Quello che manca a questo Paese, da sempre, è un approccio complessivo verso il digitale. Fino a qualche anno fa tutto ciò poteva essere considerato nell’ambito delle possibili scelte strategiche, esattamente come lo era puntare sulle piccole e medie imprese per garantire benessere e prosperità alla nazione. Poi però ogni strategia è andata a farsi benedire, la voragine fra i Paesi che investono in tecnologia e quelli che la considerano un accessorio si è fatta ancora più ampia; il distacco con i nostri vicini da amplissimo ad incolmabile. Essere o non essere tecnologicamente competenti ha ribaltato il tavolo del mondo.
Questo è certamente un dramma, che condiziona il destino nostro e, soprattutto, dei nostri figli, ma nell’osservazione di questa Italia immobile c’è un aspetto che fa, se possibile, ancora più male ed è quello della nostra incomparabile arroganza. Siamo quelli che ancora stanno urlando “Te la faccio vedere io!” mentre precipitano giù dal dirupo come Wile E. Coyote .
I più ottimisti di noi continuano a pensare si tratti in fondo di un cartone animato. Che esista dietro l’angolo una possibile anche se improbabile rivincita. Il coyote si schianta in una gigantesca nuvola di fumo, parte la musichetta e poi, con un rapido cambio di scena, eccoci tutti felici e contenti all’inizio del prossimo episodio, con Wile stupido e indenne come se mai nulla gli fosse accaduto. Invece quella dell’Italia che precipita non è la finzione di un disegnatore ma singoli frame di una pellicola molto reale di cui è facile immaginare il finale.
Organizzare la nostra vita utilizzando Internet, mi riferisco alle cose di tutti i giorni, dei rapporti fra i cittadini e le aziende, dell’acquisto di un biglietto del tram o dell’ingresso a una mostra, del pagare le tasse o prenotare una visita medica, dell’ascoltare la musica o vedere un film, in molti Paesi del mondo sono ormai definitivamente considerate negoziazioni win-win : ci guadagna (in mille maniere) il cittadino, ci guadagna il sistema che ne esce ottimizzato e più competitivo. Nascono evidentemente grandi e nuove questioni di utilizzo (la più importante quella del controllo e della privacy) ma sostanzialmente la vita delle persone e delle società di cui fanno parte, migliora. Siccome le organizzazioni complesse non sono abitate da masochisti o da filosofi del nulla, il digitale nei paesi occidentali viene adottato perché funziona.
Pensavo a queste cose qualche giorno fa ascoltando lo streaming dell’ interessante convegno Agcom sul diritto d’autore in Rete. Assieme ad un forte profumo di “già sentito”, molte delle discussioni in corso potrebbero essere agevolmente trasportate a 10 anni fa senza che nessuno se ne accorgesse, quello che trionfa in Italia da sempre è la cupa preoccupazione per i mali del mondo. Come se il mondo potesse decidere se esistere o scomparire a seconda dell’analisi dei sui problemi. E visto che il mondo oggi è il mondo digitale tutti sembrano interessati a sottolinearne limiti e pericoli, senza aver di fatto alcuna intenzione di adottarlo in pieno. Nemmeno fra le elite culturali del Paese che oscillano fra il vetero allarmismo del “si stava meglio prima” ad una puerile ignoranza digitale mostrata con tutto l’orgoglio possibile. E fra un distinguo e l’altro quel Paese lì, il nostro, scompare.
Fra una dubbia citazione di una legge del 1943 ed un “sì, certo, tuttavia”, Wile il coyote italiano, un coyote vecchio e senza ormai più alcuna speranza non solo di raggiungere il maledetto pennuto ma nemmeno di leggere il manuale del futuro che gli si squaderna di fronte, si prepara allo schianto finale. Però con eleganza, con solidi argomenti e col vestito della festa. Dispiace per lui e dispiace soprattutto per i suoi figli.
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