Roma – La delusione cui alludo è quella relativa all’operato del governo. Per chi non lo ricordasse si tratta dei medesimi individui che in tempi di elezioni ci ammaliavano con la ormai mitica ricetta delle tre I . La I di Internet del programma governativo – l’unica sulla quale mi permetto di esprimere un parere – è stata totalmente disattesa. È ormai passato tempo a sufficienza per poterlo affermare tranquillamente. Lo stile utilizzato per farlo, per mascherare un ciclopico insuccesso, è quello al quale già ci hanno abituato i governi precedenti del paese: molte chiacchere e pochissimi fatti concreti. Il governo Berlusconi dedica le energie di ben due dicasteri allo sviluppo tecnologico. Ci sarebbe di che compiacersene, ben due ministri della repubblica che si occupano a tempo pieno di un problema che ci si ostina a definire centrale . È stato creato perfino un ministero apposito, quello della Innovazione diretto da Lucio Stanca, eppure di questa centralità continua a non vedersi nemmeno l’ombra.
Per una ragione o per l’altra i fondi statali destinati alla innovazione tecnologica della pubblica amministrazione, delle imprese e delle famiglie italiane, sono stati nella legge finanziaria per il 2003 abbondantemente sforbiciati. Alla innovazione a parole farà quindi seguito il prevedibile vuoto dei fatti. Il povero Stanca, sempre più appesantito nella fatica di dare voce al proprio nulla operativo (ci vuole coraggio a continuare a parlare in conferenze stampa e convegni di informatizzazione della P.A., larga banda per le imprese e carta d’identità digitale, sapendo che non si avranno i soldi per renderle operative) è stato – dicono i gossip – più volte ad un passo dalle dimissioni e fa sentire la sua voce in tonalità sempre più flebili. Merito di un understatement che va senz’altro ammirato. Tutto il contrario del suo collega di governo sul carrozzone della innovazione del paese, il ben più effervescente Ministro delle Comunicazioni Gasparri, al quale invece le parole sembrano non difettare mai. Specie se ci si riferisce a pareri non richiesti su programmi televisivi, comici e stagiste varie. Ma il Ministro delle Comunicazioni ritiene di dover comunicare, sempre e comunque. E questo è quanto ci passa il convento.
In questo tripudio estetico e di parole, di cui Gasparri è protagonista assoluto, va inquadrato l’unico provvedimento degno di nota messo in campo dal governo per ciò che attiene lo sviluppo della rete in Italia. Alludo all’articolo della finanziaria che rende disponibile una incentivazione per l’accesso a Internet per le famiglie italiane di 75 euro. Modesti fondi, circa 30 milioni di euro, ad incentivare l’accesso alla rete veloce con un meccanismo iniquo e “a pioggia”. Serviranno a poco e non sposteranno di un solo centimetro i termini del problema. Trenta milioni di euro da dividere fraternamente con quanti vorranno acquistare un decoder satellitare (per loro pero’ l’incentivo è di 150 euro) e che non affrontano il problema dell’ accesso geografico alla larga banda. Insomma un ammirevole tentativo che alla prova dei fatti si è trasforato in un mezzo disastro, raccontato a tutti noi con i toni della grande conquista sociale.
La moda del WI-FI
Siamo un paese curioso. Siamo riusciti a trasformare un ostico protocollo di comunicazione senza fili dal nome impronunciabile, IEEE 802.11b, in una moda. Oggi chiunque mastichi un po’ di informatica e di Internet sa cosa sia il wi-fi, ne elenca i grandi pregi, ne racconta le meraviglie. I media poi ci si sono buttati a capofitto e perfino sui giornali femminili è possibile trovare articoletti a riguardo di tecniche di hacking fino a ieri ignote che vanno sotto il nome di wardriving o warchalking. Ciò che stenta invece ad essere descritta è la reale carica innovativa del wi-fi che risiede non tanto e non solo nella possibilità di cablare aziende o residenze domestiche, senza trapanare muri e stendere cavi, quanto nel connettere le persone, fra loro e alla rete Internet, a velocità mediamente assai alte, in contesti e luoghi fino a ieri inimmaginabili. La grandezza del wi-fi risiede proprio nella sua tendenza a risolvere problemi di connessione che nessuno ha trovato fino ad oggi interessanti. Dove per interessanti si voglia intendere economicamente remunerativi
La terribile accoppiata fra una tecnologia che utilizza frequenze libere e un hardware dai prezzi di realizzo, ha davvero aperto un nuovo fronte, nei confronti del quale anche le aziende delle comunicazioni si dovranno nei prossimi mesi attrezzare. Quello di una tecnologia che esiste e prospera nonostante loro, a dispetto delle alternative già quasi pronte che le grandi telecom stavano predisponendo per il traffico dati via terminali mobili. Quanto ciò possa costare in termini di fatturato alle indebitate telecom europee non è dato sapere. Certamente non è un caso che oggi le compagnie telefoniche parlino della telefonia di terza generazione non più nell’ottica preminente della “nuova modalità di accesso a Internet” come hanno fatto per molti anni, quanto in quella assai più riduttiva di nuovi strumenti di intrattenimento one to many.
Weblog
Sui weblog forse farei meglio a tacere. Sono un blogger convinto e benchè mi ostini a cercare di comprendere nella maniera più neutra possibile le caratteristiche di questi nuovi diari elettronici, sono tutto tranne che un osservatore disinteressato. È comunque innegabile che i weblog, un po’ in tutto il mondo, siano oggi la modalità di comunicazione mediata dal computer di cui più si parla. Non ho intenzione di tentare l’ennesima analisi su un fenomeno che ha generato vigorosi dibattiti, mi preme solo sottolineare che si tratta di un ritorno verso una comunicazione dalle caratteristiche entusiasmanti: comunicazione diretta, individuale e testuale, in forma disponibile per tutti.
Le pagine dei bloggers sono certamente pagine web come le altre, eppure spostano l’equilibrio della rete internet verso una rete dei contenuti di cui si sentiva un gran bisogno. Una rete di parole, punti di vista ed intelligenze le più disparate, da contrapporre alla Internet dell’immagine e degli effetti speciali alla quale gran parte del web attuale ci aveva abituato. Siamo di fronte a una specie di deriva pauperistica che mira alla essenza della comunicazione online e la piega ad esigenze di concretezza che sembravano accantonate.
Le critiche che i weblog raccolgono sono in genere di due tipi differenti. La prima, molto ascoltata, è quella secondo la quale attraverso il proliferare dei blog si lascia campo libero alle esternazioni irrilevanti di chiunque. Il cicaleccio che ne deriva sarebbe, secondo critici spesso interessati, una concessione al rumore di fondo della rete Internet stessa più che una dimostrazione di libertà della stessa. La seconda è quella che i weblog sarebbero di fatto strumenti editoriali tout court e come tali dovrebbero sottostare a regolamenti e normative tipiche del mercato delle pubblicazioni online. In questo caso – quando e ove questo punto di vista dovesse ricevere consensi – saremmo di fronte ad una vera e propria limitazione della libera espressione del pensiero. Quasi che ogni frase espressa da singoli cittadini sul web dovesse passare sotto il giogo di una bollinatura che la rende, in qualche misura, informazione autorizzata e autorevole.
Esistono soggetti ai quali una ipotesi del genere piacerebbe molto ma le cose fortunatamente non stanno in questi termini. Ed una tendenza alla applicazione diffusa al web italiano della tristemente nota legge sull’editoria se da un lato suscita preoccupazione dall’altro scatena un sorriso di compatimento. Andrew Sullivan , forse il più citato giornalista-blogger del mondo, sta da qualche tempo insistentemente tentando di monetizzare la sua attitudine a comunicare online. Vorrebbe che i lettori del suo blog lo iniziassero a pagare esattamente come fanno gli editori dei prestigiosi fogli su cui scrive. Tanti auguri a Sullivan per il suo tentativo che ha – se non altro – il pregio di rendere evidente quale sia il meccanismo ultimo dietro alle esigenze di controllo della informazione online. La quale a quanto pare dovrebbe essere o irrilevante, confessionale e forzosamente noiosa come un acerbo diario adolescenziale oppure andrebbe equiparata improvvisamente, con un salto logico notevole, a quella professionale autorevole e quindi più o meno retribuita. Si tratta di una forzatura senza senso che per fortuna ha ben poche applicazioni concrete. Così, come minimo regalo di Natale e per il nuovo anno che arriva offro – a mio insindacabile giudizio – 5 link ad autorevolissimi blog italiani che sono nella lista della mia navigazione giornaliera. Padronissimi voi di farne l’uso che riterrete. Sono e resteranno esempi di comunicazione libera e gratuita. Che li gradiate o meno con i tempi che corrono si tratta di esempi riusciti comunicazione da pari a pari. E tanti auguri a tutti.