Roma – Ci guardiamo intorno ed il panorama della connettività in Italia è oggi dei più immobili. Ci sono ottime ragioni per temere il peggio.
Il wi-fi rimane sostanzialmente al palo in attesa degli orientamenti dell’Unione Europea sulla sua piccola o grande (ma si sa già che sarà piccola) liberalizzazione. In un recente convegno Giuseppe Bonacina, direttore consumer di Wind, uno dei due operatori insieme a Telecom in grado di orientare non solo il mercato ma anche la politica delle reti, ha dichiarato a proposito del wi-fi ciò che tutti sanno ma nessuno fino ad ora ha voluto esprimere compiutamente:
“Il wi-fi per noi è una minaccia. Gli operatori che hanno pagato le licenze devono essere tutelati, non possiamo vedere cannibalizzato traffico pregiato e spero che i normatori se ne rendano conto”.
Se non stessimo parlando di una delle più promettenti tecnologie di libertà e condivisione delle conoscenze potremmo archiviare la frase come normale dialettica di mercato (un mercato qualsiasi, quello delle pere come quello dei prosciutti). Così purtroppo non è, e quella di Bonacina è una maniera diretta per riaffermare attese e convincimenti che ormai in Italia sono i medesimi da anni: l’industria delle telecomunicazioni tutela sè stessa e i soggetti deputati alla tutela dell’interesse comune tutelano l’industria delle comunicazioni. L’oligopolio, insomma, ordina e il politico esegue. Un bel circolo vizioso dal quale è difficile immaginare una via d’uscita.
Scordarsi il wi-fi libero delle reti cittadine, degli accessi a larga banda nei parchi e della copertura wireless là dove gli operatori scelgono di non arrivare? Probabilmente sì. Non esiste nessuno in Italia in grado di valorizzarne la carica di innovazione e libertà che tale tecnologia porta con sè; tutto quello che si potrà farne sarà normalizzarla alle esigenze degli operatori della telefonia mobile che già da mesi auspicano interventi e scelte dell’amministrazione in tale direzione. Ecco un’altra dichiarazione illuminante al riguardo questa volta di Mauro Sentinelli direttore di Tim, rilasciata a IlSole24ore qualche giorno fa:
“Se per esempio io mi trovo in aeroporto con il mio palmare e voglio scaricare la mia presentazione appena finita sul server dell’azienda devo avere una soluzione che mi consenta di accedere alla rete wifi esistente ed inviare il tutto a gran velocità pagando magari una tariffa a minuti e non a byte come è oggi con il gprs. Per il wifi infatti quest’ultima sarebbe troppo costosa.”
In altre parole il wifi è una minaccia se finisce nelle mani sbagliate o meglio se resta nelle mani delle singole persone o delle piccole aziende, di quanti ormai in tutto il mondo lo utilizzano per ridurre i costi della connettività alla rete Internet e del traffico dati in generale. Nel caso in cui ritorni nelle mani illuminate di operatori in grado di spremere ben bene le tasche dei manager che si collegano in larga banda dagli aeroporti italiani (Telecom ha recentemente stretto un accordo con Megabeam in questo senso e sta sperimentando il servizio) e della propria clientela cellulare di fascia alta, il wifi diventa come per incanto una formidabile tecnologia.
Dei soggetti che dovrebbero tutelare gli interessi dei consumatori in questa partita meglio non parlare. Tutti ne conosciamo i nomi, dal Ministro delle Comunicazioni ai membri della Authority. Brillano come al solito per la loro latitanza. E a dire il vero non di latitanza si tratta ma di una vera e propria ormai usuale scelta di campo. Anche se il campo non è – come dovrebbe essere – quello di coloro che li hanno eletti.
Il panorama per la connettività ADSL non è migliore. La copertura del paese da parte di Telecom non procede o lo fa in maniera estremamente lenta. Adeguandosi interamente alle esigenze del (proprio) mercato e non alle ben più serie problematiche di diritto all’accesso in ogni zona della nazione.
L’incentivo governativo previsto dalla recente legge finanziaria è servito, come si sapeva, a rendere temporaneamente più appetibili i prodotti commerciali adsl dei principali operatori e a poco altro. Non ha esteso per nulla il numero degli “aventi diritto” ad un accesso né ha invogliato i fornitori di connettività ad allargare il proprio raggio di operabilità. Tutt’altro. E le statistiche, che indicano una stazionarietà del numero di italiani che accedono ad Internet negli ultimi mesi sono, da una parte, la prova di questo immobilismo e dall’altro un ottimo argomento perchè gli operatori non si strappino i capelli a montare centraline adsl in giro per il paese.
Se questo non bastasse il recente accordo commerciale fra Telecom e Netsystem – una società di accesso alla rete via satellite il cui business è stato fin dalla sua creazione non solo nebuloso ma spesso orientato in direzione del tutto opposta alla “economicità” per l’utente Internet – rischia di rallentare ulteriormente la diffusione dell’adsl in Italia. Non mi meraviglierei se Telecom, che si trova oggi, alla luce di questo accordo, quasi monopolista nell’accesso a Internet via satellite, riuscisse a convincere i nostri acuti governanti della opportunità sociale di utilizzare tale forma di connettività per la provincia sperduta del paese nella quale non intende estendere la copertura in larga banda terrestre. Si tratterebbe di una sventura che ha salde ragioni tecniche e altrettanto facile eventuale applicabilità in un paese come il nostro nel quale i politici sono aperti a qualsiasi soluzione tecnologica (anche la più improbabile) purchè venga dalle persone giuste.
Così in un clima di deja vu che ricorda tanto le posizioni che ascoltavamo qualche anno fa quando si diceva che l’umts avrebbe risolto i nostri annosi problemi di accesso a Internet riducendo il gap del nostro paese nei confronti delle altre nazioni industrializzate, oggi Mauro Sentinelli già parla di telefonia 4G, larga banda wireless wi-fi a 54 mb/sec e ripropone quello che definisce lo “stile cellulare”. Cito testualmente dalla stessa intervista a Beppe Caravita de IlSole24ore:
“Ed è importante che dentro il modello di questa nuova Internet cominci ad entrare il nostro “stile cellulare”. Ovvero l’autenticazione dell’utente attraverso la sim card, strumento inviolabile che assicura l’identità della connessione sia per l’utente che per il gestore. E che ritengo sia la migliore ed immediatamente praticabile soluzione per sconfiggere il male di Internet: la sua scarsa sicurezza, rivelatasi tanto profonda in occasione degli attacchi di fine gennaio, che hanno paralizzato interi servizi finanziari nazionali. E noi, come gestori europei, abbiamo già proposto all’Unione Europea la diffusione della sim card come mezzo di accesso generale su Internet. Una proposta su cui a Bruxelles stanno seriamente riflettendo. Ma che comincerà nella pratica, proprio dagli accordi di roaming fra noi e i gestori wi-fi”.
Gli utenti della rete Internet non si meritano nulla del genere. E’ in atto da tempo un tentativo per rendere costoso in qualsiasi maniera l’accesso al traffico dati, in controtendenza rispetto ad una costante riduzione dei costi di tale servizio in tutto il mondo. Prima il blocco delle offerte commerciali di accesso flat analogico a Internet (stiamo ancora aspettando l’interessamento del Ministro promesso più di un anno fa) poi il tentativo di traslare l’accesso a Internet dalla rete fissa che consentiva “scarsi guadagni”, sulla rete umts, collassata fortunatamente sulla propria inconsistenza tecnologica. Adesso eccoci all’addomesticamento forzoso del wi-fi, nata e utilizzata ovunque come tecnologia a basso costo, ubiquitaria e fuori dalle grinfie degli operatori della telefonia, che viene più o meno silenziosamente ricondotta nelle mani dei soliti noti, ansiosi di vendercela “al minuto”, a dieci volte il suo costo, con l’aiuto dei nostri amministratori. Ci manca solo che Telecom annunci trionfalmente la copertura totale del paese in larga banda mediante il satellite (con una bella banda in upload di 56k/sec) e il cerchio sarà chiuso. E gli italiani mazziati e contenti, si abitueranno alle meraviglie di Internet smanettando sui tasti microscopici dei propri nuovi, modaioli e costosi terminali 4G.