Mancano ancora alcune settimane alla tornata elettorale di giugno ma qualche considerazione mi pare sia già possibile tentarla. Anche a questo giro Internet in Italia sembra essere rimasta ai margini della comunicazione politica dei candidati alla ricerca di voti ed attenzione su tutti i media.
Esiste, ben riconoscibile, una retorica Internet molto frequentata nelle segreterie dei partiti, una sorta di ammissione dell’esistenza in vita di strumenti di collegamento differenti da quelli noti nel rapporto con i propri possibili elettori. Parzialmente decotta l’idea di avere un blog (alle precedenti elezioni tutti i candidati avevano un blog, una sorta di simulacro più o meno lussuoso, abbandonato ad arrugginire dal giorno immediatamente successivo al voto), oggi la nuova onda intellettuale del politico a la page è una robusta presenza su Facebook (nella maggioranza dei casi) con qualche incursione dedicata ai più visionari dentro strumenti avanzati di rete sociale come Twitter.
Parte di questo obbligo formale a frequentare la rete ed i suoi linguaggi deriva ovviamente dal recente successo di Barack Obama nelle elezioni americane e dalla grande attenzione del suo staff all’utilizzo dei nuovi strumenti della comunicazione. Pur se ridotta in dodicesimi l’idea stessa che con poco sforzo e l’ausilio di qualche consulente sia possibile utilizzare Internet per raggranellare qualche voto supplementare rimane, anche al di qua dell’oceano, una prospettiva allettante per chiunque.
Ma una volta ripulito lo scenario di utilizzi accessori e di facciata ancora una volta la politica e la Rete in Italia sembrano rimanere universi lontanissimi. Ci sono – è vero – fenomeni unici e spesso marginali di migrazione da un ambiente all’altro: il più significativo dei quali in questi mesi è stato forse quello della emersione di Debora Serracchiani, candidata alle elezioni europee dal PD sull’onda di un breve video circolato con grande insistenza su Internet. Così come esistono fenomeni di folclore mediatico nati su Internet (come quelli dei falsi cartelloni elettorali del PD e dell’UDC) capaci di sfondare il muro di impermeabilità della politica discussa in Rete per la Rete.
La norma invece continua ad essere differente: da un lato continuiamo a registrare un grande interesse per la politica in Rete, grandi discussioni, sincere passioni, dibattiti infiniti. Dall’altro la politica non smette di riferirsi a se stessa, continua ad immaginare la Rete come un megafono e sceglie il tragitto breve e pre-elettorale della propaganda spicciola rispetto a quello più lungo, paziente e dispendioso della conversazione aperta e continua con i propri simpatizzanti.
È del resto difficile dargli torto: la gestione della conversazione in Rete attorno al proprio progetto politico, specie quando si tratta dei grandi partiti, è una scommessa tanto complicata quanto incerta. Così accade che, anche nel momento in cui i partiti decidano di valersi del contributo dei propri possibili elettori (ma anche, eroicamente, di aprirsi all’ascolto di quello dei propri avversari), gli strumenti di rRte mostrino molti dei loro limiti.
Il PDL per esempio ha aperto da tempo uno spazio contingentato (140 caratteri) di commento sul proprio sito web che, se non altro, ha il pregio di essere lasciato libero al contributo di chiunque. Una specie di termometro in forma di SMS dell’umore della base. Nello stesso schieramento, per citare un esempio di segno opposto, Gabriella Carlucci, spesso al centro di polemiche legate alla rete, ha un luccicante blog nel quale gli unici commenti capaci di superare il muro della moderazione sono quelli plaudenti e favorevoli dei suoi fans, dando alla conversazione online della parlamentare una colonna sonora di applausi continui ed un sapore acramente bulgaro.
Nell’altro schieramento gli esperimenti più innovativi di politica condivisa si sono concentrati attorno alle due web TV del PD, RedTV e YouDem , che già nel loro dualismo raccontano più cose di mille analisi politiche. Al centro si segnala una recente frenetica attività Internet dell’UDC di Pierferdinando Casini la cui presenza online da Twitter a Friendfeed, da Dopplr a Facebook da Youtube a Tumblr è quasi stordente. Antonio Di Pietro in questo contesto generale è forse l’unico che monetizza una presenza in Rete costante ed attenta da tempo, ancorché tecnicamente demandata alla stessa struttura organizzativa che gestisce il blog di Beppe Grillo.
Comunque sia, nella grande maggioranza dei casi, fra progetti finanziati in gran parte dai contribuenti (come quello della dalemiana RedTV) e semplici e passeggere esposizioni pre-elettorali, il desiderio della politica di incontrare i cittadini in Rete non sembra essere esattamente la prima fra le priorità.
La Rete non sposta voti – dicono ancor oggi in tanti con qualche ragione – ne consegue che lo stato dell’arte attuale, nella migliore delle ipotesi, sembra essere quello di stipendiare qualcuno che ci aggiorni i “cosi social” su Internet (così che nessuno dica che non avevamo tenuto in conto il nuovo mondo che cambia) per continuare tristemente a scaldare la sedia nei talk show di prima seconda e terza serata ripetendo slogan e brevi ragionamenti ogni volta uguali.
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