Quanti “frequentano” Internet da un po’ di anni se ne saranno accorti. La capacità di influenza degli eventi che accadono in rete sul mondo reale è andata progressivamente aumentando. Le distanze fra le parole e i fatti di Internet e le parole e i fatti della nostra esperienza quotidiana fuori dalla rete sono sempre minori. Ogni giorno un passettino le avvicina di un po’.
Mentre qualche anno fa la rete italiana pativa una forma di fastidiosa afonia nei confronti del mondo delle decisioni, ed i suoi abitanti vivevano questa incomunicabilità come una sorta di frustrante censura, oggi piccoli episodi che accadono sempre più frequentemente, ci suggeriscono che qualcosa sta cambiando.
Qualche settimana fa sul web italiano qualcuno si è accorto, per la precisione un lettore di Wittgenstein , il blog di Luca Sofri, che in un collegato alla Legge Finanziaria, era contenuto un comma di variazione della Legge sul diritto d’autore. Certo, la scoperta sarebbe potuta avvenire anche altrove, ma è un fatto che la propagazione di questa notizia, le differenti possibili interpretazioni di questa nuova norma, le preoccupazioni per quanto questo piccolo comma avrebbe potuto limitare la comunicazione fra le persone, sono nate su Internet e si sono propagate come avviene solitamente su Internet: attraverso il passaparola fra tanti piccoli punti di emissione.
Sapete cosa sarebbe accaduto anche solo cinque anni fa in un caso del genere? La risposta è facile: nulla. Non sarebbe accaduto un bel niente. Nel 2001 questo giornale raccolse 56mila firme (56mila firme nella Internet italiana del 2001 era un numero molto significativo) per una petizione che sollecitava, anche in quel caso, modifiche ad un pasticciato e pericoloso intervento normativo sulla legge sul diritto d’autore (sempre quella). Quelle firme, che rappresentavano la più grande petizione mai nata sulla rete italiana, ebbero, al di fuori della rete, l’effetto di un flebile respiro dentro un monsone caraibico. Gli effetti di quella grande iniziativa digitale, sui grandi media e nel mondo politico, furono minimi e quelle firme credo se ne stiano dentro un cassetto della Camera dei Deputati in attesa di essere diversamente riciclate.
Oggi per molto meno le cose sono andate in maniera radicalmente diversa. Questo accade perché il numero di persone che vivono Internet o che almeno “osservano” Internet, è aumentato in maniera significativa. Le piccole conversazioni dentro la rete sempre più spesso diventano piccole (o grandi) conversazioni anche fuori dalla rete stessa.
Nel caso in questione è accaduto che il passaparola sul decreto, una norma sulla riduzione delle possibilità di citazione gratuita di testi editoriali, abbia prima seguito le dinamiche classiche della rete Internet, rimbalzando da sito web in sito web, generando campagne di protesta online ed accese discussioni sulla interpretazione giuridica, per poi uscire dalla rete e raggiungere le stanze della politica. La norma incriminata è stata così per ora, almeno temporaneamente, cancellata.
Cosa è cambiato rispetto a cinque anni fa? Intanto è accaduto che sempre un maggior numero di parlamentari abbia una presenza non casuale in rete. Per esempio Roberto Giochetti della Margherita, che insieme a Franco Grillini è stato il promotore dello stralcio della norma in questione, ha un weblog sul quale ha tenuto informati i suoi lettori dei passi in Commissione al riguardo. Ma non si tratta solo di questo. Esiste una attenzione generale molto superiore a ciò che accade in rete rispetto a qualche tempo fa. Per i media Internet è diventata una fonte costante di notizie più o meno importanti. Si pesca su Youtube, si citano siti web molto letti come quello di Beppe Grillo, si scrivono articoli sulle amenità che ogni giorno accadono in rete. E si scrive di come i “cittadini della rete”, l’enorme nuovo altoparlante della opinione pubblica, reagiscano a ciò che accade loro intorno. Per queste ragioni di nuova centralità anche politica la rete italiana sembra sulla strada per diventare un termometro del clima del momento, da seguire e controllare con attenzione.
È normale che sia così. Sempre più persone utilizzano la rete in maniera massiccia per informarsi e dialogare, le parole della rete diventano così – e finalmente – “argomento” ovvio della comunicazione generale.
Esiste un solo grosso rischio a questo recente sdoganamento ed è legato, ancora una volta, all’errore di applicare alla rete le gerarchie comunicative alle quali siamo stati fino ad oggi abituati.
Qualche tempo fa un mio caro amico, esperto di Internet e blogger di vecchia data, è stato invitato ad un convegno moderato da Bruno Vespa. Durante l’evento Vespa gli chiedeva quali fossero i blogger più “famosi” d’Italia. Questo mio amico, pazientemente, tentava di spiegare come fosse complicato anche solo pensare una classifica del genere, incapace di rendere la complessità dei rapporti di reciproca influenza che si creano in rete. Così un blogger può essere molto “famoso” per alcuni e pochissimo per altri: per esempio – diceva – Beppe Grillo è certamente un blogger molto letto, il suo sito web è fra i più visitati della blogosfera, ma forse non è altrettanto influente in rete rispetto a quanto si potrebbe credere. Al che Vespa ci ha pensato un po’ e, forse per superare l’impasse, ha chiesto: “Vabbè, allora chi è il secondo blogger più famoso d’italia?”.
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