Ogni tanto è utile ricapitolare quali siano le priorità e le aspettative dei cittadini italiani rispetto all’accesso alla Rete. Perché, come capita sovente, il mercato della connettività offre soluzioni che spesso tendono a soddisfare bisogni noti, piuttosto che decodificarne di nuovi.
E allora proviamo ad elencare alcune ipotetiche esigenze di connessione dei cittadini aggiornate alla fine del 2010, e facciamolo tenendo tali valutazioni a debita distanza da questioni complicate come la sostenibilità dei modelli di business degli operatori: che sono elementi ovviamente assai importanti nell’economia complessiva dell’accesso alla Rete in Italia ma che restano, in ogni caso, interamente nella loro disponibilità.
La tesi di fondo è che poiché stiamo parlando di un mercato “culturalmente sensibile” e da sempre, almeno in una qualche misura, influenzato anche dagli investimenti pubblici, esso non possa crescere e svilupparsi come un ambiente a sé stante, del tutto impermeabile ad indirizzi di quelli che normalmente riserviamo al “bene pubblico”. Se le cose stanno in questi termini la domanda corretta da farsi è la seguente: “quali sono modalità e priorità di accesso alla rete Internet dal punto di vista dei cittadini considerati nel loro ampio disomogeneo insieme?”.
A tale riguardo mi pare che la prima necessaria distinzione vada fatta fra accesso alla Rete da collegamenti fissi o mobili. Per molti anni gli operatori delle telecomunicazioni ci hanno raccontato la grande barzelletta secondo la quale il divario tecnologico di accesso alla Rete, di cui questo paese tuttora soffre, potesse essere rapidamente azzerato mediante i collegamenti in mobilità. Un popolo di telefonisti avrebbe riscattato la propria allergia nei confronti della rete mediante tecnologie miracolose come l’UMTS. Lo diceva un decennio fa l’indimenticato ministro delle Comunicazioni Cardinale, sulla scorta dei punti di vista illuminati di tecnologici ed analisti. Era ovviamente una stupidaggine molto di più di quanto non lo sia oggi, ma questa sicumera vecchia e nuova ci aiuta a chiarire il primo punto: il “bene comune” dell’accesso alle reti prevede una priorità degli accessi su rete fissa rispetto a quelli su rete mobile.
Secondo punto. Rimanendo alla rete fissa esistono due altre questioni da sottolineare: quella dei prezzi e quella dell’incremento di banda. La questione dei prezzi, per scelta oculata delle telco, è di fatto da molti anni calmierata verso il basso. Questo significa che il costo della banda larga in Italia è sostanzialmente basso e non crea rilevanti barriere di ingresso al “bene comune”. Il digital divide dei cittadini già raggiunti dal servizio è quindi un divide esclusivamente culturale, sul quale si dovrà incidere con armi differenti. Calmierata verso il basso significa inoltre che le telco non hanno differenziato molto le tipologie di offerta che oggi sono sostanzialmente di due tipi, a 7 o 20 Mb, mentre la banda in upload è comunque modesta e quasi nessuno propone contratti comsumer che offrano garanzie di qualità minima del servizio. Una offerta commerciale più varia ci avrebbe certamente fatto bene.
Resta intatto e molto serio il problema delle ampie aree del paese non raggiunte dal servizio: la mia convinzione al riguardo è che si tratti di una questione della quale il governo del paese avrebbe dovuto farsi carico, incentivando le telco ad investire nelle aree “depresse”. Ma, come è noto, nessuna amministrazione di questo paese ha inteso negli ultimi dieci anni muoversi concretamente in questa direzione. Quello che è certo è che, se c’è un intervento di sostegno sociale che lo Stato dovrebbe assumersi oggi nei confronti della tecnologia, questo riguarda le aree non raggiunte dalla ADSL: non perché si tratti di un tema economicamente rilevante, ma perché il diritto di accesso dei cittadini verso il bene comune dovrebbe essere garantito a tutti costi quel che costi.
L’ultimo tema caldo che interessa l’accesso a Internet da rete fissa è quello del passaggio alla cosiddetta rete di nuova generazione. Si è discusso molto e ci si è accapigliati altrettanto al riguardo negli ultimi mesi, e come abbiamo detto molte volte i risultati di tutto questo agitarsi erano e restano francamente deprimenti. Purtroppo gli investimenti sulla NGN fanno parte di quell’ambito economico di grande visione (ed anche di grande incertezza economica) nel quale in questo paese si eccelle a rovescio. Sarà che la gestione della eterna emergenza nella quale il nostro sistema versa non consente alcuna proiezione ideale verso un futuro anche minimamente lontano, ma in questo clima di depressione progettuale non deve meravigliare che molti ascoltati tecnologhi continuino a ripetere che, in fondo, di un accesso a 100Mb in ogni casa non sapremmo che farcene, salvando così sia “la capra” del rischio di impresa delle telco che “i cavoli” della scarsa visione dei nostri amministratori.
I cittadini – si sa – sono scarsamente interessati a collegarsi a Internet, ripete un mantra molto citato ultimamente da politici ed imprenditori, ne consegue che la rete ultraveloce sia un tema da affrontare con cautela e circospezione. L’interesse dei cittadini è invece diametralmente opposto, ma questo sembra non interessare nessuno.
Mi accorgo ora che questo Contrappunti si è dilungato molto sul bene comune applicato alla rete fissa: nella prossima settimana proveremo ad immaginare quale sia invece l’interesse comune nei confronti dell’accesso su rete mobile.
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