Fra i guai che la tecnologia porta fin dentro le nostre case c’è n’è uno particolarmente rilevante: la democratica distribuzione delle responsabilità. Le opzioni comunicative aumentano enormemente, ad esse spesso non corrisponde un altrettanto significativo incremento del nostro senso di responsabilità. Possiamo parlare al mondo, il mondo intero può ascoltarci, ma molto spesso, ad un qualche livello del processo, nascono problemi.
Esiste un discrimine culturale molto forte e sentito e l’approccio alla grammatica di Internet sembra segmentare le persone in due grandi gruppi. Quelli che prendono atto di una mutazione in corso e quelli che desiderano ricondurre tutto ad una serie di codici noti.
La settimana scorsa a San Francisco è accaduto uno di quegli episodi che fanno da paradigma a questa netta segmentazione che Internet ha creato fra noi.
BART, che è l’acromino del sistema di trasporti locale, ha deciso di spegnere per alcune ore le antenne che consentono le comunicazioni nella metropolitana, isolando i collegamenti dati e di telefonia mobile dei cittadini. La ragione? Il rischio che attraverso simili strumenti si organizzasse una protesta contro l’azienda in occasione dell’anniversario della uccisione di un cittadino da parte della polizia. Il comunicato dell’azienda ammette la scelta di campo e recita laconico che Bart ha temporaneamente interrotto il servizio di telefonia mobile sulle sue piattaforme come “una delle tante tattiche messe in atto per assicurare la sicurezza di tutti”. In una successiva lettera un poco più meditata l’azienda illustra meglio la propria posizione e nega che un simile comportamento abbia leso diritti diffusi.
Io vi ho dato la tecnologia, io ve la posso togliere, sembrano recitarci soggetti del genere e quasi sempre esiste in questi casi una ampia sottovalutazione dei diritti comuni. La metropolitana di Vattelapesca, per ragioni di insipienza sua propria, può non prevedere la copertura cellulare nei propri cunicoli: i cittadini sanno che tale servizio non è disponibile e punto. Ma se, diversamente da così, tale opzione è prevista, la sua gestione interessata collide con discreta evidenza con alcuni diritti diffusi. Nel caso specifico di San Francisco, e più in generale in USA, con il Primo Emendamento.
Quello che fa la tecnologia in questi casi è semplicemente fiancheggiare eventuali aspirazioni di controllo dei soggetti più vari, per esempio una compagnia di trasporti che decida quando e come i cittadini possono comunicare fra loro dentro le proprie strutture.
Molti commentatori hanno scritto in questi giorni che la mossa di BART assomiglia a quella di Ahmadinejad, presidente iraniano che nei giorni della protesta per le strade di Teheran contrastò in ogni modo le comunicazioni fra i cittadini allo scopo di rendere difficoltosi i collegamenti fra i rivoltosi. Io non credo sia del tutto vero. L’approccio speculativo alla gestione di Internet ed alle comunicazioni in genere non è esclusivo appannaggio dei regimi o delle democrazie confuse (come nel recente caso di Cameron in Gran Bretagna) e non è nemmeno una prerogativa sempre e solo di segno oppressivo, quanto piuttosto una sorta di variabile di apparato, una opzione di architettura che può essere diversamente esercitata a molti differenti livelli. Un altro livello possibile è, per esempio, quello della amplificazione comunicativa legata all’utilizzo delle reti wifi aperte dei singoli cittadini.
Mai come oggi le opzioni di libera espressione sono state ampliate dalle tecnologie, allo stesso modo mai come oggi si sono moltiplicati gli intervalli tecnologici che consentono ai soggetti più vari di incidere su simili strumenti culturali. È come se un ampio sistema biologico delle comunicazioni si stesse silenziosamente riregistrando. Il segno distintivo, per nostra fortuna, resta quello di un suo caotico ma positivo ampliamento. Abbiamo ragioni per sperare che continui ad essere così anche in futuro.
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