Roma – Siamo fritti. Ora che anche Nicholas Negroponte si è messo a strillare sul luminoso futuro del wi-fi c’è da essere preoccupati. Sull’ultimo numero di Wired il guru del MIT ha composto uno stringato reportage sullo stato dell’arte della comunicazione wireless. Il titolo dell’articolo, Being Wireless , richiama “Being digital” un suo vecchio e fortunato libro.
Si tratta di una comunicazione aggiornata (Negroponte fa un accenno anche a tecnologie ancora sperimentali ed estremamente innovative come quelle di Mesh Networks ) che sembra in effetti più una presa di coscienza del presente che una finestra spalancata sul domani da parte di una delle voci più ascoltate del panorama digitale mondiale.
E nonostante l’esagerazione che circonda spesso le uscite del Professore, il suo gridare a squarciagola previsioni improbabili o verità rivelate ottiene sempre i suoi effetti. Così, forse in virtù di questo istrionismo, mentre – come scrive Franco Carlini – il fondatore del MediaLab è ormai in via di pensionamento al MIT, l’Europa e l’Italia gli aprono le porte come consulente tecnico del Ministro delle Comunicazioni Gasparri.
Solo qualche mese fa Negroponte – le cui partecipazioni a convegni e consessi in Europa si sono fatte pericolosamente frequenti – dichiarava che nel giro di pochi anni – entro il 2005 – sarebbe finita l’era della carta e i giornali sarebbero stati fatti d’altro . Vi viene in mente una uscita migliore per finire dritto sulle pagine di tutti i quotidiani, di carta e non? Quanto alle capacità divinatorie del neoconsulente del nostro governo (come a onor del vero di quelle di quasi chiunque altro) forse sarebbe meglio stendere un velo pietoso. La convergenza fra PC e TV che Negroponte ha annunciato come imminente per anni? Mai vista. I computer indossabili? Mai sentiti nominare, nemmeno alle sfilate di moda. E che dire dei PC intelligenti in grado di comprendere la voce umana e di rispondere a tono, una idea partorita già negli anni 70 e che si sarebbe dovuta concretizzare in un decennio? Meglio non parlarne, nessuno li ha avvistati, nemmeno nel nuovo millennio.
Del resto il Media Lab – che ha aperto una filiale europea in Irlanda e si occupa di tutto, dal recente hype del telefono dentale alla alfabetizzazione telematica dell’India rurale – è una struttura ambigua dove non solo ricerca e industria convivono, come avviene di norma nel mondo accademico statunitense – ma sembrano collegate da legami particolari. Al Media Lab si sono posti in questi anni anche domande interessanti del tipo: cosa accadrebbe se tutte i pupazzi di Topolino e tutte le Barbie del pianeta avessero un IP address? Tranne poi lamentarsi delle critiche prevedibili di chi accusava il laboratorio di costosa inconsistenza. Una inconsistenza – se vera – in ogni caso assai esposta sui mezzi di informazione, pronti ad amplificare qualsiasi sogno tecnologico fatto balenare dai ricercatori del Media lab e profumatamente pagata da decine di grandi aziende di tutto il mondo che finanziano l’istituto in cambio del libero accesso alle invenzioni ed alle idee sfornate nei laboratori.
Il risultato di questa grande intuizione, che ha fatto della struttura di Negroponte una delle più ricche fra quelle universitarie americane, è che assai raramente la proprietà intellettuale dei ricercatori del Media Lab resta nelle loro mani ma viene legalmente soffiata dagli uffici brevetti delle aziende sponsorizzatrici in un sistema di sharing che ha invogliato moltissime imprese a investire al Lab i propri soldi.
E allora poco importa se uno delle rare start-up strappate agli sponsor del Media Lab sia la società E-Ink che, per una curiosa casualità, in tempi di penuria e di eccessivo costo della carta, produce il cosiddetto inchiostro elettronico che, nelle idee dei suoi creatori, sostituirà a breve ogni supporto di lettura/scrittura esistente.
Insomma se il fondatore del Media lab come direbbe qualcuno “se la suona e se la canta”, la cosa sembra interessare poco quanti lo hanno eletto a nume tutelare del nostro futuro tecnologico. In fondo, qualche punto di riferimento “autorevole” – penso a Don Fortunato di Noto per le questioni che attengono alla tutela dei minori in TV e su Internet – il nostro loquace Ministro delle Comunicazioni lo dovrà pur avere.
E siccome questo è il livello atteso di autorevolezza dei consulenti del nostro governo, perchè prendersela tanto se Negroponte scrive un pezzo – tra l’altro limpido e ben organizzato – sul wi-fi? La preoccupazione nasce per una sola ragione, semplicissima. Il successo travolgente di questa nuova tecnologia wireless è figlio della sbadata noncuranza del grande business: quello che Negroponte chiama nel suo articolo “a broadband system built by the people for the people” . E’ quel primo people che a me un po’ spaventa. Di quale gente va parlando l’autore? Non certo di quella che in tutto il mondo sta costruendo reti wireless cittadine gratuite, economiche e libere. Nè di quelle amministrazioni locali che stanno usando lo spettro di frequenze lasciato incautamente libero per sostituirsi alle costose, speculative e svogliate telecom locali. Oppure sì?
In un impossibile aggiustamento (l’ennesimo) Negroponte ipotizza l’ovvio e cioè che le telecom, alla luce del wi-fi, debbano pensare qualche futuro aggiustamento alle proprie politiche di connessione. Ed è in questa ottica che si spiega anche l’altro grido che lo storico editorialista di Wired sta lanciando in Europa da qualche mese a questa parte: quello sulla inadeguatezza e pochezza dell’UMTS prossimo venturo. Troppo piccolo e troppo presto scrive Negroponte riferendosi alla telefonia di terza generazione e davvero, espressa oggi, sembra una previsione assai poco rischiosa.
Così, sempre oggi, l’autore cavalca l’idea romantica e ormai concretissima dello sviluppo di reti anarchiche basate sul wi-fi evitando però di approfondire troppo l’aspetto culturalmente centrale legato a questa nuova tecnologia, il che richiederebbe – questo sì – qualche dote di autentica preveggenza.Come sarà domani il wi-fi? Cosa accadrà alle grandi centralistiche telecom nel momento in cui il traffico dati diventa locale, senza fili e basato su architetture assai simili a quella P2P? Quali passi saranno da esse prevedibilmente tentati per impedire che ciò avvenga?
Sono domande che richiedono interlocutori disinteressati e nel caso di Negroponte, del “consulente” Negroponte, nonché del “futurologo” Negroponte, noto per essere un seguace dello slogan ad effetto “Ho visto il futuro…e funziona” , vanno ulteriormente specificate. Magari con un piccolo ma indicativo elenco: Telecom Italia, France Telecom, British Telecom, Deutsch Telecom, Motorola, Ericsson. Sono questi solo alcuni nomi tratti dalla lunga lista di società che hanno contratti di sponsorizzazione con il Media Lab per un importo minimo per ciascuna di 600.000 dollari.
Se l’inchiostro elettronico sostituirà a breve ogni nostro singolo foglio di giornale, se i ragazzi del Media Lab studiano come dotare di indirizzi IP la Barbie (ovviamente Mattel è fra gli sponsor del laboratorio), di fronte a quale complessità mediatica ci troviamo quando leggiamo o ascoltiamo Negroponte dissertare sul futuro della tecnologia? E’ persino difficile capire se stiamo ormai parlando di previsioni o di aspettative, di orientamenti possibili o del comprensibile desiderio di vederli concretizzati.
Oggi Negroponte cavalca il wi-fi in una analisi che è difficile immaginare disinteressata. E lo fa con intelligenza e abile tempismo, sfruttando la notorietà guadagnata in molti anni di onesto lavoro nell’immaginare il futuro. Quello apparso su Wired è un articolo piacevole, redatto con un tono “liberal” apparentemente distante dalle speculazioni del business. Dove ad un certo punto si ammette perfino l’inconfessabile: la voglia umanissima di condividere le risorse della propria rete domestica senza fili con i vicini di casa:
Since I live in a high-density area, my system reaches perhaps 100 neighbors. I do not know how many use it (totally free) – frankly, I do not care. I pay a fixed fee and am happy to share.
Chissà cosa penseranno le varie Telecom di questa frase. E chissà se a qualcuno fra i tanti grandi attori del mondo delle telecomunicazioni mondiali che investono nel Media Lab, non verrà voglia di coniare un nuovo slogan adatto anche alle più recenti dissertazioni del nostro guru del futuro tecnologico preferito.
Che alla luce del successo planetario del wi-fi potrebbe facilmente essere questo:
“Ho visto il presente e, purtroppo, …funziona”.