Il problema non è vergognarsi. Il problema è essere raccontati per quello che si è. La differenza è marginale solo per gli stolti. E se le straordinarie pessime figure dei nostri aspiranti legislatori delle cose di Internet (dal Senatore D’Alia seguito dal Senato intero, a Gabriella Carlucci, a Luca Barbareschi a tanti altri) non trovano troppa eco nei quotidiani e nei telegiornali nostrani la ragione è tanto disarmante quanto chiara. I media italiani continuano ad essere persuasi del fatto che le notizie che parlano della rete siano argomento barboso e di nicchia e come tali meritevoli di poche righe a margine, nel fondo in una pagina interna, tutt’al più con una eccezione: tali argomenti guadagnano maggior visibilità solo in una ottica di contrapposizione politica fra l’etichetta partitica del politico X e la linea editoriale del quotidiano Y, mai per la sopravvenuta consapevolezza della importanza degli argomenti in campo.
A questo si aggiunge una distanza significativa che tiene lontana l’agenda informativa di questo paese da quella degli altri paesi europei: dove il racconto della politica all’estero è spesso riferito ai fatti internazionali, da noi il TG1 dedica molti minuti ogni giorno alla sfilata dei politici di ogni ordine e grado che recitano loro stessi e le loro italiche pochezze. Il respiro di simili tematiche non supera mai il paio di metri e innalza le beghe di cortile ad esempio della dialettica politica nazionale.
Se questo è il contesto non deve meravigliare che gli intenti censori dei Senatori della Repubblica persuasi della necessità di “regolare” Facebook o YouTube trovino orecchie incredule ed interessate negli Stati Uniti e nel resto del mondo mentre passano sostanzialmente sotto silenzio in Italia. Di ritorno da un breve tour italiano, Cory Doctorow di BoingBoing – uno dei più importanti blog in lingua inglese – pubblicato un pezzo di commento sulla situazione italiana incollando un commento di Beppe Grillo che è poi stato ripreso anche da Andrew Sullivan, altra firma di punta del giornalismo online americano. Il fatto è che oltreoceano la situazione di questo paese suona molto preoccupante in termini di minaccia ai diritti dei cittadini ed alle loro libertà. Analoghi articoli sono usciti un po’ ovunque in rete a commento degli imbarazzanti orientamenti politici del nostro parlamento su tematiche tanto centrali e importanti. E la voce che l’Italia sia un paese strano anche nei confronti della rete prende sempre maggior consistenza e sta per trasformarsi in un luogo comune.
Arianna Huffington, il cui sito è oggi un vero e proprio quotidiano online capace di influenzare l’agenda informativa in USA, di passaggio in Italia nei giorni scorsi ha chiesto a Luca Sofri di scrivere un commento per l’ Huffington Post sulla strada italiana alla regolazione di Internet. E Sofri non si è fatto pregare, raccontando ad una audience molto vasta le miserie della classe politica di questo paese in lotta contro i mafiosi su Facebook.
Simili importanti contributi non sono ovviamente in grado di superare la sostanziale impermeabilità della politica italiana, troppo impegnata a rimirare sé stessa nei piccoli specchi nostrani: la rassegna stampa del Senatore D’Alia comprenderà forse qualche estratto dell’Eco di Messina (se esiste) ma dubito riguarderà i commenti ai suoi progetti legislativi su Boing Boing e Huffington Post (che messi assieme forse fanno il numero di lettori di tutta la stampa italiana).
A margine di una classe politica che legifera dentro una propria sostanziale impreparazione (amorevolmente incamminata sulla giusta direzione da soggetti ingombranti ed interessati) esista un ambiente informativo intossicato dai propri ormai logori punti di riferimento: il riferirsi costantemente solo al piccolo orticello delle cose locali, l’incapacità di selezionare le notizie per la loro capacità di cambiare il mondo, i tanti piccoli vassallaggi politico-economici che dettano di fatto la scaletta delle informazioni che arrivano alla popolazione attraverso gli strumenti di comunicazione di massa.
L’unica consolazione è che i pochissimi che in Italia leggevano la stampa internazionale oggi sono sempre di più, soprattutto grazie alla Rete. I più curiosi fra gli italiani completano o sostituiscono i propri riferimenti informativi con fonti che giungono da Internet, che è ormai l’unico strumento in grado di spezzare le schiavitù del pastone informativo che quotidiani e TG organizzano sempre uguale ogni santo giorno.
Tutti questi cittadini hanno di fatto solo due alternative: vergognarsi di questo paese o immaginare come tentare di produrre qualche piccola crepa nel muro di cinta che lo asfissia. Da queste parti, con tutti i limiti del caso, si fa un po’ uno e un po’ l’altro.
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