Roma – L’articolo che state iniziando a leggere era nato, qualche giorno fa, con l’intento di provare a ridimensionare le aspettative generate dal recente decreto Landolfi sul wi-fi, di cui anche Punto Informatico ha ampiamente riferito . Un provvedimento descritto sui media come la liberazione finale dell’utilizzo delle wlan in Italia quando, a voler essere precisi, l’utilizzo delle frequenze a 2,4 ghz resta comunque regolamentato e riservato a categorie professionali ben precise. Niente wi-fi libero, quindi.
Non so dire ora se le recenti modifiche al decreto Gasparri del 2003, il quale potrebbe essere sinteticamente descritto come un tentativo riuscito di congelare ogni libero utilizzo del wi-fi in Italia iper-regolamentarne l’utilizzo, serviranno a sviluppare un mercato nuovo ed alternativo sull’ultimo miglio gestito da operatori medio piccoli o se saranno in grado di sciogliere i legacci che hanno avvolto fino ad oggi i pochi progetti di reti civiche senza fili, partiti fra mille difficoltà burocratiche nei più lungimiranti fra le migliaia di comuni italiani non raggiunti dalla banda larga. Francamente mi auguro che ciò accada.
Era nato così questo Contrappunti e così sarebbe continuato se non mi fossero capitate sotto gli occhi, a titolo di promemoria, le perplessità di David Sifry, Ceo di Technorati, relative al progetto della municipalità di San Francisco che si appresta a coprire in wi-fi l’intera città, avvolgendo case, monumenti, parchi e cittadini all’interno di un ambiente gratuito di collegamento alla rete Internet sulla larga banda senza fili.
Si è parlato molto in questi giorni di tale progetto ma pochissimi hanno sottolineato come la proposta di Google per una “free wi-fi area” grande come tutta la baia californiana, sia solo una delle 24 presentate. Questo per dare una idea della ampiezza e dell’interesse che simili esperimenti stanno richiamando oltreoceano. Detto questo, David Sifry si chiede, fra le altre cose: come si conta di autenticare gli utenti? Quali servizi saranno possibili sul wi-fi municipale? Web? Posta elettronica? File sharing? Come si potrà evitare che simili servizi gratuiti generino a loro volta un monopolio di fatto, condizionando pesantemente il mercato?
Rispondere a questi quesiti (ed anche ad altri, del tipo: quanta banda si pensa di utilizzare? Ci sarà pubblicità? Ecc. ecc.) è tutto fuorché banale. Si tratta intanto di capire se la connettività gratuita, considerata sempre più spesso come una sorta di diritto riconosciuto all’accesso o di indispensabile valore aggiunto fra i servizi offerti al cittadino, possa essere messa sullo stesso piano di quella mediata dagli ISP commerciali che abbiamo fino ad oggi utilizzato.
Del resto, i rischi di abusi su servizi gratuiti simili sono molto evidenti e difficilmente superabili. Forse per questa ragione altre città americane come Filadelfia hanno scelto una soluzione intermedia che, da una parte lascia sulle spalle della municipalità gran parte dei costi della rete senza fili e, dall’altra, demanda ad un ISP, in questo caso Earthlink, la vendita del servizio di connessione a prezzi calmierati (20 dollari al mese per un accesso wifi in tutta l’area metropolitana a 1mb/sec).
Sembra del resto molto facile lasciarsi travolgere dalla retorica dell’accesso libero e senza fili alla rete Internet mediato da amministrazioni lungimiranti o compiacenti ma, nel momento in cui simili esperimenti si estendono ad intere aree metropolitane, uscendo dai piccoli ambiti dove già esistono, come stazioni, parchi o grandi alberghi, i problemi di messa in opera si moltiplicano, fino a diventare talvolta insormontabili.
E’ cosi necessario interrogarsi prima su alcune questioni fondamentali.
La connessione può essere considerata un diritto o è solo un servizio? Spesso non esiste contraddizione fra queste due idee. Gli amministratori del bene pubblico lungimiranti sanno bene che, sia che si voglia considerare gli aspetti culturali legati all’accesso a Internet, sia che si intenda rimarcarne la funzione di volano nei confronti di altre attività imprenditoriali, un accesso municipale alla rete, è una buona idea. In paesi diversi dagli Stati Uniti poi si inseriscono motivi di opportunità del tutto differenti, in gran parte legati alla scarsa liberalizzazione del mercato delle TLC. Poter rendere disponibile per i cittadini un accesso alla rete gratuito o a prezzi “politici” (anche al di fuori delle condizioni tecniche di eccellenza dei contratti proposti dalle telco) restituisce alle amministrazioni pubbliche (cioè a noi stessi) una parte cospicua del controllo sulle derive culturali che a Internet sono connesse. Resta inteso che non è banale né semplice farlo in maniera intelligente.
Una delle ragioni della scarsa crescita della rete in Italia è stata l’aver lasciato nelle mani del dio mercato qualcosa che invece poteva e doveva essere patrimonio della comunità. Oggi qualsiasi politico che abbia lo sguardo rivolto un poco più in là del proprio naso dovrebbe sapere che continuare a considerare l’accesso a Internet come un semplice servizio di comunicazione, limitandosi a supervisionarne il mercato come si è fatto per anni con i servizi di telefonia, significa privare il proprio paese di una prospettiva di crescita intellettuale molto importante. Un po’ come andarsene in giro a prendere a martellate le biblioteche comunali.
Esiste una grande richiesta di maturità tecnologica degli amministratori pubblici e ciò non si limita certo solo alle opzioni di collegamento a Internet. Invece i nostri politici si sono fino ad oggi preoccupati solo di non sfavorire la grande imprenditoria, in questi anni il loro unico ascoltato interlocutore. Pensate al già citato decreto Gasparri sui wi-fi, al decreto Urbani sul P2P ed alle recenti limitazioni all’accesso alla rete introdotte dal decreto antiterrorismo del ministro dell’Interno Pisanu. Poi leggete queste poche righe tratte da una recente dichiarazione di Al Gore. E vedete se ci trovate qualche millesimale differenza:
“L’ultima cosa che voglio dire è questa: dobbiamo garantire che Internet rimanga aperta ed accessibile a tutti i cittadini, che niente limiti la capacità dell’individuo di scegliere i contenuti che desidera, indipendentemente dal provider Internet che utilizza per connettersi al World Wide Web. Non possiamo sperare che questo sia un futuro già garantito. Dobbiamo invece essere pronti a combattere perché si realizzi, consapevoli che quelle stesse forze economiche e finanziarie che hanno distorto il mercato televisivo hanno ora pari interesse a controllare il mercato Internet. Troppo alta è la posta per lasciare che ciò accada”
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