Sabato scorso sono stato a Bologna al FemCamp .Ed ho visto, o mi è parso di vedere, alcune piccole scene di un mondo che cambia. Leggiamo da anni statistiche che ci confortano sulla riscossa femminile in rete. Esiste – inutile tacerlo – un vizio antico ad esagerare la presenza femminile su Internet anche se ancor oggi le donne sono da queste parti probabile minoranza. Come sottolinea bene Giancarlo Livraghi nella sua pagina che riassume i rapporti statistici degli ultimi dieci anni fra utenti dei due sessi nella rete italiana, la tentazione di raccontarci una rete in mano alle donne è ormai vecchia di un decennio: eppure l’analisi ragionata dei dati del Censis ci porta a ritenere che le donne in rete siano oggi comunque in forte evidente aumento. Scrive Livraghi con il suo solito buonsenso in questa analisi datata 2006: “Se in Italia, dieci anni fa, (le donne) erano circa un decimo del totale, nel 2001 erano più di un terzo. Oggi sono oltre il 40 per cento. La “parità” non è ancora così vicina come potevamo sperare.”
Fatta questa premessa, sabato scorso a Bologna si è tenuto il primo Barcamp tematico sull’universo femminile in rete: quale miglior occasione per dare una occhiata da vicino ai cambiamenti degli ultimi tempi della partecipazione attiva delle donne alla rete italiana?Il Camp è stato ospitato all’interno del laboratorio Technèdonne , un progetto bolognese di ampio respiro che intende combattere il divario digitale femminile attraverso molteplici differenti strumenti di alfabetizzazione tecnologica.
E proprio all’interno di questo contesto assai particolare, chi si aggirava per le stanze della “non conferenza” ha potuto osservare le grandi distanze che separano la teoria dalla pratica, l’analisi sociologica dell’impatto tecnologico sull’universo femminile dal racconto delle esperienze concrete, editoriali e imprenditoriali, di donne che hanno scelto la rete Internet per valorizzare le proprie competenze.
Una cosa non esclude ovviamente l’altra, ma mai come da quando esiste la rete possiamo osservare lo scarto netto fra chi fa e chi pensa. Viene in mente la storia istruttiva e un po’ ridicola del famoso motore di ricerca europeo, quel progetto franco-tedesco di rivincita tecnologica del vecchio continente nei confronti di Google cento volte elaborato, mille volte annunciato negli ultimi anni e sempre rimasto allo stadio delle intenzioni e poco più. Esiste davvero un rischio di monopolizzazione dei contenuti di ricerca ed un vantaggio competitivo ad esso legato? Può anche essere, ma certo è inutile opporsi a parole alle evidenze tecnologiche. La rete come un luogo nel quale prima si mette in pratica e poi si discute deve oggi saperci insegnare qualcosa. L’esatto contrario di ciò che avviene da cent’anni nell’elaborazione culturale del vecchio mondo.
Ci sono molti progetti femminili oggi nella rete Italiana, alcuni dei quali, come Style.it , di cui si è parlato in una delle presentazioni più seguite, capaci di coniugare senza pensarci troppo gli aspetti sociali (fornire alle donne che lo desiderano uno strumento di informazione e pubblicazione a propria misura) con quelli commerciali (creare una comunità di utenti a margine di progetti editoriali femminili come i magazine di Condè Nast): luoghi della rete utili per quelle migliaia di navigatrici donne che anche nella internet italiana non solo sono in rapida silenziosa ascesa numerica ma che, sempre più spesso, decidono di partecipare alla “grande conversazione” aprendo un blog, discutendo su forum, magazine elettronici e liste di discussione, cercando ambiti di interattività a propria misura.
Barbara Bellini community manager di Dada ha mostrato come nella azienda fiorentina il numero di donne con incarichi di responsabilità sia molto alto: diverse altre realtà femminili della rete Italiana e non sono state illustrate nell’ambito del Camp bolognese (impossibile seguirle tutte molte conferenze erano in contemporanea), c’era Amanda Lorenzani di Excite UK (organizzatrice qualche mese fa della prima “Girl Geek Dinner” italiana), Tara Kelly di PassPack , c’erano molte blogger e giornaliste donne, in grado di disegnare lo scenario della rete al femminile come forse in Italia prima di oggi non si era mai tentato.
Poi c’erano, quasi a fare da piccolo contraltare, le energiche attiviste di Technèdonne alle quali va il grande merito di aver saputo organizzare un evento simile con impegno e passione. Qualcuno (come me) è rimasto a bocca aperta quando alla fine della presentazione di Andrea Beggi (una presentazione di divulgazione tecnologica dedicata alle donne interessate alla syndacation dei propri siti web, tenuta da un blogger assai noto esperto di network al quale i suoi fans hanno perfino dedicato un blog sullo stile di quello di Chuck Norris) una delle attiviste di Technè ha chiesto un po’ provocatoriamente, con un piccolo verboso intervento con un linguaggio molto anni 70, dove fosse la “produzione di senso” nell’utilizzo di uno strumento come feedburner.
Ecco, ora mentre scrivo a ventiquattro ore di distanza mi accorgo che la “produzione di senso” di eventi del genere (così come dell’utilizzo illuminato dei feed RSS) è forse più evidente di quanto non potrebbe sembrare. Per esempio capire che il mondo cambia, che il divario digitale legato al sesso almeno in Italia va rapidamente liquefacendosi in relazione al grande numero di donne che ormai utilizzano la rete a tutti i livelli e che Internet resta in ogni caso una grande arena di “valore assoluto” senza biglietto d’ingresso. Dove le donne con la loro mai abbastanza sottolineata sensibilità ed intelligenza la faranno presto da padrone.
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