Qualche giorno fa Marco Mazzei di Mondadori in un post sul suo blog su Panorama.it ha chiesto ai colleghi delle redazioni web di alcuni grandi quotidiani di spiegare quali siano le ragioni per cui i grandi siti web informativi italiani citino con tanta difficoltà le fonti delle proprie notizie e manifestino una vera e propria allergia al fornire link verso contenuti esterni al proprio sito. Non si tratta di una obiezione nuova. L’allergia della grande stampa italiana a citare fonti concorrenti (o peggio a dare notorietà a contenuti amatoriali trovati su Internet) è tanto consolidata quanto antica e nessuno sembra farvi ormai più caso. Trovare un link che conduca il lettore con un click fuori dal sito web di Repubblica o del Corriere è stato per molti anni quasi impossibile: oggi accade con qualche frequenza in più ma si tratta pur sempre di una eccezione alla regola di non fornire al lettore facili vie di fuga dai propri contenuti.
Mazzei, nel caso specifico, se la prende (devo dire con molta misura ed eleganza) perchè lo scoop di un blog di Panorama sulla iscrizione nel registro degli indagati a Catanzaro del Presidente del Consiglio Romano Prodi, è stato ripreso dalla stampa italiana sul web con grande evidenza ma con differenti gradi di “non citazione” della fonte. C’è di tutto nella lista dei cattivi: ci sono quelli che hanno citato una fonte sbagliata, quelli che hanno finto che la notizia fosse propria, quelli che hanno citato il blog che l’ha diffusa senza linkarlo.
Noi archiviamo questo come l’ultimo caso di una lunga serie ricordando con commozione alcune citazioni di notizie tratte da Punto Informatico che comparivano un tempo sui siti di giornali nazionali alla voce “come scrive un noto sito tecnologico italiano” e proviamo a chiederci come mai tutto questo accade. La prima domanda che mi viene in mente è: ma davvero crediamo che i lettori siano così sensibili alla presenza di link esterni dentro un articolo in rete? I lettori sul web della stampa mainstream si dividono in due grandi categorie: quelli ai quali (la grande maggioranza) l’articolo che stanno leggendo basterà e quelli che, link o non link, in pochi secondi troveranno ugualmente la fonte citata nell’articolo.
Fra i cattivi ideologi anti-link ci sono poi quelli che, come è accaduto al New York Times qualche settimana fa, decidono di riempire un articolo di collegamenti ipertestuali inutili come quelli che rimandano a fonti ininfluenti dentro il medesimo sito web o che linkano non il contenuto citato, ma il dominio generico nel quale è contenuto (quelli che, per capirci, collegano un articolo preciso sul sito di CNN a cnn.com).
Il link insomma come una sorta di prerogativa estetica, svuotata (verrebbe da dire volutamente) di ogni significato informativo supplementare per il lettore, nel consistente solito timore che il lettore decida di abbandonarci per migrare altrove.
Questa attenzione maniacale verso i collegamenti ipertestuali, la pesatura della loro eventuale presenza e delle possibili nefaste conseguenze, sono oggi una cifra interpretativa mica male dell’isolamento ideologico della maggioranza della stampa sul web. Il web non è una metafora dell’edicola nella quale ciascuno di noi entra, sceglie un quotidiano ed esce per andarselo a leggere nella quiete della propria casa: il web è, semmai, la metafora dell’edicolante che una bella mattina decide di sfogliare, potendolo fare, tutti i giornali del mondo.
Ora so bene che si tratta di un discorso semplice e lineare solo dal punto di vista del lettore, oltretutto mille volte affrontato anche con i responsabili dei maggiori siti web editoriali italiani, che dentro le redazioni esistono miriadi di problemi complessi ed irrisolti, ma è comunque piuttosto evidente che, una volta accantonata l’idea di offrire contenuti Premium a pagamento, le ragioni per non produrre link esterni al proprio sito, siano faccenda di bassa contabilità che i grandi editori potrebbero tranquillamente dimenticare.
Non foss’altro perchè si parla sempre di più di questa faccenda della centralità del lettore (una specie di topos abbastanza curioso, visto che esiste una distanza siderale fra le logiche editoriali e gli interessi effettivi del lettore) ed il servizio offerto quando gli si indica una fonte interessante per una notizia che sta leggendo è certamente una ottima ragione per convincere il medesimo lettore domani a tornare sul nostro sito web. Gli unici apologeti al contrario del link dovrebbero essere, seguendo questa logica, quanti sono consci di offrire in rete contenuti di scarso valore (cosa che certamente non riguarda i grandi siti web informativi italiani): fornendo link esterni costoro non faranno altro che informare dell’esistenza di un mondo migliore intorno.
Il link è la “coccola 2.0” del giornalista web verso i propri lettori. È un piccolo-grande credito alla altrui intelligenza (e poco importa se la fonte citata è uno sperduto sito web di un paese dalla lingua impossibile), è il simbolo della attenzione verso il nuovo contesto editoriale nel quale ciascuno può sempre più facilmente raggiungere direttamente le notizie che lo interessano. È, infine, non tanto, come molti hanno sottolineato in questi giorni, un semplice obbligo deontologico di una categoria professionale dotata di regole che fatica a rispettare, ma una dichiarazione di sana umiltà nei confronti della notizia stessa. Linkando fonti diverse da se stessi si informa il proprio lettore, una volta di più, della propria non onnipotenza.
Fino ad oggi le risposte alle richieste di Marco Mazzei di conversazione sui link in rete dentro i grandi siti web sono state cortesi ma davvero poco incisive. Mi sarebbe piaciuto per esempio che Marco Pratellesi di Corriere.it e Massimo Razzi di Repubblica.it avessero scritto senza giri di parole che da domani i due più letti siti web italiani linkeranno con chiarezza qualsiasi fonte sul web utile al lettore per farsi una idea più approfondita della notizia che stanno leggendo, ma così non è stato. Io continuo a pensare che si tratti di una faccenda discretamente irrilevante in termini concreti di traffico ma assai significativa da un punto di vista dello scenario: che è quello di una distanza che continua a dividere il giornalismo italiano dalla sua possibile, nuova, meravigliosa ed avveniristica versione web.
Tutti gli editoriali di M.M. sono disponibili a questo indirizzo