Roma – Ora che anche Il Nuovo, dopo La Repubblica, ha annunciato la sua intenzione di diventare a pagamento entro la fine dell’anno lo posso finalmente dire: sono contento. Sono contento perchè alle tante teorie che circolano da tempo su quale sarà il futuro economico della rete Internet, su quale modello si affermerà e su che tipo di dinamiche si instaureranno fra chi i contenuti li produce e quanti li consumano, potrò finalmente aggiungere anche la mia.
Prima però vorrei riferirvi due storielle che con il mondo dell’informazione e i suoi valori hanno più di un collegamento.
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Storiella n°1
Bruno Vespa. Un giornalista molto noto, un volto televisivo, uno che va a braccetto con i potenti, che si fa riprendere su un taxi londinese mentre distrattamente sfoglia The Economist, che vende decine di migliaia di copie di ogni libro che sforna. Bruno – lo chiamerò amichevolmente così tanto per darmi un tono anch’io – Bruno, dicevo, è titolare anche di un pregevole sito sul web dalla grafica professionale e dai contenuti equilibrati e gradevoli, citato perfino nelle pubblicità del suo ultimo libro. Ah! Il fascino di Internet, la possibilità di raggiungere direttamente e senza filtri i propri lettori, che meravigliosa e utile novità anche per un grande giornalista! La star della Rete Uno è così rintracciabile in rete all’indirizzo www.brunovespa.net.
Bruno – me ne stavo dimenticando – come tutte le persone pubbliche, colleziona certamente ammiratori a bizzeffe ma anche, immagino, qualche fastidioso detrattore, qualcuno al quale magari non piace troppo la sua maniera di fare giornalismo o il contenuto dei suoi libri o semplicemente la sua espressione del viso. Per una strana legge statistica che tutti abbiamo sperimentato, su Internet i detrattori compulsivi sembrano incontrarsi più frequentemente di tante altre persone, forse perchè il mezzo si adatta a meraviglia (anche) a chi ama passare il proprio tempo importunando il prossimo. Di questi tipi se ne trovano ovunque – lo avete notato? – a tutte le ore e con regolarità impressionante. Bene, per una strana eccezione a questa regola sul sito di Bruno Vespa non ne passa mai nessuno.
Sarà forse per questo che su brunovespa.net esiste e prospera un simpatico forum nel quale decine di ammiratori manifestano la loro stima e il loro apprezzamento per il giornalista abruzzese. Al momento in cui scrivo di tali commenti ne conto 29.
Me li sono letti tutti gli interventi dei navigatori di Internet che postano sul forum di Vespa. Tutti interventi contenenti lodi sperticate. Possibile? Virgoletto l’ultimo in ordine cronologico perchè rende bene la misura dell’amore che i navigatori del web dimostrano a Bruno. Scrive un tal Antonio Vergara: “Lei è un giornalista. Un eccellente giornalista. Il suo è un lavoro delicato. Continui così. Aiuti la democrazia, aiuti la verità. Non abbandoni. Il suo è un lavoro delicato. Lo sa bene. Continui.”
Provo a scrivere a Vergara per intavolare con lui una discussione sulla centralità di Bruno Vespa ma il suo indirizzo email risulta inesistente e Google, al quale mi affido, mostra di non conoscere nessuno che risponda a quel nome e cognome. Peccato mi dico, ma capita spesso che sui forum si posti sotto nomi di fantasia. L’ho fatto anch’io qualche volta.
Per dare una mano alla democrazia decido allora di scrivere anch’io due righe sul forum e – con molta attenzione – mi abbandono a civili e debolissime critiche alla figura del Nostro. Quando clicco sul bottone “proponi” già la mia impressione che il forum non sia esattamente del tipo “click and see” si è ben delineata. La stessa viene poi confermata dal fatto che nella pagina successiva mi si avverte (un po’ tardi per la verità) che il mio testo verrà “sottoposto” alla redazione di Mondadori sul quale il sito di Bruno Vespa risiede.
Ho atteso una settimana ed a tutt’oggi il mio sintetico e educato messaggio antivespa non è ancora comparso sul forum di Bruno a far compagnia ai 29 precedenti interventi entusiastici.
Storiella n° 2
A costo di tediarvi, torno un momento sulla vicenda Gattibonsai. Come sapete, lo scorso 18 febbraio sul quotidiano La Repubblica è ricomparsa la vecchia bufala del sito web che fingeva di mettere i micetti in bottiglia. Nonostante sia passato un anno dalla comparsa delle polemiche sul sito in questione, nonostante siano stati pubblicati al riguardo decine di articoli da tutti i quotidiani (perfino dalla stessa Repubblica) e se ne sia parlato ampiamente anche per la denuncia presentata da Licia Colò contro il mirror italiano del sito, esiste evidentemente ancora qualche giornalista che abbocca all’amo e trova maniera di scriverne come se si trattasse di qualcosa di reale.
Ciò che mi pare oggi il caso di sottolineare è intanto che il quotidiano fondato da Scalfari non ha ritenuto, i giorni successivi, di rettificare in alcuna maniera il marchiano errore commesso dal suo giornalista Ferruccio Sansa. Per Repubblica, i suoi lettori potranno quindi continuare a credere alle parole scritte dallo sbadato di turno. Ma c’è – se possibile – anche di peggio. Sansa intervenendo sul sito web de Il Barbiere della Sera (ottimo sito web scritto da giornalisti per giornalisti) ha ironizzato sulle castronerie contenute nel suo articolo, scherzando sul fatto che avrebbe tentato di mettere in bottiglia il suo gatto per giustificare quanto da lui scritto. Terminando poi l’intervento con la lapidaria frase “E poi non si dica che non facciamo verifiche.”
Ho scritto due righe a Sansa chiedendo spiegazione di tanta immotivata voglia di scherzare: sto ancora attendendo la risposta.
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Le due storielle di oggi (insieme a decine di altre che abbiamo vissuto in questi anni) non raccontano nulla di particolare se non una piccola attitudine. Una attitudine ancora assai timida. Si tratta della capacità di aumentare il numero di occasioni in cui mettere in discussione il proprio lavoro: è questa una delle scommesse del nuovo giornalismo dopo la nascita di Internet. È su questo che si giocherà, almeno in parte, la possibilità che ciò di cui si scrive abbia un mercato anche in rete e non solo su quei vecchi fogli di carta su cui sono ancor oggi stampati i nostri quotidiani.
Ignoro cosa accadrà alla informazione editoriale sul web dopo la fine del cosiddetto free internet. Non ho idea quindi se gli esperimenti in corso, se le richieste di pagare un abbonamento per leggere online La Repubblica o Il Nuovo avranno qualche possibilità di successo. Quello che però so è che, per i giornalisti dell’età di mezzo, che vorrebbero portare anche in rete la loro vecchia teoria di piccoli privilegi e minime arroganze non ci sarà più alcuno spazio. Nemmeno se decidessero, contro ogni logica, di iniziare a scrivere gratis.