Deve essere così. Apple è circondata da una sorta di zona franca di comprensione costruita dai suoi stessi utenti. Una sorta di reputazione magica contro la quale non c’è molto da fare. Esiste, ed è palpabile da chiunque. E le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti. Io che da qualche anno un po’ vado in giro ad inseguire le cose della rete dove accadono, potrei anche esservene modesto testimone. Qualche settimana fa per esempio me ne stavo in un angolo della Press Room del Web 2.0 Summit a San Francisco a contare quanti fra i più famosi giornalisti tecnologici del pianeta “non” avessero un Mac. Ebbene costoro, credetemi, erano pochissimi: i portatili con la mela morsicata, in tutte le loro varianti, quasi riempivano la sala. Tutti prezzolati da Steve Jobs? Probabilmente no. Tutti ragionevolmente certi della superiorità di Apple rispetto agli altri sistemi? Non credo.
Il fatto è che Apple monetizza con intelligenza l’aura di rispetto e attenzione che negli anni ha saputo creare attorno ai suoi prodotti e questo avviene ormai indipendentemente dalla qualità degli stessi. Qualche giorno fa Robert Scoble, noto blogger americano anch’egli recentemente “convertito”, anche se a quanto pare non completamente, alla religione di Steve Jobs, ha raccontato ) di aver tentato di convincere alcuni amici, tecnologi della Silicon Valley, a confessare davanti ad una telecamera i guai tecnici dei loro Mac e che questi abbiano rifiutato recisamente, non volevano intaccare il mito della propria casa di computer preferita. Scoble è per la verità un po’ arrabbiato di suo. Gli ultimi Macbook che ha acquistato per sé e per suo figlio, a dispetto dei dettami della nuova religione, hanno avuto più di un problema tecnico.
Eppure non si tratta nemmeno di effetti di una illuminata azione di pubbliche relazioni. Apple anzi è famosa per non distribuire hardware gratuito a nessuno (se si eccettua – dice sempre Scoble – ad alcuni numi tutelari del giornalismo tecnologico come Steven Levy o Walt Mossberg) e si è distinta negli ultimi anni per alcune suicidiarie azioni legali contro blogger sedicenni che avevano pubblicato in rete anticipazioni sui propri nuovi prodotti in presentazione. Azioni che certo non hanno giovato alla propria immagine pubblica. Come se non bastasse, gira in rete in questi giorni un illuminante video di una intervista a Phil Schiller, uno dei massimi dirigenti Apple, nel quale, con la finezza di un grizzly, un paio di persone delle PR Apple interrompono la registrazione poiché il giornalista si era permesso di uscire dall’argomento concordato (i nuovi iPod) per domandare lumi sul monopolio di iTunes. Apriti cielo.
No, non si tratta di questo: Apple ha un ufficio di PR molto simile a quello di molte altre aziende (magari anche peggio, chissà) ma nonostante questo continua a godere di un privilegio di immagine in grado di minimizzare moltissimi problemi che tutte le grandi aziende normalmente hanno.
Se esiste un culto di Apple, quella strana sensazione di apologia della semplicità del software, del design superiore e di mille altri piccoli particolari, questo oggi sembra essere in grado di avvolgere gli utenti della mela anche quando le loro macchine – come tutte – hanno problemi o mostrano difetti di fabbricazione, tanto che spesso si cita il concetto secondo il quale se il tuo Mac ha qualche problema quello quasi sicuramente dipenderà da te. Non è evidentemente così, ma una sudditanza del genere resta assai interessante da un punto di vista del legame che si crea fra prodotto e suo utilizzatore.
Del resto il mondo dell’informatica visto dal punto di vista di Steve Jobs è un universo semplice ed assai ben polarizzato. Anche le campagne pubblicitarie e gli slogan lo riaffermano ogni volta: esiste Mac e esiste Windows, due mondi e due filosofie che si vorrebbero identificare come assai differenti, e insomma, ci racconta ogni volta Jobs durante i suoi keynote, “guardate che non esiste proprio paragone, noi innoviamo loro copiano”.
Molta parte della grande inutile discussione fra utenti Mac e Windows discende proprio da questa impostazione mediatica che negli anni si è andata facendo sempre più accentuata ed anche una certa quota del gigantesco ombrello di rispetto che Apple ha saputo costruirsi in questi anni prescinde così dal valore assoluto dei prodotti che vengono immessi sul mercato. Ovvio che si tratti anche in questo caso di un valore, ma ogni tanto è comunque sano sottolineare, come sta avvenendo in rete in questi ultimi giorni, che anche in casa Apple – come è normale che sia – non è tutto oro quel che luccica.
Disclaimer: i Mac in casa Mantellini funzionano tutti più o meno regolarmente.;)
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