Non sono per nulla meravigliato dei risultati di una ricerca eseguita da Hotwire e Ipsos Mori sulla capacità dei blog di influenzare le scelte di acquisto dei cittadini della rete. Secondo questi numeri, raccolti in diversi paesi europei Italia compresa, 25 milioni di cittadini dell’Unione Europea considerano i weblog una fonte informativa attendibile.
Ma non lasciatevi ingannare, non si tratta della solita analisi che tenta di comparare l’attendibilità dei media contrapposta a quella della rete: qui il “focus” (come direbbero i professionisti della materia) è la capacità di orientamento dell’acquisto su Internet, vale a dire ciò che più di ogni altra cosa interessa le aziende (e le società che per le aziende preparano i piani strategici di marketing). Dice lo studio che circa il 60% degli europei conosce i blog (con l’eccezione della Francia dove tale percentuale sale al 90%) e che i navigatori sono oggi inclini a fidarsi maggiormente dei blog rispetto alle conosciute forme di pubblicità in rete. Il che è una constatazione francamente prevedibile.
Come sempre avviene, gli utenti che più sono orientati a spendere denaro on line coincidono con la tipologia di navigatore della rete più presente ed evoluto. Un acquirente pericoloso e lo stesso molto ricercato che giunge all’acquisto di un prodotto solo dopo un percorso informativo lungo e accurato.
La ricerca di Hotwire si potrebbe magicamente incrociare con altri numeri che giungono dagli USA e che traggo dal blog di Roberto Venturini: pare che per le prossime festività natalizie, secondo una ricerca di Bigsearch, più di un quarto degli acquisti americani verranno fatti on line e (ancora più importante) l’89% degli acquisti off line verranno “decisi” informandosi in rete.
Non è quindi difficile capire l’eccitazione che consiglia gli uomini del marketing a produrre analisi come quella citata ad inizio articolo. Come spesso avviene in questi casi si tratterà forse di numeri con qualche approssimazione, piccoli eccessi dettati dal desiderio di creare uno sorta di “stato di necessità” ma che comunque mi pare descrivano una situazione oggettiva: la rete oggi influenza gli acquisti dei cittadini in maniera sempre crescente e lo fa attraverso percorsi tutto sommato inediti.
Il fatto che il 24% degli europei consideri i blog affidabili mentre solo il 17% crede alla pubblicità televisiva e il 14% all’email marketing, racconta non tanto il trionfo di nuove forme di diffusione della comunicazione commerciale, quanto piuttosto (e con una chiarezza che sapevamo) la tragica inefficacia delle vecchie forme di marketing, specie se rapportata al rapido svecchiamento delle abitudini informative che Internet sta portando in tutto il mondo.
Quanto ai blog, immagino ci sia qualche inconsapevole eccesso da sottolineare. Perché, se come si apprende dagli echi di certe riunioni a porte chiuse tenutesi a Milano la settimana scorsa a margine della ricerca di Hotiwire, il problema oggi deve essere quello di orchestrare efficaci “campagne blog”, allora sarebbe forse il caso di raffreddare un poco gli entusiasmi.
Molte aziende e molti consulenti pensano oggi che i weblog possano essere utilizzati come strumenti di marketing quando invece, purtroppo per loro, così non è. Se l’influenza di un prodotto nasce e si propaga nei weblog – pensano questi signori – perché non utilizzare direttamente questo strumento per promuovere il prodotto stesso? Si chiama logica deduttiva: ed è semplicemente sbagliata.
Da questo errore di valutazione nasce del resto la miriade dei cosiddetti flog (fake blog) che infestano oggi la blogosfera americana (con casi di eclatante autolesionismo comunicativo come quello del finto blog di Wal-Mart pensato e gestito qualche tempo fa dalla società di consulenze Edelman, una delle prime a cavalcare con convinzione l’onda-blog). Da questo vizio atavico di voler cambiare le carte in tavola per poter vendere un maggior numero dei propri prodotti, prende evidentemente origine l’idea stessa di poter effettuare non meglio specificate “campagne sui blog”.
Marketing, marketing e ancora marketing insomma, in un ambiente, quello della rete Internet, che ne è costituzionalmente e tendenzialmente allergico.
Nella reputazione dei prodotti commerciali oggi mi pare incidano in maniera forte due differenti aspetti: il primo è l’efficacia del passaparola. Il passaparola su Internet è sempre esistito e gli ambienti comunicativi aperti (uno per tutti la Usenet dei tempi che furono) sono da sempre stati utilizzati come i luoghi nei quali cercare risposte ed altre esperienze su ciò che si stava per acquistare (pensate solo alla grandissima quantità di informazioni che si trovano in rete sulla qualità dei diversi collegamenti ADSL). Ciò che è cambiato, da quando hanno preso piede le reti sociali legate ai blog e sempre più cittadini ne fanno parte, è che il grado di reputazione dei prodotti, quando questi vengono citati e consigliati da persone che si frequentano abitualmente, ha subito un ulteriore processo di accreditamento.
Il secondo punto, non meno importante, è che si tratta di un sistema comunicativo in grande misura impermeabile, governato in massima parte da una idea di condivisione e gratuità che lascia al margine e allontana ogni possibile adulterazione commerciale. Nell’ecologia dei blog, solo i prodotti interessanti accedono al passaparola, solo i ristoranti che ci hanno colpito o i gadget che abbiamo effettivamente acquistato vengono citati nei nostri post. Ed il passaparola della blogosfera riguarda in egual misura i prodotti o i servizi che ci sono piaciuti cosi come quelli che invece ci hanno deluso.
La “reputazione trasparente” è oggi il punto: siamo sicuri – cari uomini del marketing – che sia il caso di eccitarsi tanto?
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