Contrappunti/ Ribaltare il copyright

Contrappunti/ Ribaltare il copyright

di M. Mantellini - Altro che Governo e Agcom. Sulla riforma del diritto d'autore, se necessaria, si deve esprimere il Parlamento. Preferibilmente, con la massima trasparenza. O forse è chiedere troppo?
di M. Mantellini - Altro che Governo e Agcom. Sulla riforma del diritto d'autore, se necessaria, si deve esprimere il Parlamento. Preferibilmente, con la massima trasparenza. O forse è chiedere troppo?

Per addentrarsi nell’immenso guazzabuglio Agcom, tornato di attualità in questi giorni e di cui Punto Informatico vi sta dando opportuna sintesi , è necessaria una semplice premessa. Questa.

Quanto attiene alla circolazione dei contenuti in Rete (e quindi, di seguito, alle questioni che riguardano la gestione economica di quella parte dei contenuti sottoposti ad un regime di diritti) è materia certamente culturale prima che economica. Le decisioni in questi campi attengono ad alcuni interessi fondamentali di tutti i cittadini prima che a quelli economici dei detentori dei diritti, con la stessa scala di priorità che una legge che in troppi fingono di dimenticare già prevede. E cioè, prima vengono i diritti della collettività poi quelli dei singoli.

Non si tratta di un distinguo di poco conto. Se la faccenda del controllo sui contenuti che vengono messi online è – come dovrebbe essere – questione prima di diritti collettivi di milioni di italiani e poi economica di alcuni, nessuna autorità amministrativa, nessuna Agcom in scadenza, nessun altro soggetto potrà intestarsi il diritto di decidere su una simile materia senza che questa sia prima passata al vaglio del Parlamento. Non sfugga al riguardo il trucchetto adottato dal precedente Governo dove un piccolo comma legislativo, introdotto da Paolo Romani in una legge dello Stato, invitava Agcom ad assumersi responsabilità che nessuno in passato aveva mai previsto. Il gatto e la volpe.

Quindi il primo passo dovrebbe essere, con molta chiarezza, il seguente: decida il Parlamento (non il Governo Monti, né il sottosegretario Catricalà, né il ministro Passera o chi per lui) se la attuale normativa sul diritto d’autore vigente in questo Paese debba essere corretta e come. Al riguardo, del resto, ci sarebbe molto da dire e moltissimo da fare. A grandi poteri si associno insomma grandi responsabilità: sia cura dei rappresentanti dei cittadini (non della Polizia Postale, né di Confindustria, né delle varie federazioni degli aventi diritto o di un singolo PM) decidere se e come la presenza in Rete di contenuti coperti dal copyright debba essere maneggiata, consentita e all’occorrenza vietata o celata agli occhi dei più.

Questa premessa barbosamente ideologica è la chiave per comprendere il tutto. Ci aiuta intanto a capire come mai la pressante tendenza di Agcom a varare un regolamento attuativo in fretta e furia alcuni mesi fa, poi momentaneamente naufragata a causa del chiasso e delle proteste di Rete, torni fuori oggi, a un mese dalla scadenza naturale dei suoi commissari e del suo presidente, quasi che fosse (ma noi non vogliano pensarlo) un impegno inderogabile preso con non-si-sa-bene-chi ma certamente non con i cittadini che l’Autorità dovrebbe rappresentare.

Inutile dire che il ribaltamento di scenario da molti atteso dopo la caduta del Governo Berlusconi fino ad oggi sembra non essere avvenuto. Corrado Calabrò chiosava con il ministro Romani esattamente come oggi sembra fare con il sottosegretario Catricalà e lo spettacolo è ugualmente sconfortante. Catricalà, dal canto suo, nel tentativo di smentire almeno in parte una demenziale bozza di Hadopi all’Italiana circolata nei giorni scorsi e pubblicata su La Stampa , ha fatto più danni che altro, confermando l’esistenza di un progetto del governo Monti al riguardo e comprendendo quindi le esigenze dell’industria dei contenuti, ansiosa di spezzare le gambe alla pirateria online, fra le molte emergenze che il Governo tecnico intende affrontare nei prossimi mesi.

Salvare la Rai dal controllo asfissiante della politica è strategico per Mario Monti, liberare le Autorità pubbliche dal morso dell’industria non lo dovrebbe essere altrettanto? Esiste davvero una urgenza al riguardo della pirateria online, specie quando, timidamente, si inizia a discutere dei criteri e delle modalità con cui i prossimi membri dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni verranno scelti? La risposta è evidentemente no, un’urgenza simile non esiste, a meno che non si voglia accreditare l’idea che gli interessi dei detentori dei diritti, ansiosi (da almeno un decennio) di oscurare siti, comminare ammende e, magari, sbattere fuori da Internet i recidivi, siano più importanti di quelli dei cittadini di condividere informazioni e contenuti in Rete dentro uno stato di diritto che li protegga da paranoie censorie, atti di imperio, invasioni della privacy e desideri di rivalsa.

Tutti a parole auspicano nuove regole per i diritti d’autore adattate ai tempi correnti (la precedente legge dello Stato al riguardo è stata approvata quando non solo Internet ma nemmeno la televisione esisteva), in troppi, con modalità più o meno sotterranee, tramano da tempo perché, dentro piccoli commi e innocui articoletti di legge messi ad arte in provvedimenti di tutt’altra natura, si inverta il naturale equilibrio fra diritti dei cittadini e diritti dell’industria dei contenuti. In tutto questo la vecchia legge del 1941 risulta effettivamente molto utile.

Tre punti finali per invertire questa tendenza.

1 – Aspettiamo che l’attuale consiglio di Agcom, la cui autorevolezza è ormai ampiamente compromessa, scada senza creare ulteriori danni. È del resto questione di un mese o poco più.

2 – Rinnoviamo criteri di nomina e controllo sull’attività dell’Autorità, e subito dopo, una volta che fosse possibile avere una Autorità liberata dai vari Martusciello, si consideri l’opportunità di renderla maggiormente autonoma e forte.

3 – Discuta il Parlamento, con la calma che va dedicata alle questioni importanti, un disegno di legge (alcuni sono già stati presentati) che si occupi di una nuova normativa sul diritto d’autore. Se dentro tale discussione pubblica verrà fuori, a maggioranza, che i diritti economici sui contenuti in Rete sono diventati improvvisamente più importanti di quelli dei cittadini di informarsi e condividere informazioni, ne prenderemo atto e almeno, come modestissima consolazione, sapremo per chi votare alle prossime elezioni.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
2 apr 2012
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