Leggo su Punto Informatico di venerdì una dichiarazione del Ministro Paolo Gentiloni secondo la quale uno dei prossimi obiettivi del governo in materia di comunicazioni, dopo i grandi successi legati alle norme antipedofilia, sarà quello di preoccuparsi della navigazione in rete attraverso device mobili dei cittadini minorenni. Mentre le aste per il Wimax languono, la separazione della rete Telecom, da tutti annunciata, tarda a dar segno di sé, mentre perfino i nostri rappresentanti a Bruxelles non si sentono troppo bene (il vicepresidente Frattini, come è noto, insiste nei suoi convincimenti sulla necessità di censurare le parole pericolose fin dentro i motori di ricerca) il ministro delle Comunicazioni, divenuto ormai suo malgrado il paladino di un certo integralismo cattolico che vede la rete Internet come un mostro da rinchiudere dentro gabbie sempre più sicure, ci informa della necessità di proteggere per l’ennesima volta i cittadini della Repubblica dai pericoli della rete.
Dopo averci imposto una normativa antipedofilia che prima di punire i colpevoli dei reati di diffusione di materiale pedopornografico si preoccupa di chiudere gli occhi a tutti gli altri cittadini normali, ostacolando loro la navigazione dentro siti web dai contenuti dubbi (non solo quelli manifestamente vietati ma, come è successo recentemente, anche quelli nei quali si esprimono semplici opinioni pro-pedofilia, per non parlare di quelli di scommesse online), oggi il Ministro rivolge la sua attenzione ai navigatori della rete che non hanno ancora raggiunto la maggiore età. Anche in questo caso l’idea sembra essere originale e discretamente curiosa. Poiché moltissimi minori italiani posseggono un telefonino e poiché simili marchingegni, ormai nella quasi totalità, consentono a vario titolo l’accesso alla rete Internet, lo Stato – pare di capire – dovrà preoccuparsi, di concerto con ISP e operatori telefonici di rete mobile, di regolare l’accesso alla rete dei minori di 18 anni al di fuori delle mura domestiche.
La grande differenza fra l’accesso alla tentacolare rete Internet attraverso l’adsl casalinga e quello mediato dal telefono cellulare è, secondo il Ministro, ben evidente. In casa i giovani possono essere controllati dai genitori, fuori dalle mura domestiche no.
Eppure il Ministro conoscerà certamente le statistiche secondo le quali in Italia negli ultimi anni, in virtù anche di una frattura generazionale che ha reso i giovani maggiormente edotti sulla navigazione in rete rispetto ai propri genitori ma anche, soprattutto, per altre meno nobili ragioni, la grande maggioranza dei minori naviga in rete da casa al di fuori di ogni controllo parentale. Tre adolescenti su quattro vengono controllati in maniera casuale o per nulla mentre navigano su Internet dentro le mura domestiche: la vecchia comoda abitudine di abbandonare i figli di fronte alla TV a qualsiasi ora del giorno e della notte sembra quindi essere stata trasferita di peso sull’accesso a Internet.
Del resto i soggetti che agitano in questo paese campagne sui pericoli di Internet sono da anni sempre gli stessi: esibizionisti di varia natura, onlus di genitori in cerca di notorietà, associazioni di consumatori pronte a cavalcare qualsiasi argomento in grado di far loro raggiungere le pagine dei quotidiani. Frammenti infinitesimali di una società civile con modestissima capacità di rappresentare tutti i cittadini italiani, stringono rapporti con Ministeri ed Istituzioni per dar fiato alla “grande chiacchiera”: quella solita della rete Internet temibile e piena di insidie.
Nella solita danza dell’aragosta alla quale siamo ormai abituati, il Ministro inizia ogni suo discorso con una generica condivisibile sottolineatura delle grandi opportunità della rete per poi continuare in un tripudio di distinguo che portano sempre e comunque alla medesima conclusione: quella della necessità di controllare, regolamentare, limitare e nei casi peggiori, censurare.
Mentre il Ministro stesso ha recentemente assunto in prima persona alcune importanti posizioni sulla differente responsabilità dei blogger rispetto ai direttori di testata giornalistica per ciò che attiene al reato di omesso controllo, giudizi altrettanto positivi non sembrano per ora possibili sul rischio, da sempre in questo paese molto forte, di continuare nell’opera certosina di demonizzazione della rete Internet a beneficio quasi esclusivo degli interessi di piccoli dinamici gruppi di potere.
Stando così le cose, a questo punto un consiglio minuscolo a Paolo Gentiloni ci sentiamo di darlo: soppesi bene il Ministro vantaggi e pericoli dell’accesso alla rete in questo paese, lavori per i primi e parli un po’ meno dei secondi, magari lasciandosi alla spalle quella grande corte dei miracoli di soggetti che, a vario titolo e sovente per i propri interessi, contribuisce – a forza di continui “al lupo, al lupo” – a descrivere Internet ai cittadini italiani che ancora non la conoscono bene, per quello che davvero non è.
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