dei medesimi, e tenuto conto delle specifiche circostanze nazionali, ad un prezzo abbordabile.”
Continua poi il documento, se le indicazioni non fossero a questo punto sufficientemente chiare: “Gli Stati membri possono, nel quadro degli obblighi di servizio universale e tenuto conto delle circostanze nazionali, adottare misure specifiche a favore dei consumatori che vivono in zone rurali o geograficamente isolate per assicurare il loro accesso ai servizi….”
Ma si sa, la Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea utilizza troppo spesso verbi coniugati al condizionale e la applicazione delle sue indicazioni da parte degli stati membri (in particolare del nostro) è in genere molto poco puntuale. Unica consolazione, di fronte ai 100 milioni di euro che il governo “forse” impiegherà nei prossimi tre anni per incentivare la larga banda nelle case degli italiani, per i nostri politici tecnologici si dovrebbe almeno chiudere un periodo: quello in cui era possibile vezzeggiare gli utenti con promesse di accessi a larga banda per tutti, tediarli con seriosi ammonimenti su come il paese si opporrà al digital divide o blandirli con colte citazioni di illuminanti esperienze d’oltreoceano di prossima imminente applicazione anche da noi.
Oggi le chiacchiere sono al capolinea e il messaggio è più che chiaro: gli unici incentivi che saranno previsti nel prossimo futuro da parte del governo riguarderanno, tanto per cambiare, gli operatori della telefonia i quali, in una dinamica di domanda-offerta evidentemente limpida ed in un clima di sana e leale concorrenza, determineranno non solo i prezzi, ma anche le modalità per l’accesso alla rete a larga banda in Italia.
Alcune associazioni come la ANFOV, “l’associazione per la convergenza nei servizi di comunicazione”, in conseguenza delle scelte del Ministro hanno violentemente protestato , proponendo di elevare ad almeno 500 milioni di euro i fondi che lo Stato dedicherà alla detassazione della domanda di larga banda.
A noi oggi interessa invece sottolineare non soltanto la portata demagogica delle dichiarazioni che abbiamo letto negli ultimi mesi, ma anche una evidente divergenza. Quella fra le conclusioni della task force sulla Larga Banda che il Ministro Stanca stesso ha voluto e le scelte del Ministro stesso di questi giorni.
Scrivevano molto chiaramente i componenti della task force solo qualche mese fa nel rapporto inviato a Stanca:
“Senza un ruolo di indirizzo, coordinamento e stimolo degli investimenti e della domanda, i tentativi di lasciare completamente alle dinamiche di mercato lo sviluppo dei sistemi di comunicazione, non hanno portato risultati soddisfacenti”
Oggi il Ministro, presentando i suoi numeri sugli investimenti per lo sviluppo tecnologico del paese nei prossimi tre anni ha evidentemente scelto di fare l’esatto contrario di quanto raccomandato. Ancora una volta il mercato ( quello drogato, anticoncorrenziale, litigioso delle TLC in Italia) vince e potrà imporre in quasi assoluta libertà le proprie scelte culturali oltre che commerciali agli utenti internet italiani. E lasciatemelo dire: non è una bella notizia.