La censura di Apple nei confronti della applicazione IOS di 500px potrebbe essere considerata, se avessimo aspirazioni da astrologi o propensioni da scommettitore, come un segno piccolo e precocissimo di una prossima possibile decadenza del gigante di Cupertino. E questo non certo per via della nota allergia alla pornografia che Steve Jobs riaffermò spesso quando era in vita, quanto per l’inconsistenza e la pochezza degli argomenti portati a sostegno della sospensione temporanea della applicazione di sharing fotografico dallo store di iTunes.
Intanto qualsiasi gendarme di Apple avrebbe potuto rapidamente accertarsi di un fatto: su 500px non sono presenti immagini pornografiche. Nudi più o meno artistici quanti ne volete, ma pornografia nemmeno l’ombra. In secondo luogo la app di 500px non consentiva l’accesso a quelle immagini, per vedere le quali è necessario accedere al proprio profilo di registrazione e selezionare una opzione apposita che di default è disattivata. In termini strettamente pratici, l’applicazione che Apple avrebbe dovuto bannare dal giardinetto chiuso dei suoi utenti avrebbe dovuto essere Safari, visto che questa operazione su Pix500 è possibile solo attraverso un browser Internet. Lo stesso browser Internet che ovviamente consente agli utenti di iOS di accedere a tutta la pornografia che vogliono senza che questo crei alcuna pulsione censoria ad Apple nei confronti dei propri software.
Se questo non bastasse, Apple ha motivato vagamente fra le ragioni della sospensione dell’applicazione la presenza sul sito di immagini pedopornografiche. Il pedoporno del resto è la parola magica capace di fiaccare qualsiasi resistenza e fare in modo che la grande massa degli utenti alzi le antenne e invochi immediatamente punizioni esemplari. Nulla di particolarmente nuovo, anche la legge italiana ha spesso attinto a questo cortocircuito morale per far approvare normative potenzialmente censorie e unilaterali ben al di là della tutela dei minori.
Se qualcuno si dà la pena di leggere il comunicato di Apple scopre che oltre alla motivazione sull’accesso attraverso alla app a materiale pornografico, un utente (un utente?) avrebbe segnalato ai revisori di Apple la presenza sul sito di materiale pedopornografico. Mentre i responsabili di 500px escludono di aver mai avuto segnalazioni in tal senso (e c’è da credergli in relazione alla tipologia stessa del progetto), il fatto che Apple nemmeno abbia ritenuto di controllare la veridicità delle segnalazioni ricevute e si sia accontentata di un “si dice” racconta con esattezza una nuova superficialità. Basta insomma la segnalazione di chiunque per scatenare la censura preventiva del gigante bacchettone nei confronti degli sviluppatori, anche se il pedoporno non c’è, anche se il porno non c’è, anche se le immagini eventualmente raggiungibili su 500px sono acqua fresca, scandalosamente parlando, rispetto a quando qualsiasi ricerca su Google può offrire utilizzando gli strumenti legali presenti su iOS.
Esiste insomma una straordinaria fragilità ideologica da parte di Apple che in questioni tanto piccole suona forse irrilevante ma che è la spia di una debolezza assai più grande e centrale di tutta la piattaforma il cui equilibrio, fra mercato ed opportunità, non può essere né casuale né troppo moralmente orientato. Pena la sua inevitabile perdita di appeal nei confronti della clientela pagante.
Se la grande superficialità mostrata in questa vicenda (una app censurata per la vaga segnalazione di un utente) dovesse ripetersi in futuro, tutto ciò, anche in relazione alla mancanza di Steve Jobs che è stato per molti anni il collante ideologico delle scelte di Apple proponendo spesso orientamenti magari discutibili ma spesso imperscrutabili e di segno opposto uno con l’altro, significherebbe una buona ragione per molti utenti affezionati di migrare verso altri lidi. Che esistono, crescono, sono lì ad un passo e non fanno del calvinismo dei Padri Pellegrini la bandiera quotidiana della propria diversità dal mondo intorno.
Tutti gli editoriali di M.M. sono disponibili a questo indirizzo