Perché il mese prossimo Blockbuster dichiarerà fallimento? Per diverse ragioni, molte delle quali abbastanza lontane dalla semplificazione di certa stampa italiana che, nel darne notizia, ha scritto che il più grande noleggiatore di video al mondo chiuderà per colpa della pirateria su Internet.
Blockbuster chiude invece per una ragione sopra le altre: perché il formato dei suoi prodotti sta scomparendo. Mentre questa scomparsa prendeva forma loro, che erano grandi e pesanti, non sono riusciti ad organizzarsi per tempo. La colpa è dei bit che hanno abbandonato la schiavitù del supporto, esattamente come le parole si sono ormai separate dalla carta da lettera o i biglietti del treno dal cartoncino rigido consegnato allo sportello della stazione. Certo esistono ancora i DVD, l’industria multimediale ha sparato una delle ultime cartucce sui supporti con i blu-ray disk e le stazioni ferroviarie sono ancora popolate di gialle obliteratrici: ma stiamo parlando di oggetti complessivamente morti, già consegnati al ricordo di un periodo ormai passato, anche se tutt’ora percepito come attuale.
Nel prossimo ottobre saranno trascorsi due anni dalla presentazione del Macbook Air, uno dei primi computer portatili pensato senza lettore CD/DVD. Nei due anni appena trascorsi moltissimi fra i computer venduti sono stati dei netbook, piccole macchine anch’esse fisicamente incapaci di leggere i supporti a disco. Nella riduzione di volume degli oggetti sono le cose meno importanti a farne le spese per prime. Nello stesso periodo abbiamo assistito anche ad una lenta migrazione dei contenuti audio e cinematografici dai device dedicati verso i computer: eppure oggi molte di queste macchine non hanno nemmeno più un pertugio nel quale inserire i DVD noleggiati da Blockbuster, o i CD acquistati in uno di quei luoghi strani chiamati negozi di dischi.
La scomparsa dei supporti crea un effetto domino prevedibile che riguarda molti attori differenti, e comprensibilmente viaggia più veloce nei paesi dove l’utilizzo della tecnologia ha maggiore diffusione. In USA i concorrenti di Blockbuster, che in questi ultimi due anni hanno guadagnato buona parte del mercato, si chiamano Hulu o Netflix, società che gestiscono lo stesso tipo di bit, ordinati in forma di film, documentario o serie televisiva, ma che non sanno (quasi) cosa sia un CD o un DVD. Che possono ignorare le meraviglie del blu-ray, esattamente come un acquirente di musica digitale ignora la magia del vinile o degli amplificatori valvolari.
A differenza del libro che è un oggetto affascinante e complesso, carico di storia e sensazioni tattili, una videocassetta in plastica nera o un CD sono da sempre supporti casuali e senza anima, totalmente slegati da qualsiasi carico affettivo dei suoi utilizzatori. Nessuno ha pianto quando le videocassette sono silenziosamente scomparse dagli scaffali degli ipermercati, nessuno piangerà quando i DVD smetteranno di frequentare le nostre case.
Uno dei limiti sentimentali, nel passaggio dei contenuti della nostra libreria multimediale alla dimensione immateriale, è invece la sensazione di mancato possesso. Le nostre case hanno ampie librerie dove custodire i “nostri” libri. Oggetti che una volta acquistati nessuna Amazon potrà cancellare da remoto (come invece accade per le nostre librerie su Kindle) e che riempiono la nostra vita occupandone uno spazio fisico. Lo stesso accadeva, pur se in misura minore, con i CD musicali o con videocassette, con i videogames o i film in DVD. Partecipavano come potevano all’arredamento di casa. Ma, a differenza dei libri, nessuno di questi oggetti era veramente nostro e forse anche questo ne ha accelerato la fine. Le licenze d’uso hanno esteso dal software all’intrattenimento la fine della nostra rassicurante sensazione di possesso. Internet è diventata la nostra libreria, non solo nel senso dei prodotti multimediali variamente raggiungibili, ma anche in quella più concreta e materiale del nostro scaffale.
E lo spostamento dei bit verso la nuvola ha ovviamente aggiunto anche consistenti e nuove controindicazioni. Sulla manutenzione e sulla sicurezza degli archivi intanto, uno degli interrogativi più seri che il passaggio al digitale impone alla nostra società, ma anche sulla più immediata fruibilità di un bene che risiede attualmente ad una certa distanza fisica da noi stessi. Termina con la fine dei supporti il minimo residuo fraintendimento sul possesso materiale delle opere dell’ingegno, ma nasce anche una nuova complicazione legata al nostro diritto di accesso a contenuti che abbiamo regolarmente pagato. Un universo nuovo di rapporti complessi, fortemente mediati dalla tecnologia, dentro il quale Blockbuster non ha saputo trovare una propria posizione.
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