Roma – Leggo sempre con religiosa attenzione gli editoriali di Marco Calamari su PI e forse per questo oggi vorrei aggiungere qualche considerazione a quelle contenute su Cassandra Crossing di venerdì scorso dedicato alla vicenda Fon. Calamari ha più volte sottolineato negli ultimi mesi alcuni punti di debolezza che caratterizzano l’iniziativa di condivisione della banda dsl nata in Spagna per iniziativa di Martin Varsavsky che va sotto il nome di Fon. Lo ha fatto da un lato sottolineando le incertezze normative che potrebbero interessare chi decida di sottoscrivere il servizio in Italia, dall’altro stigmatizzando a più riprese la natura commerciale e non “sociale” della iniziativa.
Si tratta, come si vede, di due contestazioni molto diverse alle quali vorrei rivolgere anch’io qualche attenzione. Sulla natura commerciale di Fon credo ci sia poco da discutere. È sotto gli occhi di tutti, per lo meno da quando molti soldi sono arrivati a supporto dell’iniziativa da capitalisti di ventura americani e direttamente da società come Google e Skype. Il fatto che il software utilizzato non sia aperto o che Fon oggi si muova all’interno della logica delle startup della nuova economia può piacere o meno, ma credo che ben pochi fra i foneros italiani siano stati confusi dall’utilizzo esteso di alcuni aggettivi come “sociale” che Fon riserva ai suoi utenti. Quello che è certo è che si tratta di una iniziativa su scala mondiale in nessuna maniera paragonabile agli esperimenti “sociali” di condivisione wireless della propria connessione dsl come NYC wireless e simili.
Certo le iniziative di sharing locale della connettività sono benedette ed auspicabili ma nel contempo è assai difficile immaginarle al di fuori della propria dimensione locale, non foss’altro per banali ragioni organizzative. Fon invece, indipendentemente dal fatto che possa avere e non avere successo, nasce come un progetto globale, che trova il suo eventuale senso solo nella grande diffusione della mappa dei foneros.
Fon (o iniziative analoghe) potrebbe poi rivelarsi domani un serio problema per le telco i cui utenti, come è noto, potrebbero decidere non solo di “condividere” gratuitamente la propria banda wireless con vicini di casa o estranei di passaggio, ma, nel caso specifico, anche immaginarsi una forma di subaffitto della propria adsl rivendendola ai passanti. Non è difficile immaginare che i prossimi contratti di accesso alla rete che i vari ISP ci faranno firmare sottolineeranno ancora di più di quanto non facciano oggi la non liceità di simili comportamenti.
Questa idea di leggera illegalità (sempre che possa esistere una illegalità di confine) sia essa contrattuale o normativa, si acuisce in Italia in maniera ulteriore di quanto non avvenga in Spagna o in Francia, in virtù delle vigenti leggi sull’utilizzo delle frequenze wireless. Si tratta, lo sappiamo tutti, di una normativa pensata ai tempi del Ministro Gasparri, figlia di una unica preoccupazione, quella di non scontentare gli interessi teorici di Telecom Italia, che vedeva nella possibile proliferazione degli hotspot un rischio per il proprio business a banda larga. Abbiamo perduto molti anni ad attendere che il wi-fi venisse almeno in parte reso disponibile per altri utilizzi che non fossero quello di irrigidirsi nel congelatore dell’ex monopolista ed oggi, dopo alcuni timidi passi avanti, ulteriori normative nel frattempo sopraggiunte, come il decreto Pisanu antiterrorismo, rendono ancora una volta il nostro un paese differente dagli altri per ciò che attiene alle modalità di collegamento alla rete.
Così oggi Fon è molto probabilmente illegale in Italia ma si tratta di una illegalità che dal mio punto di vista necessita di alcune ulteriori specificazioni: assomiglia a certe illegalità marginali (come per esempio cantare una canzone di Baglioni ad un pranzo in un ristorante) delle quali ci piacerebbe tanto non occuparci. Illegalità alle quali, di fatto, non tutti intendono badare. Detto questo, una cosa va certamente sottolineata: nel sito web italiano di Fon non c’è alcuna traccia (o se c’è io non l’ho trovata) di simili opportune specificazioni sui teorici rischi legati alla condivisione o alla “rivendita” della propria banda DSL e questa opacità – tocca dirlo – non è bella e andrebbe corretta al più presto.
Perchè una cosa è scegliere con cognizione di causa di contrapporre a norme inutili comportamenti conseguenti, un’altra è iscriversi ad un servizio che si suppone perfettamente legale quando questo con ogni probabilità, non lo è. Parola di fonero.;)