Contrappunti/ Il lettore immaginario

Contrappunti/ Il lettore immaginario

di Massimo Mantellini - Chi legge su web o su carta legge pressoché allo stesso modo, il lettore-internet non esiste. Una ricerca invita a pensarci bene prima di dichiarare quali siano i limiti della Rete
di Massimo Mantellini - Chi legge su web o su carta legge pressoché allo stesso modo, il lettore-internet non esiste. Una ricerca invita a pensarci bene prima di dichiarare quali siano i limiti della Rete

Da anni ormai “rubo” dal blog di Luisa Carrada e dal suo sito web Il mestiere di scrivere informazioni interessanti sulla scrittura ai tempi del web. Così qualche giorno fa un post di Luisa mi ha incuriosito più del solito. Il Poynter Institute ha appena pubblicato Eyetrack07 , uno studio molto approfondito sulle abitudini di lettura dei cittadini di quattro differenti città americane, comparando la lettura di quotidiani e settimanali sul web a quella su carta e traendone alcune indicazioni interessanti. Il dato più importante fra quelli ottenuti incrina una convinzione che in molti abbiamo mantenuto e contribuito a diffondere nel tempo: l’idea secondo la quale i testi lunghi e complicati siano poco adatti alla lettura online e siano meglio fruibili sul supporto cartaceo. Da questa convinzione, vecchia ormai di un decennio, sono poi discese tutte le teorie secondo le quali sul web occorra scrivere testi brevi e sintetici se non si vuole correre il rischio di essere completamente ignorati dal nuovo velocissimo e frenetico lettore-internet.

Ebbene oggi Poynter ci dice che questo lettore immaginario proprio non esiste. Che i 2/3 dei lettori online quando trovano una storia interessante la leggono fino in fondo anche se è lunga, a dispetto delle indicazioni sulla usabilità del testo sul web alle quali siamo abituati. L’altro dato interessante che esce da questo lavoro è il fatto che non esistono sostanziali differenze fra il leggere notizie online o su carta e che, per lo meno negli Stati Uniti, quando esistono, queste privilegiano l’utilizzo del mezzo elettronico.

Non è chiaro se simili nuove indicazioni vadano spiegate con un cambiamento delle abitudini di lettura online che si sono consolidate nel corso degli ultimi anni o se, come altre volte è accaduto, le nostre idee sulle modalità del comportamento umano, nel momento in cui si inizia ad utilizzare uno strumento radicalmente nuovo (come è accaduto nell’ultimo decennio con la rete Internet) fossero tanto incrollabili quanto errate. Abbiamo per esempio sostenuto per anni che la ragione principale del clamoroso insuccesso degli e-book fosse da ricercarsi nella nostra difficoltà ad abituarci alla lettura di lunghi testi su uno schermo e che quindi di pura barriera tecnologica si trattasse. E non è un caso che il mercato dei lettori di ebook si sia sostanzialmente bloccato in attesa di prodotti nuovi dall’interfaccia innovativa pensata per superare questo gap. Ma siamo sicuri che magari le ragioni del flop non fossero altre?

I preconcetti dell’era digitale sono almeno tanti quanti gli effettivi vantaggi che siamo in grado di riconoscere al volo.

Il lettore-internet secondo Poynter non esiste. Ed esistono anche differenze tutto sommato marginali fra tipi differenti di lettori, fra abitudini differenti di lettura. Poynter individua per esempio due tipi differenti di lettori: i lettori metodici e quelli “scanner”. I primi affrontano il testo dall’inizio, lo leggono tutto, magari fermandosi a rileggere alcuni punti per comprenderne meglio il significato, i secondi hanno comportamenti meno lineari, saltando di continuo fra notizie o parti di un articolo che li interessa. La ricerca indica che la lettura online stimola (seppur in maniera modesta) il comportamento “saltellante” dei lettori ma che questo è, in definitiva, molto più influenzato dal tipo di lettura nella quale ci si impegna.

Ormai alcune strade sembrano segnate: si legge più online che su carta, per lo meno come volume di informazioni e ci si è abituati ad una visione mista della composizione informativa nella quale testo ed immagini hanno, ciascuno per proprio conto, un preciso significato. Per esempio le foto in un articolo, se si decide di metterle – parrà banale – conviene metterle grandi.

Se da un lato le ricadute di un simile studio sono vigorosamente commerciali e servono agli editori per immaginare come comporre i propri prodotti e come bilanciare al meglio l’online con l’editoria cartacea (come ben sappiamo si tratta di un argomento centrale nel mondo dell’editoria negli ultimi tempi), dall’altra servono a noi lettori per capire che non tutto è pacifico nella nostra idea di utilizzo della rete Internet. Che i nostri comportamenti sono solo parzialmente mediati da ragioni emozionali sociali ed ambientali (la facilità per esempio della lettura su carta, un’abitudine assunta negli anni e data da tutti per scontata) ma che questi sono determinati anche da ragioni contingenti (la disponibilità, per esempio, di una biblioteca digitale immensa ed in buona parte di libero utilizzo a portata di mouse, a confronto con un mercato editoriale convenzionale sempre meno frequentato).

Ed anche – e soprattutto – simili analisi aiutano a sgretolare alcuni dei luoghi comuni che avvolgono la rete Internet, pregiudizi nati talvolta in rete, ma molto più spesso altrove, su come sia Internet, quali siano i suoi limiti e a cosa possa o non possa servire. Qualche cautela in più sembrerebbe oggi richiesta. A tutti. Guru dell’usabilità compresi.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
2 apr 2007
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