Contrappunti/ Il tempo della Rete

Contrappunti/ Il tempo della Rete

di M. Mantellini - Il testo volto a regolamentare diffamazione e obbligo di rettifica dovrebbe essere votato oggi in Senato. Le opinioni pubblicate online fanno paura, restano in circolazione per troppo tempo
di M. Mantellini - Il testo volto a regolamentare diffamazione e obbligo di rettifica dovrebbe essere votato oggi in Senato. Le opinioni pubblicate online fanno paura, restano in circolazione per troppo tempo

Dovessi dire qual è il sentimento predominante, leggendo le cronache dal Senato, dove la Commissione Giustizia ha da poco approvato il cosiddetto disegno di legge Salva-Sallusti sulla diffamazione, direi che è lo sconforto. Lo sconforto e la depressione verso una classe politica che non è più solo ampiamente divergente, nei temi su cui si applica discute e legifera, dagli interessi dai cittadini, ma che ha ormai preso definitivamente il largo da una idea minima di intelligenza e comprensione, fosse anche solo per proprio personale interesse.

Perfino il lato pirandelliano della vicenda, la frettolosa toppa promessa ad un direttore di giornale che, quanto ad attenzione per la diffamazione nessuno vorrebbe prendere come esempio, rischia non solo di fare più danni della mancata norma, ma viene utilizzata per occuparsi d’altro, per dedicare attenzione a temi ricorrenti come il controllo dell’informazione, dei giornalisti non allineati ed ovviamente della rete Internet.

Dice il senatore Castelli durante i lavori della Commissione, egregiamente riassunti da Fabio Chiusi sul suo blog, che “la diabolicità del sistema Internet è che quella notizia resta per sempre”. In una sola frase viene riassunta, in un italiano magari un po’ faticoso, la caducità della nostra idea di conservazione della conoscenza. La biblioteca di Alessandria, Jorge Luis Borges, l’aspirazione ad imparare dai nostri errori tenendone traccia, vengono archiviati con naturalezza nel pensiero verticale dell’ingegnere leghista. La notizia resta per sempre e tutto questo è diabolico e deve essere impedito.

Non esistono molte eccezione a questo pensiero avvolto su se stesso, dove la preoccupazione del politico per l’impalpabile critica che lo può raggiungere da Internet è un problema più serio della continuazione della specie. Infatti, non casualmente, l’ossessione della rete cattiva che deve in qualche maniera essere messa a norma è un pensiero trasversale che riguarda gran parte degli schieramenti politici, non tanto nelle generiche dichiarazioni di intenti, che come sempre sono ampie moderate ed ecumeniche, quanto nelle posizioni dei singoli deputati e senatori, spesso assai simili da un estremo all’altro dell’arco parlamentare.

Dentro modesti distinguo tutti in Parlamento pensano che la diffamazione via Internet sia un problema serio, perfino più serio di quello che riguarda la carta stampata e lo pensano talmente tanto che ogni scusa è buona per inserire leggi e leggine più o meno nascoste per ridurre le parole in rete a più miti consigli. Lo pensano i senatori del PD come quelli del PDL e in fondo è normale: gli strumenti di controllo della politica sulla stampa sono vecchi di decenni e sono ormai talmente lubrificati da aver trasformato molti giornali italiani in protesi bioniche di questo o quel pensiero politico. La vicenda Sallusti è di fatto un incidente di percorso in un sistema in cui gran parte della stampa è estensione di qualcun altro e come tale protetta da una sorta di galateo di guerra tacitamente sottoscritto. Internet resta in gran parte al di fuori di questo bipolarismo fra amici e nemici e come tale preoccupa tutti indistintamente.

Il rischio è il solito, che il sillogismo fra diffamazione e opinione possa continuare ad essere ampiamente utilizzato, che le intimazioni nei confronti delle opinioni con la scusa della diffamazione (attraverso strumenti vari come l’obbligo di rettifica o il diritto all’oblio) diventino materia intenzionale di tutela dell’interesse di pochi a danno della libertà dei più e che questo avvenga più su Internet che sui giornali. È l’eccezione italiana, unico paese il cui sistema politico sembra essere ossessionato più dalle piccole parole che attraversano sperdute pagine web o dalle chiacchiere impalpabili dei social network che non da quelle inchiostrate sui quotidiani la mattina.

Esiste una codardia diffusa nella politica italiana, un mix di indolenza, stizza e incapacità ad accettare le nuove dinamiche di rete, che poi nuove non sono tranne che per loro. Accade con regolarità da oltre un decennio: sembra ogni volta stiano a discutere nuove norme per il nostro futuro, invece parlano, ogni giorno con ostinazione, del proprio passato.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
29 ott 2012
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