Credo di essere stato fra i primi, molti anni fa , a scrivere del decreto Pisanu e della sua insensatezza. Se ne parlava, qui su Punto Informatico , quando nessuno sembrava interessato a questa piccolo articolo aggiunto ad un decreto antiterrorismo nato sull’onda degli attentati di Londra del 2005. Come tutte le norme che riguardano Internet e la politica delle reti, per molto tempo l’obbligo di autenticazione per accedere alle reti wireless pubbliche non è interessato a nessuno. Così negli ultimi cinque anni la norma è stata più volte prorogata nella noncuranza generale da governi di ogni colore e propensione.
Non ho cambiato idea da allora e continuo a pensare che quell’articolo di legge fosse sproporzionato e paranoico e che contribuisse a peggiorare la percezione dell’accesso a Internet, in un paese già sufficientemente depresso, più di quanto non tutelasse i nostri interessi di cittadini minacciati.
Circa un anno fa Alessandro Gilioli, Sergio Maistrello, Guido Scorza mi chiesero di aggiungere la mia firma alla Carta dei 100 , tentativo di aumentare la comprensione generale sulla opportunità di cancellare quella norma. La Carta venne firmata da molte personalità note, pubblicata in rete e su L’Espresso e contribuì, almeno in parte, a diffondere fuori da Internet la comprensione minima degli effetti di questa piccola norma. Nel corso dell’ultimo anno altre prese di posizione simili si sono aggiunte e il tema della abolizione del decreto Pisanu sul WiFi ha registrato numerose prese di posizione: da quella di Pisanu stesso a quella di buona parte dei parlamentari dell’opposizione, improvvisamente risvegliati e desiderosi di opporsi ad una norma iniqua, da loro stessi più volte reiterata, anche ai tempi del governo Prodi.
Non si capisce bene se, come dicono in molti in questi giorni, il decreto Pisanu verrà davvero infine ritirato. Probabilmente, se diamo credito alle parole molto vaghe del ministro dell’Interno Maroni, ciò non avverrà e la norma sarà solo modificata nel senso di una sua semplificazione, per esempio riducendo l’ampia burocrazia di documenti fotocopiati e registri da mantenere, che l’ha accompagnata in questi anni.
Quello che è peggio è che oggi su questo cavallino dagli esili garretti sono saliti quasi tutti. Oltre al sotterraneo movimento di riprovazione animato dagli addetti ai lavori e da quanti con il WiFi avrebbero potuto meglio sostenere i propri affari (albergatori, ristoratori ecc), la generica presa di distanza dal decreto Pisanu, dopo aver iscritto fra i suoi sostenitori Pisanu stesso, oggi raccoglie numerosi parlamentari del centro-sinistra, altrettanti del centro-destra, ministri della Repubblica e giornalisti di grido come Beppe Severgnini . Tutto bello e giusto? Non esattamente.
Il decreto Pisanu resta una norma da cancellare, eppure rappresenta in maniera efficace lo strabismo di questo paese contemporaneamente arretrato e superbo, capace di immaginare norme borboniche ed inedite per poi meravigliarsi del fatto che nessuno dei nostri meno sgarruppati vicini le consideri plausibili. Eppure il ragionamento sarebbe semplice: fra la tutela di un ampio diritto e la preoccupazione per una piccola sicurezza i paesi normali in questi anni hanno scelto la prima, l’Italia la seconda.
Sbaglia poi chi sostiene che l’obbligo di registrazione per l’accesso alle reti WiFi abbia depresso fortemente l’accesso alla rete in Italia. La Pisanu è solo il sintomo di un disinteresse più generale, e in questi giorni la santificazione della sua cancellazione da parte di un così ampio schieramento significa in fondo solo due cose: che un piccolo cammino di comprensione è stato intrapreso, e che l’elenco degli smemorati e dei furbi che vogliono sfruttare il tema per proprio interesse personale è sempre molto folto.
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