Roma – Molti navigatori della rete italiana stanno in questi giorni firmando una petizione contro il decreto Urbani. Si tratta di una petizione elettronica fra le tante che, anche su siti appositi, chiunque puo’ decidere di indire. Avendone voglia, in cinque minuti se ne potrebbe approntare una contro chiunque ci stia più o meno antipatico. Il sito petitiononline puo’ essere variamente definito come un esperimento di democrazia elettronica o come un esempio lampante di come le campagne su Internet siano ormai del tutto destituite di ogni valore di mobilitazione effettiva.
Forse qualcuno avrà fatto caso alla scomparsa del netstrike. Il netstrike, pratica di mobilitazione telematica anch’essa molto in voga fino a qualche tempo fa, è ora pressochè scomparsa dalle modalità di interazione della rete italiana. Non è ben chiaro se cio’ sia avvenuto per una tardiva comprensione della pochezza di quel tipo di iniziativa, destinata nel migliore dei casi a rendere per qualche ora inservibile un sito web, in genere istituzionale, del cui down nessuno si sarebbe comunque accorto o, nella peggiore, ad essere confusa, per modalità tecniche e finalità, ad un attacco DOS.
Molti sostengono che poichè la protesta elettronica nelle sue varie forme non richiede alcun prezzo, non costa in termini di tempo speso, di soldi persi in busta paga a fine mese o di pioggia sulla testa caduta mentre si sfila nel centro di Roma, il suo valore simbolico vada parificato a quello di una catena di sant’antonio, fastidiosa incombenza tipica di Internet nella quale basta un click per dire si o no a qualsiasi tipo di presa di posizione.
E’ evidente che non è sempre così. Qualche anno fa, mi pare di ricordare che quando la buonanima del direttore di Punto Informatico mi chiese cosa ne pensassi di una mobilitazione telematica contro la legge sull’editoria, gli manifestai alcune delle perplessità che leggete oggi in questo pezzo. Eppure nel caso specifico mi sbagliavo in maniera assai evidente. Quella petizione, come poche altre nella storia della rete italiana, fu una presa di posizione significativa ancorchè vistosamente ignorata dalle cariche istituzionali alle quali i risultati di tale mobilitazione furono consegnati.
E del resto, se esiste un ambito nel quale tutti i messaggi in formato elettronico sono largamente disattesi questo è proprio quello della politica italiana i cui rappresentanti, senza grosse distinzioni di schieramento politico e con piccole puntiformi eccezioni, sono arroccati nella comoda retorica della comunicazione televisiva e di piazza o della piccola missiva di raccomandazione per il “figlio dell’amico” vergata da un qualsiasi portaborse. Piccoli gesti di dialogo con il proprio elettorato che non reclamano porzioni del proprio tempo e che garantiscono un sostanziale distacco ideale dai propri simpatizzanti. I quali quindi una volta consegnato il voto nell’urna elettorale cessano di far sentire la loro voce per la presenza di non casuali barriere comunicative innalzate al grido di “ora lasciateci lavorare”.
Ovvio che oggi si potrebbe fare di più e meglio anche in questo campo. Esistono gli strumenti tecnologici e certo – come si vede anche in questi giorni – le ragioni per manifestare il proprio disappunto davvero non mancano. E tuttavia anche in questa forma di comunicazione mediata dai PC che potrebbe consentire formidabili interazioni, sembra grossolanamente valere la legge del tutto o nulla. Dove il “tutto” – nel quale ogni annoiato click del mouse vale un voto – è davvero troppo e dove il “nulla” – la formidabile sordità ad ogni forma di messaggio di quanti dovrebbero invece ascoltare – è davvero un “nulla” comodo ed interessato.