Quota 2000m. – Capita che io stia scrivendo questo Contrappunti da una casa sulle Dolomiti. Nelle vicinanze, inconcepibilmente, non ci sono grandi possibilità di collegamento alla rete Internet. Il mio portatile vede il segnale debole di un paio di Wlan nelle quali è impossibile entrare (compresa quella di un albergo che nella pagina di login si scusa con la propria clientela perché le normative antiterrorismo italiane prevedono una autenticazione da effettuarsi presso la reception). Potrei collegarmi con il cellulare, ma le tariffe del mio operatore, per un utilizzo continuativo della rete, sono a tutt’oggi proibitive (nel senso che dopo una flat di poche ore la tariffa applicata è 4 euro/ora). Oppure potrei scendere in paese e infilarmi in un Internet Point la cui insegna ho intravisto qualche giorno fa mentre arrivavamo, ma non ho voglia di uscire di casa ed abbandonare il calduccio di questo terrazzo, il mio computer e la vista delle montagne qui davanti per collegarmi da una anonima postazione circondato di estranei. Sono abituato troppo bene – direte voi – ed avete certamente ragione, ma la questione della lenta crescita della “Internet ubiquitaria”, nelle sue molte possibili forme e con tutte le perplessità che porta con sé, è una di quelle faccende che ci vengono in mente d’estate nel momento in cui ci allontaniamo dalle nostre amate stabili quotidiane connessioni.
Conosco molto bene la prima perplessità che si può porre ad un discorso del genere: “Internet non è così indispensabile”, oppure: “Internet non è tutta la vita e voi siete malati” ed a scanso di equivoci sono disposto ad accondiscendere a qualsiasi argomentazione simile che mi venga posta a contestazione di quello che sto scrivendo. Nello stesso tempo l’idea stessa di poter essere online ovunque e facilmente non è solo un sogno per geek paranoici ma anche una tendenza tecnologica inevitabile (purtroppo o per fortuna) nei prossimi anni. La dittatura del protocollo IP è sotto gli occhi di tutti quelli che intendano vederla e – come si dice – non ci sono santi (né compagnie telefoniche) in grado di opporvisi.
L’idea di un servizio universale ampio e disponibile per tutti i cittadini, comprese le sue innumerevoli varianti non commerciali (come ad esempio i wifi gratuiti delle grandi città), la cui necessità è facilmente immaginabile in questo preciso momento da questo terrazzo alpino con gerani, procede a piccoli passi (quando invece la tecnologia disponibile è ormai da qualche tempo matura). Le ragioni di questo rallentamento sono facilmente intuibili: esistono rendite di posizione e frizioni psicologiche molto difficili da incrinare.
Oggi essere sempre connessi è una opzione per uomini d’affari che si scambiano barbosi allegati da molti megabyte o per “fissati” della connessione eterna da dedicare ad attività spesso facilmente criticabili (i “malati” secondo l’etimo benevolo di mia moglie): domani sarà, in qualche forma che magari in questo momento ci sfugge, la “normalità”.
La cloud internet di un territorio sempre connesso mi consentirà di scrivere questo pezzo da un terrazzo con vista sul Sasso Lungo, potendo controllare online citazioni e link; mi renderà normale contattare la redazione o di far leggere le bozze al volo a qualche amico, o anche solo mettere l’anteprima del pezzo sul mio blog personale come faccio usualmente.
L’ubiquità comunicativa alla quale negli ultimi anni ci hanno abituato i telefoni cellulari, evidenza che tutti oggi considerano “normale” anche quando approdano in sperduti paesi extracontinentali, non ha alcuna ragione pratica per non essere estesa anche alla trasmissione dati.
Mentre le ragioni del mercato sono complesse e pieni di variabili e certamente non dipendono direttamente da noi, le perplessità che riguardano le influenze della tecnologia sulla qualità delle nostre vite sono davvero ad un passo da qui.
Qualche giorno fa il New York Times calcolava che in tutto il continente africano meno del 4% della popolazione ha accesso alla rete e noi siamo qua a preoccuparci della difficoltà a connettersi alla Internet mobile in amene località di montagna? Sembrerebbero preoccupazioni davvero indecenti prima ancora che inutili. Eppure se si riesce a osservare poco sotto la superficie ci si accorge che forse non è così. Wikipedia sulle Dolomiti è una opzione ridondante? Essere raggiunti dalle informazioni che ci interessano è per forza un inutile sovrappiù? E quale valore che è proprio della Internet su rete fissa non può essere esteso a quella mobile?
Quello che tutti desideriamo però è una Internet mobile uguale a quella che usiamo ogni giorno a casa e non le sottospecie di nuove offerte recintate che tutti gli operatori stanno proponendo in questi mesi in Italia. Gli accordi fra compagnie telefoniche e grandi aziende della rete come Google o Yahoo o Ebay non rendono le offerte di accesso in mobilità differenti da quello che sono. Specchietti per le allodole capaci solo di ritardare il più possibile l’inevitabile: una rete economica, flat e per tutti, in ogni momento ed in ogni luogo. Il motore silenzioso di una innovazione della quale in questo momento fatichiamo perfino ad immaginare i contorni, pur immaginandone chiaramente i residuali aspetti negativi.
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