Leggetevi il bel pezzo di Guido Scorza di qualche giorno fa se volete farvi una idea degli aspetti legali che riguardano l’ennesima vicenda di lieve impazzimento della giurisprudenza italiana nei confronti della rete Internet. Yahoo! è stata perseguita da un giudice romano (seguirà allettante causa milionaria) per non aver rimosso alcuni link dal suo motore di ricerca che rimandavano a siti web di pirateria cinematografica. Che è un po’ come chiedere al venditore di spaghetti di rimuovere dalla confezione dei propri prodotti sugli scaffali dei supermercati ogni singolo spaghetto colpevolmente spezzato dal trasporto o dall’incuria della clientela.
Ma non è di questo ennesimo caso di discutibile magistratura di questo paese verso la Rete che mi interessava parlarvi oggi. Mi fa comodo questo esempio di recente attualità per ricordare a me stesso e per provare a dire a voi che se c’è un aspetto consolatorio nelle vicende dei rapporti fra giudici e Rete, fra politici e Rete, fra media e Rete in questo paese, quello è la constatazione della loro finale sostanziale marginalità.
Se osserviamo i danni provocati alla Rete italiana nell’ultimo decennio da stampa, magistratura e politica, ci accorgiamo che nella stragrande maggioranza dei casi si è trattato di fenomenali al lupo al lupo ai quali non sono poi seguiti i temuti stravolgimenti sociali. Se escludiamo la norma sull’editoria pensata nel 2001 dal governo Amato, i cui effetti nefasti si sono fatti sentire fino ad oggi, nella grande maggioranza dei casi, seguendo la regola aurea che governa la elaborazione legislativa e la discussione politica di questo Paese, alle parole sono quasi sempre seguite altre parole e nient’altro: nessuno ha chiuso Facebook per bloccare i mafiosi online, nessun registro dei siti web è stato compilato, nessun bollino blu è stato apposto alle pagine informative ad autorevolezza garantita, ecc ecc.
Contemporaneamente il mood generale, specie a livello giuridico, è spesso rimasto quello di un approccio disinformato e casuale ai temi, talvolta assai complessi, della Rete e dei suoi adattamenti alla normativa vigente.
Accanto alle grandi cause italiane intentate contro i gigante del web come Yahoo o Google (ricorderete la grande eco del caso Vividown ) ci sono piccoli episodi che spesso rimangono sottotraccia, a raccontarci come, se alla necessaria funzione decisionale del magistrato non fa da supporto una conoscenza non epidermica dell’ecosistema nuovo sul quale si sta esprimendo, i risultati siano spesso catastrofici. Come ad esempio quello del quotidiano online abruzzese Prima da Noi recentemente condannato da un giudice per “violazione della privacy” per aver semplicemente eseguito con accuratezza il proprio lavoro informativo su Internet, prima dando notizia di un provvedimento giudiziario nei confronti di due coniugi arrestati nel 2006 per tentata estorsione, e poi aggiornando l’articolo con le successive evidenze dell’archiviazione dell’accusa nei loro confronti.
La colpa del quotidiano, a quanto pare, è stata quella di non aver aderito alle richieste di rimozione della notizia da parte degli interessati, seccati di trovare i loro nomi associati in Rete ad un evento realmente accaduto e correttamente descritto. Dopo il diritto all’oblio (nel caso in questione in Garante della Privacy è stato a suo tempo interpellato, dando parere positivo per il mantenimento online dell’articolo) il giudice di Ortona si è inventata il dovere all’oblio , prestando teoricamente il fianco a future cancellazioni dall’archivio di Internet di migliaia di notizie realmente accadute ma poi, necessariamente, superate dagli eventi.
Più verosimilmente, anche dopo casi più importanti di questo, non accadrà nulla di troppo catastrofico. Resterà invece un approccio talvolta curioso, spesso disinformato, sovente eccessivamente problematico alle cose della Rete, sempre descritta e interpretata con quella originalità italica a metà fra il deprimente e il comico. Per esempio, nel momento in cui termino questo Contrappunti è domenica mattina, è appena scattata l’ora legale ed io sono tutto sommato in discrete condizioni. Nonostante la psicologa-psicoterapeuta Paola Vinciguerra dalle pagine dell’Unità di ieri mi avesse fatto un po’ preoccupare:
“Lo spostamento delle lancette dell’orologio un’ora in avanti è innaturale. L’essere umano fa fatica ad abituarsi perché subisce una sollecitazione violenta. Chi avrà maggiori problemi di adattamento saranno i giovani che già dormono di regola molto poco. Soprattutto coloro che navigano su Internet fino a tarda notte. Con l’ora legale perderanno ancora di più il sonno”
Forse dipenderà dal fatto che non sono più giovane, ma questa notte, nonostante tutto, ho dormito decentemente. Non so voi.
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